In Tunisia c'è stato un film che per ben dieci settimane ha battuto diversi record di incassi e che ha come protagonista maschile un attore italiano, che abbiamo conosciuto nel 2010 ne Il figlio più piccolo di Pupi Avati e abbiamo particolarmente apprezzato in Easy - Un viaggio facile facile. Parliamo di Nicola Nocella, che ha accettato la proposta del regista tunisino Mourad Ben Cheikh di capitanare il cast di una commedia intitolata La Settimana senza Dio e che racconta la disavventura di un antiquario mammone che vuole sposare una ragazza tunisina di nome Betty e parte per incontrare la famiglia di lei, che pretende che si converta alla religione musulmana e che accetti di farsi circoncidere. La risata, nel film, nasce dallo scontro di civiltà e culture. Come se non bastasse, Amadeus - questo il nome del personaggio di Nocella - ha una madre bigotta e possessiva che si oppone al matrimonio e che lo raggiunge nel paese dei futuri suoceri. Proprio da questo personaggio rompiscatole e bacchettone è partita la nostra intervista a Nicola Nocella, che ha accompagnato il film al Bif&st 2025, dov'è stato presentato in anteprima nazionale. A Nicola abbiamo domandato se sia peggiore una madre castrante o la circoncisione, e lui, sorridendo, ci ha risposto così: "Credo che sia peggio una madre castrante, per un motivo molto semplice. Una madre castrante è qualcosa che ti ritrovi fin dall'inizio della tua vita, esattamente come la circoncisione. Tuttavia la circoncisione, al di là del significato religioso, è un mero atto fisico, un taglio, un pezzettino di carne che va via e soprattutto una scelta che, volendo, puoi anche rinnegare. Una madre castrante non riesci a rinnegarla, perché in fondo ha il tuo stesso sangue e ti ha generato, anche se poi il principio cardine della psicoterapia è: uccidi tua madre, uccidi tuo padre. Sarebbe la prima cosa da fare, ma in realtà non la fa nessuno. Ogni volta che dico questa cosa, ripeto sempre: "Uccidi tuo padre e tua madre e, se capisci come si fa, spiegamelo, perché io non proprio non lo so". In ogni modo mi sono reso conto che mia madre è castrante senza volerlo essere, mentre la madre del film è veramente terribile, e a questo proposito Mourad ed io abbiamo lavorato tanto sulla postura di Amadeus, che è molto rigido, molto dritto, molto "comportati educatamente, stai su, stai dritto". Amadeus si è sentito ripetere queste cose in continuazione, per cui per lui è naturale tenere il petto in fuori e la pancia in dentro, insomma girare come una mamma vorrebbe che girasse il proprio figlio. Amadeus è ben vestito, educato, elegante, è il cocco di mamma, il bello di mamma, ed evidentemente questo è uno dei motivi per cui Betty si innamora di lui".
Betty a un certo punto dice che gli uomini sono tutti uguali, che siano italiani o tunisini. Hanno un rapporto morboso con la madre, che per le loro future mogli o fidanzate è un nemico imbattibile. Secondo te c'è una soluzione per questo increscioso problema?
Molti dei miei coetanei hanno capito che stare a casa dei genitori è brutto, soprattutto se hai 40 anni. Io non mi so stirare le camicie, ma piuttosto che darle a mia madre, le porto in lavanderia, e quindi mi prendo la responsabilità di dire: "Non so stirarmi le camicie, però lavoro, guadagno dei soldi e do del lavoro a qualcun altro". Credo che sia importante emanciparsi ma senza rinnegare completamente i propri genitori. Io una madre castrante l'ho avuta per troppo amore, e troppo amore fa male. Mia mamma mi considera ancora figlio, forse perché non ho figli. Sulla questione padri, invece, ti do una chicca: è vero che noi maschi ammazziamo il padre molto presto, ma arriva un momento in cui gli somigliamo sempre di più. Somigliamo sempre di più a quelle cose che abbiamo odiato di nostro padre.
L’Italia e la Tunisia sono davvero vicine, ma si tratta di due mondi contrastanti e che quindi faticano a comunicare. Girando il film in Tunisia, hai percepito una grande differenza fra te e la gente del posto?
