mercoledì 30 dicembre 2020

I Migliori Film italiani del 2020: la nostra Top 10

In questo difficile 2020 molti film italiani hanno preferito evitare l'uscita on demand per il desiderio di non rinunciare alla magia della sala. Altri hanno sfruttato la piccola finestra estiva e di inizio autunno per invadere timidamente i cinema aperti. Altri ancora hanno avuto la fortuna di essere pronti nei primi due mesi non funesti di un anno funesto. Infine ci sono i film che hanno scelto la via dello streaming per l'urgenza di mostrarsi al pubblico ed è stato un bene, perché chi non ha voluto cedere alle serie tv, ha potuto felicemente constatare che i nostri registi, specialmente quelli fuori dal coro, avevano storie originali e potenti da raccontare: storie di bambini che guardano con sgomento al mondo dei grandi, storie di di adulti che non sono mai cresciuti e aspettano ancora la grande occasione, storie di utopie negate, di geni emarginati, di anziani che sognano rocambolesche avventure, di amicizie nate d'estate. Hanno pescato nel proprio doloroso vissuto i nostri filmmaker, o nell'opera di grandi scrittori. Sono stati tutti sinceri e tutti hanno accettato di correre rischio di un incasso al di sotto delle aspettative. Ecco perché ci piace considerarli eroi.

I Film italiani più belli del 2020

Favolacce

E’ un film come nessun altro Favolacce, un'opera portentosa e potentissima che rivela un'idea di cinema e di racconto nuova e senza filtri. Damiano e Fabio D'Innocenzo dirigono una favola dark che evidenzia le crepe del mondo degli adulti: meschini, insensibili, colpevolmente passivi. I registi stanno dalla parte dei dodicenni, che ci guardano, capiscono e a loro modo reagiscono. Nelle casette ordinate di una delle tante periferie romane si annida un'angoscia muta, e negli sguardi dei più piccoli si coglie la rassegnazione di chi è molto più maturo e consapevole di ogni madre e padre. Hanno compiuto un enorme passo avanti i fratelli romani da La Terra dell'abbastanza e Il Festival di Berlino ha giustamente premiato la loro sceneggiatura con l'Orso d'Argento.

Lontano Lontano

Gianni Di Gregorio fa pochi film, ma quando una storia bussa alla sua fantasia, il risultato è sempre eccellente e il racconto è pieno di grazia e di poesia, la poesia delle piccole cose. Parla di tre pensionati che vogliono cambiare vita e paese Lontano Lontano, ed è l’ultima prova d'attore dell'immenso Ennio Fantastichini, che programma la fuga insieme a Giorgio Colangeli e allo stesso Di Gregorio. Lo sfondo è sempre Trastevere e si celebrano l'amicizia, l'accoglienza e il sogno, che poi coincide con un buon bicchiere di vino e una fetta d'anguria, o una signora da corteggiare anche se non si è più giovani e aitanti.

Cosa sarà

Ha chiuso la Festa del Cinema di Roma Cosa sarà, e senza nulla togliere all'ottimo Tutto quello che vuoi, è il film più bello, profondo e sincero di Francesco Bruni, che ha raccontato la sua malattia. Il regista di Scialla! non ha ceduto alla tentazione di un diario ospedaliero che indugia nella fotografia del dolore, ma si è concentrato sul suo doppio strampalato e autoironico, un po’ egocentrico come a volte sono gli artisti e intento a dimostrare a se stesso di non essere così fragile come appare agli altri. Aiutato da un ottimo cast di contorno, Kim Rossi Stuart ha dato un'eccellente prova d'attore, incarnando emozioni contrastanti e disarmando lo spettatore nelle scene più tristi.

I predatori

Ha solo 29 anni Pietro Castellitto e il suo primo film da regista lo aveva in mente già da qualche tempo, e quando ci ha pensato per la prima volta, sapeva che il punto di partenza doveva essere il filosofo Friedrich Nietzsche, il che non può non suscitare la nostra ammirazione. Vincitore del Premio per la migliore sceneggiatura della sezione Orizzonti all'ultima Mostra del Cinema di Venezia, I Predatori è una commedia al vetriolo che tanto commedia non è, perché ci mostra una serie di personaggi intrappolati in schemi comportamentali stupidi e portatori di infelicità. Racconta due famiglie il figlio di Sergio Castellitto, e le sue antipatie sono tutte per il nucleo borghese velleitario e fintamente intellettuale, mentre i proletari di estrema destra con le armi paradossalmente sono i buoni. Il regista si ritaglia anche il ruolo di un figlio un po’ pazzo, e fa bene.

