giovedì 16 febbraio 2023

The Quiet Girl: 5 ottimi motivi per vedere al cinema il film irlandese candidato all’Oscar

A chi ama il cinema, non solo quello fatto di fracasso, azione e spensieratezza, ma anche quello che assomiglia di più alla vita, coi suoi silenzi e i suoi drammi spesso confinati all’interiorità, non può che fare piacere il successo di pubblico e critica di un film come The Quiet Girl, opera prima di Colm Bairéad e interamente irlandese, tratta da un brevissimo romanzo, "Foster" di Claire Keegan. Significa che in un’arte che comprende – o dovrebbe – qualsiasi genere di racconto, dalle saghe di supereroi ai film d'azione, dall'horror al cinema d'autore, c’è ancora spazio per film che coinvolgano lo spettatore con la forza delle immagini e delle storie che raccontano, magari sottovoce, come la ragazzina silenziosa e tranquilla del titolo, chiusa nel suo piccolo mondo di infelicità famigliare, che impara molto su di sé e sulla vita e fiorisce nel corso di un’estate in campagna all’inizio degli anni Ottanta. The Quiet Girl arriva al cinema con Officine UBU il 16 febbraio e se non vi bastassero le critiche entusiaste, i premi e la candidatura all’Oscar 2023, ci sono almeno altri 5 motivi per cui dovreste proprio vederlo.

The Quiet Girl e la grande vitalità del cinema irlandese

Mai come quest’anno, con i suoi attori e i suoi film, il cinema irlandese è stato protagonista a livello mondiale. Candidati agli Oscar sono ben 5 attori nati nella verde isola, ovvero Colin Farrell, Brendan Gleeson, Kerry Condon, Barry Keoghan, Paul Mescal, poi c’è un film, Gli spiriti dell’isola, che ha 9 candidature in totale e The Quiet Girl nella cinquina del miglior film internazionale. Non è una sorpresa per chi segue da sempre le manifestazioni legate a questa cinematografia, come l’Irish Film Festa a Roma, ma lo è se consideriamo quanto sia piccolo il Paese da cui provengono tanti talenti e quanti pochi siano i titoli che vi si producono. Il fatto è che il livello qualitativo è molto alto. L’anno scorso il bellissimo Wolfwalkers è stato candidato agli Oscar come miglior film d’animazione e sempre dall’Irlanda, per chi ama il genere, sono arrivati horror interessanti come Hole – L’abisso e The Lodgers. Coi suoi paesaggi mozzafiato, la sua storia antica e tormentata piena di suggestioni e riverberi, la sua affascinante mitologia e il contrasto con la modernità, l’Irlanda è non solo una location scenograficamente ideale ma, come nel caso di The Quiet Girl, diventa parte integrante del racconto.

Il paesaggio in The Quiet Girl

Bellissima e a due passi da noi, l’Irlanda non ha fortunatamente subito l’assalto del turismo di massa e conserva intatte non solo le proprie tradizioni ma anche la lingua, il gaelico, parlata nella versione originale dai protagonisti di The Quiet Girl. La storia, ambientata nel 1981, si svolge a Ring, nella contea di Waterford, anche se il film è stato girato vicino a Dublino, nella contea di Meath, più a nord. La piccola Càit, protagonista del film, si rifugia nella campagna per sfuggire alla soffocante atmosfera della sua sovraffollata casa di famiglia, ma scopre con i parenti che la accolgono per l’estate che anche la natura, quando l’uomo interviene col duro lavoro, può dare frutti e risultati che ripagano la fatica. L'orizzonte che si apre nell’estate della bambina fa da contraltare al mondo chiuso e ostile in cui senza saperlo si sente soffocare. In un film che gioca molto sui contrasti tra luce e ombra, aperto e chiuso, il paesaggio naturale diventa un vero e proprio protagonista e non un semplice sfondo per la storia di coloro che con esso interagiscono.

