Da questa settimana la sala cinematografica ci offre l'opportunità di comprendere meglio la storia della tragica questione israelo-palestinese. Tutto quello che resta di te, in originale All That’s Left of You, è un film drammatico la cui storia ripercorre il trauma intergenerazionale e lo sradicamento vissuto da una famiglia palestinese nell’arco di diversi decenni, a partire dalla "Nakba".
Diretto dalla regista Cherien Dabis, interprete anche del ruolo femminile principale, Tutto quello che resta di te ripercorre una storia di famiglia attraverso la voce di una madre che, per spiegare chi sia suo figlio, deve prima raccontare chi fosse il nonno. L’opera esplora le profonde conseguenze psicologiche ed emotive dell’occupazione, della perdita della terra e della lotta per preservare famiglia e dignità lungo settantacinque anni di storia.
Il film inizia in Cisgiordania nel 1988. Un adolescente palestinese si unisce con determinazione alle proteste locali contro i soldati israeliani. Improvvisamente la scena si blocca e, con fervore e angoscia dipinti sul volto, la madre si rivolge a noi, testimoni dei capitoli bui del secolo scorso e di questi giorni, per iniziare a raccontare la storia di tre generazioni di una famiglia sradicata, a partire dal 1948, quando le organizzazioni paramilitari sioniste espulsero più di 700.000 palestinesi dalle loro case. Una cronaca epica della lotta di una famiglia per rimanere unita e preservare la propria dignità di fronte alle forze d’invasione israeliane, che abbraccia gli ultimi 80 anni della storia della Palestina. Una condivisione del significato di “identità palestinese” raccontato con saggezza ed emozione che tocca il cuore intensamente. Tutto quello che resta di te è frutto di una co-produzione tra Giordania, Germania, Cipro, Grecia, Qatar, Arabia Saudita e i territori palestinesi occupati ed è stato scelto proprio dalla Giordania come candidato per concorrere agli Oscar 2026 nella categira Miglior Film Internazionale. L’Italia è il primo Paese al mondo in cui uscirà nelle sale cinematografiche, a partire dal 18 settembre 2025 distribuito da Officine UBU.
Qui sotto il trailer di Tutto quello che resta di te.
Tutto quello che resta di te: 5 motivi per vedere il film
1. La storia della Palestina attraverso la memoria familiare
Il film attraversa tre generazioni, dal 1948 - anno della Nakba* - fino al 2022, intrecciando le vicende di una famiglia palestinese a quelle della storia del paese. È uno dei rari esempi in cui il trauma della diaspora palestinese viene narrato non da osservatori esterni, ma dall’interno, attraverso gli occhi del popolo. Il risultato è una ricostruzione storica fatta di volti, vita quotidiana e legami familiari, anziché di titoli di giornale o decisioni politiche. *Nakba ("disastro", "catastrofe", o "cataclisma"), è l'esodo forzato della popolazione araba palestinese durante la guerra civile del 1947-48, al termine del mandato britannico, e durante la guerra arabo-israeliana del 1948, dopo la fondazione dello Stato di Israele.
2. Dare voce a chi spesso viene silenziato
La regia di Dabis evita ogni retorica e restituisce complessità a personaggi troppo spesso ridotti a vittime senza nome. La madre che racconta la storia della sua famiglia non è solo custode della memoria, è anche testimone attiva di un passato e di un presente che rischiano di essere cancellati. In un’epoca in cui la narrazione palestinese è spesso filtrata da forze antagoniste, che tentano di oscurare e distorcere la realtà, il film non chiede compassione ma ascolto e condivisione. La forza del film risiede anche nella vicinanza che riesce a creare con i suoi personaggi. La storia ruota attorno a una famiglia comune, alle prese con il lavoro, la gestione della casa e la cura dei figli. Proprio in questa normalità lo spettatore può riconoscersi, ritrovando dinamiche familiari che potrebbero appartenergli. Ma la quotidianità è immersa in un contesto di sopraffazione e incertezza costante, che trasforma la vita ordinaria in un’esperienza di quotidiana resistenza.
3. La regia di Cherien Dabis
Cherien Dabis è una delle pochissime registe palestinesi ad aver ottenuto riconoscimenti internazionali. Il suo è un cinema intimo, autobiografico, che si interessa del cuore e del dolore, della resilienza privata. L’uso degli spazi, dei silenzi, del tempo che scorre diventa il linguaggio cinematografico che la regista utilizza per parlare del conflitto senza mostrarlo esplicitamente. Dabis infonde la storia del film con la sua esperienza personale di donna palestinese che ha vissuto nella diaspora. Alcuni degli episodi raccontati nel film provengono dal suo passato, come ad esempio la scena del padre e del bambino fermati dall’esercito israeliano.
4. La struttura narrativa
Il film si apre con un evento drammatico - un ragazzo ferito da soldati israeliani - ma da lì parte un racconto a ritroso che ricostruisce l’intera memoria familiare. Questo approccio evita la linearità didascalica e coinvolge lo spettatore in un processo di riscoperta, in cui ogni ricordo è un tassello di un’identità minacciata, ma che ha saputo resistere e combattere. È un film che ripercorre la storia di un popolo che da quasi 80 anni non si è mai arreso, nonostante i continui tentativi da parte del governo israeliano di cancellarlo.
5. Il cinema come atto di resistenza
Tutto quello che resta di te è un atto di testimonianza, una celebrazione della memoria collettiva e della resilienza di un popolo. In un momento storico in cui la Palestina è al centro di tensioni globali, il film di Cherien Dabis offre un’alternativa preziosa alla cronaca: quella dell’arte, della narrazione e della sensibilità autobiografica. È una finestra aperta su una realtà che non vuole essere dimenticata, ma raccontata con grazia, dolore e dignità. Una voce necessaria, che arricchisce il nostro sguardo su quanto sta accadendo oggi.
Tutto quello che resta di te: il talento della regista Cherien Dabis
Regista e attrice di origini palestinesi e statunitensi, la 48enne Cherien Dabis si è distinta come una voce innovativa capace di raccontare con autenticità e profondità esperienze spesso invisibili sul grande e piccolo schermo. Con ironia, sensibilità e uno sguardo umano, ha contribuito a ridefinire la narrazione arabo-americana, portando sullo schermo prospettive raramente rappresentate.
Il suo debutto cinematografico risale al 2009 con Amreeka, lungometraggio da lei scritto e diretto, che racconta la storia di una madre palestinese immigrata. Presentato in anteprima mondiale al Sundance Film Festival, il film ha ottenuto il Premio Internazionale della Critica FIPRESCI alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes, numerosi riconoscimenti in festival internazionali e candidature ai Gotham Awards e agli Independent Spirit Awards. Nello stesso anno, il magazine Variety l’ha inserita nella lista dei 10 filmmaker da tenere d'occhio. Nel 2013 Dabis ha presentato May in the Summer, sua seconda regia e film di apertura del Sundance, dove ha anche recitato accanto a Bill Pullman e Alia Shawkat. La pellicola, una commedia drammatica, esplora le radici familiari e culturali attraverso la vicenda di una scrittrice palestinese-americana.
Parallelamente al cinema, la sua carriera si è arricchita di importanti esperienze televisive. Ha diretto episodi di serie di grande successo come Ramy, Ozark e Only Murders in the Building. Come attrice, ha preso parte a produzioni di rilievo, tra cui Mo, Fallout e Extrapolations. Oggi vive a New York, continuando a sviluppare progetti che uniscono impegno artistico e attenzione alle questioni sociali, confermandosi come una delle voci più originali e rilevanti del panorama audiovisivo contemporaneo.
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