mercoledì 29 luglio 2020

Riusciranno i nostri eroi...? Ettore Scola e gli aneddoti sul film d'avventura con Alberto Sordi e Nino Manfredi

Ettore Scola ha 37 anni nel 1968, quando esce il suo quarto lungometraggio, dopo i primi tre con Vittorio Gassman, che è anche la prima collaborazione da regista con uno dei suoi amici più cari, Alberto Sordi. Nel cast di quello che è un vero e proprio film d'avventure e che ha un titolo lunghissimo – Riusciranno i nostri eroi e ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? - l'amico in questione è Nino Manfredi, che con Scola collaborerà nuovamente in capolavori come C'eravamo tano amati e Brutti, sporchi e cattivi. Con Sordi Scola tornerà a lavorare nel 1972 nel bellissimo La più bella serata della mia vita e lo dirigerà ancora due volte, nei frammenti Come una regina e Elogio funebre dal film a episodi I nuovi mostri e in Romanzo di un giovane povero. Del cast di Riusciranno i nostri eroi...? fanno parte anche l'attore francese Bernard Blier, Giuliana Lojodice e Franca Bettoja.

Di cosa parla Riusciranno i nostri eroi...? La trama

Sordi è Fausto Di Salvio, un ricco editore stanco della sua vita borghese, che parte per l'Angola alla ricerca del cognato Oreste Sabatini (Manfredi), detto "Titino", di cui da più di tre anni non si hanno notizie e che non ha mai veramente sopportato. Di Salvio porta con sé il ragioniere marchigiano Ubaldo Palmarini (Blier), suo dipendente. Seguendo le tracce del cognato del cognato i due incontrano vari personaggi eccentrici, fino a raggiungere la tribù dove Titino è diventato lo stregone del villaggio. Inizia così la difficile impresa di convincerlo a rientrare in patria.

Riusciranno i nostri eroi...? I fumetti e le ispirazioni del film d'avventura di Ettore Scola

Nel libro “Ettore Scola. Il cinema ed io”, il regista parla in questo modo della sua ispirazione per il film e per il titolo: “Quelli della mia generazione sono cresciuti con il mito di Salgari e Giulio Verne, più che di Conrad. Ma leggevamo con accanimento anche gli album a fumetti, dove, a puntate, venivano pubblicate le avventure di Cino e Franco, o dell'Uomo Mascherato. Avventure che non finivano mai, o meglio, si concludevano con il punto interrogativo, con un “continua...” messo in coda alla frase “riuscirà il nostro eroe a ritrovare...?”. Ogni volta dovevano ritrovare qualcosa.

Riusciranno i nostri eroi...? Scola parla del film

"Riusciranno i nostri eroi a ritrovare l'amico misteriosamente scomparso in Africa? è un film che ho fatto con molto entusiasmo, perché è ingenuo, sincero. Un film che mi interessava e dove comunque ci sono riferimenti all'attualitò, con un certo tipo di personaggio gratificato dal boom, che credendo di possedere tutto, possedendo gli oggetti, si accorge poi di non possedere nulla, neanche se stesso. Con Age e Scarpelli ci eravamo recati in Africa a cercar di capire da vicino cosa succedeva. L'Angola, dove il film è girato, era ancora sotto i portoghesi, di Agostinho Neto – il loro Che Guevara – si sentiva parlare nell'ombra e la nostra idea fu quella di mettere a confronto con la realtà del colonialismo questo personaggio mediocre prodotto dal boom, che dice sempre “io ho le idee chiare” ma alla fine ammette “Io non ho le idee chiare”. L'idea del viaggio e della vacanza era tipica della commedia dei primi anni Settanta tipo Il sorpasso”. (da "L'avventurosa storia del cinema italiano", di Franca Faldini e Goffredo Fofi, riportato in “Piacere, Ettore Scola”, catalogo della mostra a cura di Marco Dionisi e Nevio De Pascalis).

Nino Manfredi, Alberto Sordi e i personaggi scambiati

Dal volume “Piacere, Ettore Scola”, Nino Manfredi così racconta come, chiamato a interpretare l'editore, diventò invece Titino: “Venni contattato da Scola per la parte del protagonista, mentre Sordi era destinato al personaggio di Titino, più adatto alle sue corde e più facile immaginarlo con le penne. Rifiutati per precedenti impegni di lavoro e così i ruoli furono invertiti. Fu per me un personaggio molto difficile... doveva esserci una vena di follia e anche di ambiguità. Quella caratterizzazione mi riuscì bene: ricordo che, mentre doppiavamo alla Sala Palatino, Blasetti vide la sequenza dell'incontro con Sordi e venne ad abbracciarmi entusiasta: “te la sei cavata con le penne al culo!”.

La grande amicizia tra Ettore Scola e Alberto Sordi

Ettore Scola e Alberto Sordi si erano conosciuti nel 1950, negli anni del Marc'Aurelio, quando Scola a 19 anni iniziò a collaborare col gruppo della radio. Sordi aveva 11 anni più di lui. Fu il giovane autore a scrivere per lui Il Teatrino di Alberto Sordi e a fornirgli il materiale per personaggi indimenticabili come Mario Pio e il Conte Claro. Fu subito grande amicizia tra i due e fu proprio Sordi il testimone di nozze tra il giovane umorista e vignettista e la moglie di una vita, Gigliola. Come sceneggiatore Ettore Scola avrebbe scritto per Sordi capolavori come Un americano a Roma, Lo scapolo, Il conte Max e Il marito, prima di arrivare a dirigerlo nel 1968 in Riusciranno i nostri eroi...? Scrive la figlia Paola Scola in “Chiamiamo il babbo”, tra i tanti aneddoti affettuosi e divertenti su Sordi, proprio a proposito delle nozze dei suoi: “Il prete che officiava il matrimonio era tedesco e aveva un accento che sembrava la caricatura del crucco che parla italiano, e lo sforzo di tutti, per tutta la funzione, è stato cercare di non scoppiare a ridere. Il mood era quindi quello giusto e quando l'organo partì con le note dell'Ave Maria, Alberto, trasgredendo, cominciò a cantare con un filo di voce. Poi ne aggiunse ancora un po', poi ancora un altro po', più deciso, sempre più forte fino a dispiegare la sua potente estensione da basso e a cantare a piena voce, serissimamente. E finalmente quella cerimonia che fino a lì era sembrata la gag di un loro film ebbe il suo finale emozionante”.



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