venerdì 30 settembre 2022

Quasi orfano, una famiglia ingombrante: incontro con Riccardo Scamarcio e Vittoria Puccini

Il bosco verticale milanese contro la macchia mediterranea orizzontale pugliese. Milano contro la provincia barese. Si ripropone lo scontro fra nord e sud, fra la capitale economica ormai città europea, ma fredda nei rapporti umani, e la solarità fracassano ma piena di umanità delle campagne meridionali. O meglio, la differenza “fra città e provincia, più che fra nord e sud”, come rivendica Riccardo Scamarcio, protagonista insieme a Vittoria Puccini di Quasi orfano, nel corso della conferenza stampa di presentazione del film, previsto in uscita il 6 ottobre in centinaia di copie per 01 Distribution.

Nel cast del film, prodotto da Marco Poccioni e Marco Valsania per Rodeo Drive, ci sono anche dei caratteristi sempre efficaci come Antonio Gerardi, Grazia Schiavo, Bevo Storti, oltre ad Adriano Pappalardo e Nunzia Schiano, Paolo Sassanelli e Ema Stokholma. Quasi orfano è il remake di un film di Dany Boon, che dopo aver esplorato il contrasto sociale, geografico e linguistico fra il nord e il resto della Francia in Giù al nord (rifatto in chiave italiana in Benvenuti al nord), ha scritto, diretto e interpretato Ti ripresento i tuoi, aberrante titolo italiano dell’originale La ch'tite famille.

A proposito di originale, come detto anche nella versione italiana diretta da Umberto Carteni, si continua a esplorare, in chiave anche da commedia romantica, la diversità, spesso solo apparente e sulla carta, fra nord e sud. Valentino e Costanza sono marito e moglie, vivono a Milano e hanno fondato un famosissimo brand nel mondo del design. Valentino, di origine pugliese, ha progressivamente tagliato i ponti con la sua famiglia, al punto di dichiararsi orfano e cambiare cognome. La famiglia di Valentino, colorita e numerosa, tenta di riallacciare i contatti presentandosi all’improvviso a Milano.

Riccardo Scamarcio racconta come le sue origini pugliese non siano mai stati un particolare problema, o addirittura qualcosa di cui vergognarsi, come accade al suo protagonista, Valentino Tarocco che lancia in brand ValeRocco. “Quando mi sono trasferito a Roma a 18 anni per fare l’attore, la prima cosa che mi hanno detto di fare è perfezionale la mia dizione, un primo rapporto con la spersonalizzazione di me stesso. Ma da subito sentivo che qualcosa in me resisteva a prendere le distanze, pur dovendo parlare italiano senza cadenza. Sentivo che una parte di me trovava in quella cosa lì, quelle radici, qualcosa di autentico. Facendo l’attore era un motore energetico identitario che mi serviva. Grandi maestri intellettuali italiani hanno dato una chiave di lettura che ha legittimato l’avere orgoglio per le proprie radici. Mi riferisco a Carmelo Bene, a Pasolini, che in maniera molto sofisticata hanno regalato una lettura dell’identità, di cosa voglia dire essere umano prima di indossare delle maschere”.

Vittoria Puccini ha spiegato quello che l’ha spinto e interessato in questa storia e nel suo personaggio. “Mi divertivano nel film e nella sceneggiatura l’ironia con cui raccontava i caratteri del nord e del sud, in cui poi attinge a qualche verità pur estremizzando per creare commedia. È sempre importante ridere di sé stessi, l’autoironia, il prendersi poco sul serio. Mi piaceva questo colore del film oltre alle evoluzioni con cui Costanza viene ribaltata dai personaggi che incontra. All’inizio è una borghese milanese che insegue solo il successo, che allontana identità e verità nel rapporto di coppia, lei e Valentino non si conoscono più e non gli interessa neanche. L’incontro con la famiglia caotica e rumorosa pugliese le permette di ritrovare passione, l'e amare e essere amata per quello che è, non per quello che rappresenta. Un rapporto con i sentimenti più autentico. Era una evoluzione che mi interessava”.

Un film nazional popolare, nel senso più nobile del termine. Così lo definisce Scamarcio, spiegando le ragioni per cui ha accettato di recitare in Quasi orfano. “Parla di quanto cambiamo per il successo. Sono temi attuali in chiave leggera, con al centro una rivalutazione delle proprie origini e radici. Il film lo fa anche in maniera intelligente, mette in luce paradossi italiani che hanno prodotto, per esempio, il luogo comune che ritengo da sempre sbagliato, per cui le donne al sud siano chiuse e arretrate. Nel film sono più al centro di quanto lo siano al nord, il sud è matriarcale, le donne comandano senza erodere la loro femminilità”.



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