La Tunisia è dietro l'angolo, come dici giustamente tu, però da Bari io non posso andare a Tunisi con 1h di aereo come vorrei. Per arrivare a Tunisi io devo fare Bari - Roma e Roma - Tunisi. Lo scorso anno mi è stato proposto di fare addirittura Bari -Berlino, Berlino - Tunisi, che significa che per arrivare a Tunisi mi devo prima allontanare, il che trasforma un viaggio che sarebbe di un'ora scarsa in un viaggio di 6,7,8 ore. Questo vuol dire che la Tunisia è vicinissima eppure si allontana in una maniera quasi organica, proprio per una questione di tempi di viaggio, dal posto in cui noi abitiamo. Mi sono subito reso conto che fisionomicamente i tunisini sono simili a noi. Quando vivevo a Milano e frequentavo le agenzie di scommesse, arrivavano i muratori algerini e, te lo giuro, sembravano i miei zii, quindi il Nord Africa è vicino a noi in una maniera feroce. Però, quando arrivi in Tunisia, ci sono dogane su dogane e controlli su controlli, che sono cose che rendono il paese respingente, perché molto probabilmente loro sono abituati a queste seccature, anzi le amano, perché forse così si tutelano. Io sono stato fortunato perché ho incontrato Mourad, che è considerato uno dei più grandi intellettuali del paese. È stato uno dei promotori della Primavera Araba. Stava sotto gli spari, stava lì con la sua macchina da presa, e con i suoi documentari è arrivato al Festival di Cannes. Inoltre è stato chiamato da un produttore illuminato per fare una serie tv che è partita con il 13% di share ed è finita con il 62%. Quando sono arrivato in Tunisia, mi sono reso conto di essere davanti a una figura enorme. La grandezza di quest'uomo è nella sua apertura e nel suo sforzo per farmi sentire gli altri al suo livello.
Come ti sei trovato con gli attori tunisini?
Essendo Mourad una figura importante, i suoi attori erano tutti bravissimi, anzi dei veri e propri fenomeni. l'attore che fa l’Imam è una specie Gassman tunisino. Con me parlava in italiano perché si ricordava quando aveva fatto l'Antigone a Taormina. Ci sono delle scene in cui siamo andati a braccio e gli attori tunisini erano talmente straordinari da mettermi o condizione di entrare quando era giusto per dire le battute che servivano per mandare avanti la scena, ma era tutta una questione di feedback emotivo, di orecchio, di emozione, di sensazione. Non c’è mai stato un "tocca a te, tocca a te, tocca a te". Mourad è un regista di attori e ci ha potenziati tutti tantissimo. Amal Mannai non è un'attrice, ed è andata a vincere il premio a Luxor come miglior attrice. Mourad ti tira fuori ogni stilla di emozione e lo fa in maniera pulita: ti accoglie e ti rilancia. Mi ha portato in Tunisia una settimana prima e mi ha detto: "Vorrei che conoscessi i miei attori, mi piacerebbe che facessi delle prove insieme a loro". Poi ha aggiunto: "Io voglio fare un concerto jazz, dobbiamo fare uno dei più bei concerti jazz della storia. La partitura è questa però poi cercate di divertirvi".
Mourad Ben Cheikh si definisce un erede illegittimo della commedia all'italiana. Tu lo vedi così?
Ama definirsi erede illegittimo della commedia all'italiana perché dalla Tunisia è venuto via a 20 anni, si è laureato al DAMS, a Bologna, e poi, dopo il DAMS ha iniziato a lavorare anche come scenografo, perché si era diplomato alle belle arti in Tunisia, dopodiché ha cominciato a lavorare per Rai 3 a un programma che secondo me è uno dei più belli degli ultimi 20 anni, e cioè Sfide. Mourad faceva l’autore e per 10-12 anni è rimasto in Italia. Nel nostro paese ha costruito la sua cultura e la sua voglia di cinema, aggrappandosi alla commedia all'italiana degli anni '70, '80, '60. Lui dice sempre: "Io sono illegittimo ma sicuramente sono figlio di quella roba lì". Se posso dirti una cosa, è che questo film è molto più lieve delle commedie che ci sono in questo momento in giro, è un po’ teatrale ogni tanto e si muove su dei temi che vengono trattati in maniera meno violenta che altrove. Mourad ha deciso di fare un film come se l'avesse girato 50 anni fa, e secondo me ci è riuscito. Tu parli di contrasto: ebbene la commedia è contrasto. Noi siamo quelli che ridono quando uno scivola sulla buccia di banana, sappiamo che fa malissimo però ridiamo, altrimenti non ci sarebbe Paperissima, che da 40 anni va in tv. Ma se tu non vai fino in fondo con le tue emozioni, il contrasto non c'è. Nel film, se ci fai caso, non c'è mai una battuta pronunciata per far ridere. Mourad ha preso me, mi ha voluto così, esattamente come sono, e non ha mai insistito sulla mia taglia macchiandosi di bodyshaming. Ne La Settimana senza Dio è sempre tutto molto leggero, non c'è mai un giudizio. La mamma e la zia di Betty fanno un solo commento sulla mia corporatura, ma quando Betty dice: “Io sono innamorata di lui", le critiche finiscono. Noi siamo circondati da uomini e donne meravigliosi, poi ci sono quelli come me, e quelli come me devono imparare una cosa fondamentale, vale a dire che, e io '’ho scoperto a 29 anni, non sono figo perché lo decidono gli altri, ma sono figo perché lo decido io che mi sento figo, e se mi sento figo, gli altri mi vedono figo. Come vorrei poter dire questa cosa a un sedicenne, per questo lo ripeto e lo ripeto: "Sei figo perché fai delle cose che ti fanno stare bene e perché sei bravo in quello che fai".