Volevo nascondermi

Il Festival di Berlino ha celebrato il cinema italiano anche regalando l'Orso d'Argento per il miglior attore a Elio Germano, che si è sottoposto a interminabili ore di trucco e ha imparato a muoversi come il pittore Antonio Ligabue per Giorgio Diritti. Volevo nascondermi è il ritratto di un outsider che sapeva creare la bellezza e capire i misteri e il fascino della natura. E’ anche la parabola di un uomo tormentato dal male di vivere e da crudeli demoni interiori che si è salvato grazie all'arte e ha trovato un posto nel mondo, un mondo che attraversava tagliando i campi con le sue motociclette. La regia è rigorosa e attenta e la retorica non fa mai capolino nel film.

Figli

C'è tutto Mattia Torre in Figli, che ha voluto prendere spunto dal suo monologo I figli ti invecchiano: c'è la sua grande ironia e autoironia, il suo amore per la vita, la sua capacità di osservazione, la sua resilienza, i suoi amici cari Valerio Mastandrea e Paola Cortellesi, che interpretano una coppia che vacilla all'indomani della nascita del secondo figlio. C'è anche l'Italia della crisi economica e di una generazione di nonni un po’ egoisti che non vogliono badare ai nipotini. La narrazione, divisa in capitoli, è fluida, e non si sente che la regia è passata nelle mani di un altro, che poi è Giuseppe Bonito, che ha rispettato l'opera di partenza dando però la sua personalissima impronta e girando un film in cui si sono identificati in moltissimi.

La volta buona

Si è allontanato dalla sua comfort zone Vincenzo Marra dirigendo La volta buona, anche se in questo film nel quale ha assecondato la sua parte più emotiva, ha messo le due sue grandi passioni: il calcio e il Sudamerica. Si nota una grande tenerezza in questa storia di un procuratore calcistico che tanto somiglia ai "mostri" monicelliani, perché in fondo anche qui si parla di un vinto, a cui dà corpo e voce Massimo Ghini. La sua storia di un sogno naufragato si intreccia a quella di un ragazzino che potrebbe diventare un asso del calcio, e così si apre una riflessione fra chi si sente povero e chi  povero lo è per davvero.

Gli Indifferenti

Gli Indifferenti è la dimostrazione che andare a scomodare i classici - in questo caso Alberto Moravia - si può. E' anche la prova che la società, sebbene la borghesia si vada estinguendo, mantiene il proprio egoismo e la propria indolenza e che, di fronte a un problema o a un'umiliazione, può mettere la testa sotto la sabbia e fare finta di niente. Leonardo Guerra Seràgnoli ha spostato la vicenda di Mariagrazia Ardengo e figli ai giorni nostri, e ha reso Leo Merumeci appena meno sgradevole, affidando il personaggio al sempre bravo Edoardo Pesce. Straordinaria è anche Valeria Bruni Tedeschi: svagata, malinconica, ora rassegnata e ora giustamente sopra le righe. Nel 2020 come nel 1929 la famiglia è sempre l'inferno, e tutti quanti ci muoviamo inesorabili sull'orlo di un precipizio.

L'Incredibile Storia dell'Isola delle Rose

In tempi di confinamento e regole che bisogna seguire ad ogni costo, Sydney Sibilia racconta una storia di libertà e di anarchia, e di utopia, l’utopia dell'ingegnere bolognese Franco Rosa che, negli anni della contestazione giovanile, costruì un'isola al largo di Rimini creando una repubblica indipendente. Il regista però non resta in mare o sulla costa. Con grande umorismo entra anche nelle stanze del potere e tratteggia con maestria e ironia ministri e prelati, confidando nel talento di Fabrizio Bentivoglio e di Luca Zingaretti. La gioiosa ribellione è tutta per Elio Germano, per la sua energia e per i suoi occhi che brillano. L'Incredibile Storia dell'Isola delle Rose è un gioiellino Netflix da non perdere.

Odio l'estate

Ritrovano verve e grande affiatamento Aldo, Giovanni e Giacomo e, pur riservandosi qualche scena solamente a tre, aprono la porta alla comicità e alle nevrosi al femminile, facendo assurgere al ruolo di co-protagoniste Lucia Mascino, Maria Di Biase e Carlotta Natoli. La premessa di Odio l'estate è una casa per le vacanze affittata contemporaneamente a tre famiglie, ma le buffe conseguenze dell'equivoco si accompagnano alla celebrazione dell'amicizia, alla presa in giro di qualche vizio italico e delle dinamiche stanche delle coppie di lungo corso, e a una nota dolce e nello stesso tempo amara che alla fine ci porta dire: così è la vita. La regia è di Massimo Venier.



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