Dedicato a suo fratello, morto all'età di 25 anni, Jacques Audiard ha portato in concorso a Venezia 75 The Sisters Brothers, una storia Western tratta dall'omonimo romanzo di Patrick de Witt, che qualche anno fa gli venne proposta a Toronto (nell'occasione della presentazione di Un sapore di ruggine e ossa) da John C. Reilly e da sua moglie, la produttrice Alison Dickey. Non particolarmente attratto da un genere la cui mitologia, per sua stessa ammissione, lo ha sempre lasciato indifferente – salvo che per quei titoli più adombrati di autunno e di malinconia, come Un dollaro d'onore, L'uomo che uccise Liberty Valance, oppure, tra gli western ‘moderni', il Piccolo Grande Uomo di Arthur Penn – Audiard ha voluto invece accettare la sfida di raccontare una storia di brutale violenza, come quella che si scatenò ai tempi della Conquista dell'Ovest negli attuali Stati Uniti d'America sulla spinta della cosiddetta ‘febbre dell'oro', per analizzare freudianamente quali oscure pulsioni spinsero uomini del XIX secolo ridotti a vivere in condizioni di primitiva, selvaggia anarchia in contesti naturali grandiosi e ostili, a scegliere con tanta disinvoltura di disporre della vita altrui, per denaro o per pura e semplice necessità di sopravvivenza. I Sisters Brothers del titolo sono due fratelli che di mestiere fanno i killer: non importa se le loro vittime predestinate siano malviventi, banditi o dei poveri e disgraziati innocenti; l'importante è portare a termine il lavoro e intascare il compenso. Ma tra una sparatoria e l'altra, i due fratelli parlano, parlano, parlano, e pur nella ristrettezza delle proprie cognizioni della vita e del mondo, inconsapevolmente si psicanalizzano l'un l'altro, e si sostengono a vicenda nell'assurdo percorso di morte della loro quotidianità. E' questa primitiva animalità dell'Uomo che a Audiard interessa maggiormente raccontare e scandagliare, ostentando quasi indifferenza per gli aspetti paesaggistici del Western classico (per esigenze produttive il film è stato comunque girato in Spagna e in Romania), e la sua mano tutta ‘europea' si avverte affettuosa e severa come una mamma che vegli sui due fratelli, come quella dei narratori delle antiche fiabe a protezione dei propri protagonisti bambini vittime innocenti dell'altrettanto pura cattiveria di orchi malvagi e streghe cattive: Charlie ed Eli (rispettivamente Joaquin Phoenix e John C. Reilly) sono infatti come i celebri Hänsel e Gretel dell'omonima fiaba, che inconsciamente hanno soltanto voglia di tornare a casa dalla loro mamma... Come contraltare, Audiard mette sulle tracce dei Sisters Brothers un'altra coppia di personaggi, più ampiamente sviluppati in sceneggiatura rispetto al romanzo d'origine, e cognitivamente più evoluti di loro: l'idealista Warm e il solitario Morris (che hanno i volti di Riz Ahmed e Jake Gyllenhaal), legati da una relazione non estranea ad una pudica e appena accennata suggestione di omosessualità, ulteriore declinazione dei diversi aspetti della ‘virilità' in un mondo popolato fondamentalmente di uomini a stretto contatto come quello del Western.
Molto più classico di quanto non lascerebbe intuire la ‘intrusione' di un regista francese in un genere di tradizione così eminentemente nordamericana, The Sisters Brothers è la testimonianza non solo dell'intelligenza di un grande regista interessato agli aspetti più intimi e umanistici delle umane vicende, per niente intimidito da un'ambientazione e da un genere per lui quantomeno inconsueti, ma anche della sua intenzione precisa di non approfittare della novità per appesantire con inopportune ed eccessivamente personali ‘variazioni' sul tema il racconto di un mondo per il quale mostra invece di avere un profondo e reverenziale rispetto. Quel mare che a un tratto invade lo schermo non va dunque letto come l'eccentricità di un cineasta animato dalla voglia di distinguersi: è perfettamente normale che una Western che ha inizio nell'Oregon e che si conclude in California comprenda la panoramica di una spiaggia affacciata sull'Oceano Pacifico. Ma soprattutto, questo nuovo Audiard è la testimonianza della vitalità di un cinema senza frontiere, in grado di trovare nei fondamenti del proprio linguaggio universale una fonte inesauribile di ispirazione e di consapevole e motivata ricerca.
In margine, non si può che applaudire il nuovo corso di Alexandre Desplat come compositore di colonne sonore: abbandonato – finalmente? – l'ormai fasullo e stucchevole apparato armonico dei suoi ultimi lavori per il cinema, per The Sisters Brothers ha adottato sonorità e strumentazioni più metalliche e aspre, aprendosi a nuove e decisamente più seducenti sollecitazioni melodiche.
(The Sisters Brothers); Regia: Jacques Audiard; sceneggiatura: Jacques Audiard, Thomas Bidegain; fotografia: Benoît Debie; montaggio: Juliette Welfling; musica: Alexandre Desplat; interpreti: John C. Reilly, Joaquin Phoenix, Jake Gyllenhaal, Riz Ahmed; produzione: Why Not Productions, Page 114; origine: Francia, Belgio, Romania, Spagna 2018; durata: 120'
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