mercoledì 18 dicembre 2019

Trieste Film Festival 2019

L’edizione del trentennale del Trieste Film Festival ha portato sugli schermi triestini pellicole che hanno fatto la storia della manifestazione e nuove opere, in anteprima italiana, meritevoli di ottenere visibilità sia in ambito nazionale che europeo.

Ága (locandina)Tra le anteprime, da segnalare Ága, del bulgaro Milko Lazarov, ambientata nella remota regione di Jacuzia (Russia) e incentrata sulla vita solitaria di due anziani Inuit, Nanook (Mikhail Aprosimov) e Sedna (Feodosia Ivanova). La loro esistenza, trascorsa in tranquillità in un ambiente proibitivo, sta subendo le conseguenze dei cambiamenti climatici e dell’industrializzazione, e anche la loro salute si sta progressivamente deteriorando. Sedna spera in una riconciliazione con la figlia Ága, trasferitasi in città per lavorare in miniera dopo un pesante litigio con Nanook, ma il marito si dimostra irremovibile finché un tragico evento lo indurrà a compiere un viaggio per incontrarla.
Film di chiusura al 68mo Festival di Berlino, Ága unisce alla bellezza dei paesaggi innevati la commozione nei confronti di due esseri umani consci di essere vicini a una prossima estinzione e di una figlia che sembra aver ripudiato le proprie radici ma che in realtà continua ancora ad appartenere a quel mondo. La Sinfonia n. 5 di Gustav Mahler accompagna i momenti salienti esattamente come la musica di Vangelis fungeva da colonna sonora di Antarctica (1983).

Un’altra pellicola meritevole di attenzione è Alice T., del rumeno Radu Muntean, presentato al 71mo Festival di Locarno e proiettato, sempre in anteprima nazionale, qui a Trieste. La trama si focalizza sulla sedicenne Alice, Andra Guți che a Locarno si è guadagnata il Pardo per la miglior interpretazione femminile, e sul suo carattere ribelle e prevaricatore. Figlia adottiva di Bogdana (Mihaela Sirbu), e quindi non frutto del suo ventre, la ragazzina, che sta vivendo quella critica età di passaggio che dovrebbe portarla alla maturità, bullizza le compagne di classe, rischiando l’espulsione, litiga continuamente con la madre, ormai separata da un marito assente, e racconta menzogne assumendo comportamenti superficiali e menefreghisti. Una gravidanza inaspettata la porta a scoprire il potere che quella sua condizione le permette di esercitare sugli altri e induce la madre a illudersi che questo possa favorire una sua crescita. Tuttavia, la scelta di abortire di nascosto, assumendo apposite pillole, e il totale disinteresse che sembra dimostrare nei confronti della nuova vita che sta uccidendo, spinge a pensare che resterà sempre una ragazzina immatura incapace di mettere la testa a posto e di assumersi le sue responsabilità. O forse no.
Radu Muntean dipinge un personaggio le cui azioni non sono motivate tanto da un’innata cattiveria quanto da una brama di attenzione che non sa come ottenere. Da qui una serie di comportamenti, sbagliati, che hanno lo scopo di scuotere quel mondo che Alice sembra dominare ma che in realtà le sta stretto.

Di diversa ambientazione Eter, del polacco Krzysztof Zanussi, visto alla 13ma Festa del Cinema di Roma, che trasporta lo spettatore nel periodo immediatamente precedente lo scoppio della Prima guerra mondiale. Il film segue la storia di un medico russo (Jacek Poniedzialek) che scopre il potere conferitogli dall’uso dell’etere. Potere che gli consente non solo di stuprare la donna da cui è attratto, approfittando del suo stato di incoscienza, ma di privare gli esseri umani del loro libero arbitrio, cosa che si rivelerebbe molto utile sul campo di battaglia. L’abuso che egli fa delle sue conoscenze scientifiche lo spingeranno a commettere più di un omicidio per overdose, soprattutto in un avamposto militare ai confini con l’Impero austro-ungarico. Ad aiutarlo nel suo lavoro arriverà un ragazzo povero e disperato, dal profondo credo religioso, ma il risvolto teologico riserva più di una sorpresa.
Impossibile non associare la trama al Frankenstein (1818) di Mary Shelley e al Faust (1808) di Johann Wolfgang von Goethe, anche se gli elementi più suggestivi della pellicola finiscono per essere il Trittico di Danzica di Hans Memling, che si vede nella sequenza iniziale, e la musica di Richard Wagner tratta dal Parsifal.

Trittico di Danzica di Hans Memling

Più realistico nel contenuto, e di conseguenza più tragico per il suo affrontare una tematica purtroppo ancora attuale, è invece il film Rezervni deli, dello sloveno Damjan Kozole, vincitore del Premio Speciale della Giuria al Festival di Sarajevo 2003. Il vedovo Ludvik (Peter Musevski) e il giovane Rudi (Aljoša Kovačič) operano come trafficanti di esseri umani dalla Croazia all’Italia passando per la Slovenia. Il primo ha alle spalle un passato da pilota di auto da corsa e una moglie morta suicida, il secondo è alle prime armi e ignora completamente cosa lo aspetta. La pellicola non mostra solo la crudeltà di questo tipo di traffico, con persone destinate a morire tra indicibili sofferenze, utilizzate come pezzi di ricambio e spinte dalla disperazione a concedersi sessualmente ai loro aguzzini, ma anche la totale indifferenza di coloro che li trasportano, a cui non importa nulla del loro massacro. Interessante si rivela anche il modo in cui il regista analizza il passaggio tra generazioni, con il giovane che finisce per subentrare all’anziano ereditandone la spietatezza.

I premi sono stati assegnati a Delegacioni, dell’albanese Bujar Alimani, per la sezione lungometraggi, Chris The Swiss, della svizzera Anja Kofmel, per i documentari, Last Call, dell’ungherese Hajni Kis, per i cortometraggi, e My Home in Libia, dell’italiana Martina Melilli, per il Premio Corso Salani.



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