sabato 27 novembre 2021

Catherine Frot e il suo viaggio umano Sotto le stelle di Parigi

L’abbiamo conosciuta soprattutto per le stonate della sua Marguerite, cantante più celebre e ricca che talentuosa. Ma Catherine Frot è una delle attrici più amate in Francia, capace di alternare ruoli e personaggi sempre con notevole disinvoltura. È nelle sale con un personaggio decisamente poco ordinario, Christine, che vive da anni nelle pieghe nascoste lungo la Senna, Sotto le stelle di Parigi.

Un sera, un bambino di otto anni si presenta davanti al suo rifugio. Si chiama Suli, non parla la sua lingua, ed è stato separato dalla madre, che deve essere rimpatriata. Uniti dalla loro condizione marginale, i due intraprendono un viaggio emotivo e pieno di tenerezza per ritrovare la madre del bambino.

Viene dal teatro, che per la Frot rimane cruciale. Ha molto sofferto per aver dovuto interrompere le sue repliche per la pandemia. Ha alle spalle una carriera fatta di ruoli molto diversi, dalla commedia al dramma classico. La notorietà le ha permessa molta libertà di scegliere i ruoli che preferisce. “Mi sono gettata con tutta me stessa sul mestiere di attrice”, ci ha detto in un’intervista via zoom. “Mi propongo spesso dei personaggi che sembrano di scarso valore, o sono in difficoltà, ma poi sono capaci di crescere. È quanto accade a Christine, che ha un percorso umano in fondo senza volerlo. La solitudine è al centro del percorso di una donna che ha tutto perduto, non ha più niente, ma la vita in qualche modo le regala un percorso di rinascita. È nella mia natura, nel mio carattere credere in fondo a questa parola: rinascita. Anche se in questo momento ho difficoltà a essere ottimista, per questi due anni di pandemia. Ma è una prova che ci farà crescere.” 

Bavarese di nascita, il regista Claus Drexel ha vissuto a Grenoble, prima di formarci a Parigi nel cinema. “Vivo in questa città”, ci ha detto, “dove vediamo dappertutto dei senzatetto, ma non sappiamo niente di loro, sentiamo solo di chi li aiuta attraverso delle lodevoli organizzazioni. Ho deciso di passare del tempo con loro, per girare un documentario, Au bord du monde, ogni notte per un anno. Un’esperienza che mi ha cambiato anche come essere umano. È un universo molto differente da come l’immaginiamo. Mi sono detto che dovevo impegnarmi maggiormente, ponendo l’attenzione sul mondo di oggi, e dopo che Catherine Frot mi ha contattato ho cominciato a riflettere su delle cose che sono successe durante le riprese ma non avevamo filmato. Cosa che in un film di finzione diventa possibile, una favola moderna che potesse rendere accessibile questo tematica a un pubblico più ampio, giovane o familiare. Tutto quello che si vede nel film è in qualche modo legato a qualcosa che ho vissuto nella realtà, nelle lunghe serate passate con i senza fissa dimora.” 

Proprio quella testimonianza ha colpito profondamente la Frot, anche produttrice del film. “Ho visto un documentario del regista, Claus Drexel, dal titolo Au bord du monde, che raccontava dei senzatetto a Parigi di notte, con la neve, in pieno inverno. L’ho adorato, era fantastico, presentava delle testimonianze di persone della strada, era davvero potente e l’ho chiamato per congratularmi. Inizialmente abbiamo pensato di poterne fare una versione per il teatro, poi la decisione è stata un film di finzione con una protagonista senza fissa dimora. Per il lavoro sui vestiti e sul personaggio mi sono ispirato a dei rotocalchi del XVIII secolo con dei personaggi soli nei boschi. Delle silhouette che superano il realismo, giocando sul contrasto fra questa burbera un po’ folle e una Parigi filmata magnificamente. Ho pensato anche ad alcuni poemi di Victor Hugo o di Baudelaire, delle figure della miseria che troviamo nei libri. Sotto le stelle di Parigi è come aprire un libro di favole.

Un lavoro lungo di ricerca, portando avanti la preparazione preziosa svolta per il documentario. “Abbiamo lavorato con dei veri senzatetto. C’è una scena in particolare all’inizio del film, in cui erano tutti presenti, molto ben vestiti, sicuramente meglio di me. Per l’occasione delle riprese si erano messi eleganti. È stato molto interessante, ognuno di loro ci ha raccontato delle storie incredibili. Come mostra il film, molto spesso queste persone prima di cadere in miseria avevano una vita molto diversa. Un equilibrio anche sociale che regge, fino a che qualcosa sconvolge la loro quotidianità. Il lockdown, è evidente, per loro è stato ancora più terribile.”



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