Chi era soprannominato la Macchina Distruttrice? Ce lo racconta, appunto, The Smashing Machine, in concorso all'82ª Mostra d'Arte Cinematografica di Venezia. Scritto e diretto da Benny Safdie, il film ritrae la storia vera del lottatore Mark Kerr e va oltre ciò che è noto sulla sua figura pubblica, mettendo in scena le aspettative e la pressione vissute dall'uomo dentro e fuori dal ring. Il mondo del MMA (arti marziali miste) degli anni 90 prende vita con uno stile viscerale e iper-realista. A incarnare Kerr c'è la star Dwayne Johnson il quale, con il suo ben noto passato da wrestler e il desiderio di fare un salto di qualità in termini artistici, è il perfetto interprete per questo personaggio. Accanto a lui, nel ruolo di Dawn Staples, la compagna di vita di Kerr, Emily Blunt.
Regista e attori hanno presentato The Smashing Machine, prodotto dalla A24, al Lido nel corso della tradizionale conferenza stampa con i giornalisti.
The Smashing Machine: La trasformazione di Dwayne Johnson
Visibilmente emozionato per la sua prima volta a Venezia e, in generale, ad uno dei maggiori e più prestigiosi festival cinematografici del mondo, Dwayne Johnson descrive l'incontro con Mark Kerr (seduto in prima fila durante la conferenza) come surreale e trasformativo. "La vita di Mark ha cambiato le nostre vite, certamente la mia. Questo non è un film sulle vittorie e le sconfitte, ma sulla pressione di vincere a tutti i costi, e su cosa accade quando questo non succede", spiega l'attore arrivando a descrivere il paradosso in cui vincere diventa il nemico. Ma The Smashing Machine è anche "una storia d’amore, l’amore di Mark per ciò che faceva e la sua lotta per riuscirci, passando attraverso sfide estreme. Mark faceva uso di droghe ed è andato in overdose due volte, è fortunato a essere vivo".
Sul piano personale, Johnson parla di un desiderio a lungo covato. "C'era una vocina dentro di me che diceva che forse avrei potuto fare di più. Dopo anni in cui Hollywood ti spinge in una direzione, quella del box office, volevo attingere a cose che ho vissuto, andare più nel profondo e trovare una forza nella vulnerabilità". Il coraggio per fare questo passo arriva anche grazie ai suoi compagni di viaggio. "Emily mi ripeteva che c'era un posto dove andare a mettere tutte le difficoltà che avevo vissuto da ragazzo: la recitazione. E mi ha detto 'facciamolo insieme, io ci sono'. Mentre Benny mi spiengeva dall’altra parte".
Johnson riconosce una sorta di eco tra la storia di Kerr e la propria. "Vengo da una famiglia di wrestler professionisti, ma non posso descrivere mio padre come una figura ispirante. Lui si è trovato a vivere da senzatetto a 13 anni e ha dovuto sfoderare una durezza che limitava la sua capacità di amare". In Kerr, l'attore vede una “contraddizione vivente, lui è il più dominante e, al contempo, gentile, tenero e empatico essere umano che conosca” e che incarna, per Johnson, il luogo giusto in cui “mettere finalmente tutto” ciò che ha vissuto.
The Smashing Machine: La vulnerabilità maschile secondo Emily Blunt
"Sono felice che ci fosse una donna in mezzo a questa storia" dice Emily Blunt, perché fuori dal ring e dentro le mura di casa "si può capire cosa significhi vivere con un fighter, stare con un fighter e respirare il mondo totalizzante che ne deriva". L'attrice sottolinea la generosità della donna nel condividere "l'intero sistema meteorologico della relazione: i rimpianti, le eruzioni, la natura a tratti pericolosa, e insieme un amore e una devozione profondi". Per Blunt non è "la solita relazione narrata per lo schermo, ma lo spettro completo di ciò che un rapporto è davvero, dove le persone possono cambiare nell’arco di un’ora".
Il contesto acuisce il tema. "L'era del machismo anni 90, dell'invincibilità maschile, amplificata nell’arena del MMA/UFC, ma con una vicenda che non riguarda l’uomo col pugno alzato, bensì la sua caduta”. Qui la regia di Safdie è decisiva secondo Blunt. "Il suo modo viscerale e spontaneo di girare questo film ha tolto le protezioni ogni giorno, permettendoci di assistere a un compagno di scena capace di svanire nel personaggio. Lavorare con Dwayne è stata una delle cose più straordinarie, soprattutto nel vederlo scomparire dietro il personaggio".
The Smashing Machine: Lo sguardo di Benny Safdie
Safdie spiega di essere rimasto colpito "dalla contraddizione di un mondo di combattimento intriso però di amore reciproco. Quella del MMA era una comunità molto unita, tutti si conoscevano e si volevano bene. Era vicinanza, in netto contrasto con la lotta, era davvero bella e volevo esplorarla". Il regista ci ricorda che all'epoca “negli USA le arti marziali miste erano bandite in molti stati, mentre in Giappone era una cosa enorme e in Brasile c’era grande entusiasmo intorna a questa lotta".
Safdie si è imposto una regola, "quella di non salire nel ring, ma di restare all’esterno, per far percepire allo spettatore cinematografico di essere davvero lì a guardare dagli spalti". Per l’autenticità, ammette che "ero ossessionato dall’idea di farlo sentire il più reale possibile, studiando le riprese anche a volume abbassato, per comprenderne bene i movimenti. Safdie racconta di aver chiesto al coordinatore stunt Greg Rementer di "atterrarlo" con un colpo, perché "avevo bisogno di sapere che cosa si prova". Quel livello di realismo è lo stesso ricercato anche per le scene domestiche, per cui la casa di Mark Kerr e di Dawn Staples è stata costruita per nascondere il più possibile le macchine da presa.
Qui sotto il trailer di The Smashing Machine, al cinema in Italia dal 19 novembre con I Wonder Pictures.
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