Il pudore del dolore e l’amore dove meno te lo aspetti

All’inizio del film Càit sembra una bambina passiva, con cui gli adulti si sentono a disagio. Viene sballottata come un pacco postale e spedita da parenti lontani che nemmeno conosce quando la madre sta per partorire un nuovo figlio. Potrebbe sembrare una punizione, ma per lei diventa una benedizione. La coppia di mezza età che la accoglie, infatti, le dimostra l’amore che i suoi non hanno saputo darle. Nel percorso, però, Càit scoprirà che ci sono segreti che esistono non perché ci sia qualcosa da vergognarsi, ma perché la verità fa ancora troppo male, traumi di cui gli adulti non parlano non per escluderla ma per paura che possano ripetersi. La delicatezza con cui questi temi sono affrontati nel film è uno dei meriti del regista, che sulla scorta di una storia breve e senza eccessivo uso di dialoghi, riesce a comunicarci attraverso piccoli ma fondamentali avvenimenti che allo sbocciare di Càit, grazie all'amore di chi non le è nemmeno parente, corrisponde una rinascita di speranza da parte di chi l'ha accolta in casa. La famiglia a volte non è dove sei nato e cresciuto ma nessuno ti conosce e ti ama per come sei, ma quella dove ti senti accolto e compreso senza riserve.

Una giovane e straordinaria protagonista

Si chiama Catherine Clinch la ragazzina che interpreta Càit. Se nella finzione ha 9 anni, oggi ne ha 12 e ha vissuto il successo festivaliero del film (passato al festival di Berlino, dove ha vinto il Gran Premio della sezione Generation Kplus), in quarantena per il covid. Sappiamo che è stata convocata per il ruolo, tra ragazzini che frequentano scuole dove si parla in irlandese, dopo un provino che ha registrato e mandato al casting director. Non essendo un’attrice professionista, Catherine trasferisce sullo schermo quello che è nella realtà: una bambina in procinto di diventare donna. La sua radiosa bellezza ed espressività ci cattura e riesce a portarci con lei nel suo viaggio. L’esperienza delle riprese è stata per lei un mezzo trauma, visto che era la prima volta che appariva in un film di cui oltretutto è protagonista assoluta: “E’ stato molto più difficile di quanto mi aspettassi – ha dichiarato in un’intervista - “passavo tutto il giorno lì e ho perso sei settimane di scuola. Avevo un tutor, ma non sono riuscita a fare molto perché ero in quasi tutte le scene. In pratica lavoravo sempre. Non me lo aspettavo. Sapevo che sarebbe stata dura ma è stato molto più difficile di quanto pensassi”. Eppure, Catherine sembra nata per interpretare questo ruolo e vedendo il film ve ne convincerete.

The Quiet Girl ci insegna ad ascoltare e leggere il silenzio

Come dicevamo all’inizio, in The Quiet Girl il dialogo non è preponderante: ci sono scene molto intense e rappresentative senza, o con pochissime parole. Questo non significa affatto che sia un film muto, perché anzi parla, e pure parecchio, a chi sa ascoltare. Basta abbandonarsi al flusso del racconto, seguire quello che accade attraverso lo sguardo della piccola Càit, che ci guida nel suo mondo interiore e in quello spesso inutilmente crudele degli adulti, ricordare che la parola “papà” può avere due significati diversi a seconda di come la si pronuncia, se con timore o con assoluta fiducia e amore. Un film come The Quiet Girl ci aiuta a riscoprire la necessità del silenzio, del saper ascoltare gli altri, invece di riempirci la testa di suoni e rumori che spesso non significano niente ma servono solo a farci sentire meno soli, meno infelici, meno costretti a parlare con noi stessi. E’ anche questo un merito non da poco per un film così piccolo che è arrivato tanto lontano solo in virtù dei suoi meriti, per una volta, e non risponde alle logiche di un marketing che deve vendere a spron battuto un prodotto multimilionario per rientrare nei costi. Se avete voglia di riscoprire un cinema che riesce a fare questo, dategli una possibilità e non ve ne pentirete.



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