mercoledì 24 marzo 2021

Mistero a Crooked House: spiegazione del film tratto da un giallo di Agatha Christie

"Chi è un assassino? È una persona preda della vanità, di una moralità deviata, di rancore, che tende a credere di essere al di sopra delle leggi che governano i comuni mortali".
Questo è quanto dice il detective Charles Hayward a metà della storia di Mistero a Crooked House, durante una cena nella magione dei facoltosi eredi di Aristide Leonides. "È una descrizione che può calzare ad ogni membro di questa famiglia", risponde Lady Edith, sorella della prima defunta moglie del patriarca. Come ci spiega il film nei primi dieci minuti, il detective è assunto per risolvere il caso del presunto omicidio dell'86enne Aristide, un magnate con un patrimonio sconfinato e, a quanto pare, una famiglia di serpi. Ad ingaggiare l'uomo è la nipote Sophia, con cui lui ha avuto una relazione amorosa alcuni mesi prima.

Ciò che lo ha ucciso il vecchio patriarca è stata un farmaco per curare il glaucoma agli occhi, iniettatogli per via venosa al posto dell'abituale insulina. L'iniziezione è stata fatta dalla giovanissima Brenda, seconda moglie di Aristide, ma lo scambio dei flaconi potrebbe essere opera di chiunque. Questo incipit è stato omaggiato dallo sceneggiatore e regista Rian Johnson nel film Cena con delitto - Knives Out, un'opera dichiaratamente ispirata ai gialli di Agatha Christie da cui è tratto Mistero a Crooked House.
Il film è l'adattamento del romanzo È un problema, è diretto dal regista francese Gilles Paquet-Brenner ed interpretato da Glenn Close, Christina Hendricks, Gillian Anderson, Terence Stamp e Max Irons (figlio di Jeremy) nel ruolo del detective.

Mistero a Crooked House: la spiegazione del finale del film

In Mistero a Crooked House il detective Hayward, ex diplomatico che ha lasciato l'impiego governativo, è assunto dalla sua ex fiamma Sophie. I due hanno un trascorso passionale che risale a diciotto mesi prima, quando lui era stato incaricato dall'ambasciata britannica dove lavorava, di sorvegliarla perché era possibile che il suo ricco e potente nonno le avesse affidato incarichi confidenziali da destare l'interesse del governo.
Questo è quanto apprendiamo in un paio di flashback, un approfondimento volto a spiegare il loro conflittuale rapporto oltre a suggerire che la figura di Sophie fosse ben considerata da Aristide Leonides.

La storia di Agatha Christie procede con un ritmo spedito nelle pagine del libro e si rivela uno delle storie più cupe della scrittrice. Naturalmente il film opera delle modifiche per la trasposizione sullo schermo e per quanto sia fedele allo sviluppo del libro, la sceneggiatura del maestro Julian Fellows si impegna del dipingere come esecrabili e ostili i membri della famiglia Leonides, soprattutto nei confronti della giovane vedova Brenda che inizialmente si pensa debba ereditare l'intero patrimonio per la mancanza della firma del defunto patriarca sul testamento.
La costruzione del giallo si annacqua rispetto al libro, perché il detective non sembra seguire una pista ragionata se non quella di imbattersi ogni volta in un personaggio da interrogare. La tesione ne risente, ma la regia di Paquet-Brenner mantiene con calma e sangue freddo le redini della storia.

Il finale del film, come accade nei romanzi della scrittrice, offre una completa risoluzione dell'intrigo. Nelle ultime scene scopriamo dunque che è stata la più insospettabile di tutti a compiere gli omicidi. La dodicenne Josephine d'altra parte lo dice subito a "Watson" che può risolvere il caso perché conosce molto cose, oltre ad ammettere che odiava tanto il nonno quanto la tata.
Ciò che nello sviluppo della trama è interessante, è la scena della cena in cui è discusso il profilo dell'assassino. Come riportato nelle prime righe di questo articolo, il libro e il film depistano il pubblico facendo il ritratto standard dell'omicida quando il colpevole è il realtà l'unico membro della famiglia non presente alla tavolata in quel momento.

Avendo trovato il diario di Josephine, Lady Edith pensa che l'unica soluzione sia di uccidere se stessa e la bambina. Alla donna restano pochi mesi di vita, come apprendiamo dal medico oncologo che la riceve nel suo studio. Lady Edith confessa due omicidi che non ha commesso lasciando una nota sul sedile dell'auto del detective, per scagionare Brenda e Preston. Prima di fuggire con Josephine, immerge il quaderno della bambina nell'ossido di calcio (base chimica di un fertilizzante per il giardino) in cui l'inchiostro avrebbe reagito dissolvendosi. Uccidere anche Josephine diventa a quel punto una scelta che Lady Edith ritiene inevitabile, per evitare alla bambina una vita disastrata da omicida in riformatorio.



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