La Settimana senza Dio parla anche di sorellanza. Le donne della famiglia di Betty sono un nucleo compatto e solidale. In questo vedi una somiglianza fra Tunisia e Italia?
Nel film a un certo punto l'Imam che dice: "Per fortuna in Tunisia le donne non subiscono la circoncisione", nel senso che là c'è tutto un mondo che racconta davvero questa sorellanza in maniera fortissima, potentissima, nel senso che le donne sono sempre un gruppo. Dopo un primo momento di screzio, i personaggi femminili che fanno? Trovano un fronte comune e vanno avanti. I maschi no, continuano a litigare fra di loro, perché alla fine sanno benissimo in che direzione stanno andando. Murad trasforma questa commedia leggera in politica e alla fine capisci perché quest'uomo sia passato dal raccontare la Primavera Araba a questa commedia. La Settimana senza Dio è anche una commedia di cliché, e lo dico sapendo che non parlo male del mio film. È una commedia fatta di stereotipi e di stereotipi distrutti, massacrati uno dopo l'altro, e sai la cosa che mi ha fatto veramente amare questo film fin dalla prima lettura? La certezza che, se io sposassi una ragazza tunisina di 25 anni, la mia famiglia direbbe: "Ecco, chissà che cosa vuole, chissà perché sta con te!". Insomma la farebbero a pezzi questa povera ragazza. Succede che vai dall'altra parte del mondo, che sembra vicina ma in realtà è lontanissima, perché è in un altro continente, ha un'altra tradizione e un’altra religione, e scopri che loro si comportano nella stessa identica maniera. Loro dicono: "Ma tu puoi avere di meglio, ma perché proprio lui?". Tutte e due le famiglie del film rispondono nella stessa maniera. E la cosa incredibile è che vedere loro che reagiscono come una tipica famiglia italiana mi fa ridere da morire. Secondo me, però, il gruppo di donne che viene fuori da questo film è granitico. Non so se ci sia qualcosa di simile in Italia, probabilmente no. Le famiglie numerose sono sempre di meno, quindi fanno fatica a creare un gruppo forte e unito. Io sono cresciuto in una famiglia molto numerosa, ed è una cosa bellissima.
Se tu dovessi fare un bilancio della tua esperienza in Tunisia, cosa diresti?
Ti confesso che ho passato un mese strano, perché gli attori tunisini hanno un modo di relazionarsi alla professione molto diverso dal nostro. Arrivano sul set con un'idea, un'infarinatura, se poi è il regista a volerlo, spingono sulla memoria, altrimenti si prova tanto sul set. Io sono abbastanza una macchina da guerra. Ammetto di aver fatto fatica durante la lavorazione di La Settimana senza Dio e ho capito perché Mourad ha voluto alcuni giorni prima dell'inizio delle riprese, per cui al principio ho faticato davvero e ho addirittura perso il sonno, e ho fatto una fatica terribile ad adeguarmi a quel modo di lavorare, ma una volta trovato, siamo partiti e ci siamo divertiti, e quindi è stato strano, però mi porto negli occhi delle immagini stupende: ad esempio uno che arriva e parcheggia una capra, o altre cose quotidiane che mi hanno emozionato.
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