martedì 5 dicembre 2023

Sussurri: quando la maternità diventa thriller, incontro con la scrittrice Ashley Audrain

Chi l’ha detto che un romanzo noir debba per forza contenere cadaveri sbucati dal nulla, investigatori dall'impermeabile stazzonato, serial killer e pugnali intrisi di sangue? Ci sono molti modi di creare suspense e molti misteri da indagare, tanto che, già da un po’, si parla di "thriller dell'anima" o "thriller dei sentimenti". Spesso questi libri hanno come protagonista un personaggio femminile molto sfaccettato che, se non nasconde un segreto, ha comunque qualcosa di ambiguo, che lo fa sembrare qualcosa, o meglio qualcuno, che non è. A un simile sottogenere letterario appartiene "Sussurri", l'opera seconda di Ashley Audrain, scrittrice canadese che ha lavorato a lungo come capo ufficio stampa di Penguin Books Canada. Il suo romanzo d'esordio, "La spinta", è uscito nel 2021 e ha avuto un grandissimo successo per la maniera insolita con cui raccontava la maternità. Sappiamo che i diritti sono stati acquistati dai produttori di C'era una volta a… Hollywood, che ne faranno una serie tv. L'episodio pilota è stato girato e sembra che a interpretare la protagonista della storia sia una celebre attrice, di cui al momento non si fa il nome.

Ashley Audrain ha presentato "Sussurri" al Noir in Festival 2023 nella storica libreria Rizzoli all'interno della Galleria Vittorio Emanuele II. Bellissima e sorridente, anche lei è una mamma e nel nuovo libro continua a parlare di maternità. La sua protagonista si chiama Whitney e, insieme alle sue vicine, popola un interessante microcosmo femminile. La vicenda si apre proprio a casa di Whitney con una festa per bambini in grande stile in cui non manca nemmeno il mago. A un certo punto il primogenito della donna fa una marachella e la madre lo rimprovera con incredibile livore, lasciando a bocca aperta gli invitati. Nove mesi dopo accade una cosa terribile e qualcuno ripensa alla scenata del party.

A intervistare Ashley Audrain davanti a un nutrito pubblico è la giornalista Isabella Fava. La sua prima domanda alla scrittrice riguarda proprio la maternità: "La maternità è un argomento che mi ha sempre interessato" - spiega la Audrain - fin da quando ero molto piccola, e quindi ben prima che nascessero i miei figli. Quando avevo 10, 12 anni, mi incuriosiva molto questo aspetto della vita delle donne. Vedevo mia madre e le sue amiche e avevo quasi l'impressione che l'essere madri fosse una sorta di performance, e non capivo perché le donne volessero diventare delle madri, perché non mi piaceva l'idea che abbandonassero la propria indipendenza per dedicarsi completamente ad altri. Nel tempo ho letto tanti libri, ma non mi sentivo particolarmente materna e non avvertivo il desiderio di fare questa esperienza. Però, a 32 anni, ho avuto il mio primo figlio, che ho aspettato con grande trepidazione. Quando è nato, abbiamo scoperto che aveva una malattia cronica, e quindi l'inizio della nostra nuova vita familiare è stato immediatamente 'medicalizzato', ed era un'esistenza molto diversa da quella di altri genitori, quindi mi capitava di pensare: 'Ah, lo sapevo, non avrei dovuto cedere alla voglia di maternità'. Nel tempo, per fortuna, le cose sono migliorate, e quando nostro figlio ha raggiunto i 6 mesi di età, mi sentivo più equilibrata rispetto a tutto quello che mi stava succedendo e avevo un forte desiderio di scrivere di questa esperienza. È stato allora che è venuto fuori il mio primo libro 'La spinta', dove potevo esplorare i sentimenti anche contraddittori che prova una madre, quindi mettere a confronto le aspettative degli altri e della società nei confronti delle donne e quello che la maternità realmente è per ciascuna donna. Questa differenza è davvero molto forte secondo me, e l'idea di trattare questi argomenti mi ha persuaso a esplorarli attraverso la scrittura".

Se il protagonista o la protagonista di un romanzo ha sempre qualcosa dell'autore o dell'autrice, non è detto che sia la sua copia carbone, e quindi non bisogna pensare che Whitney sia l'alter ego di Ashley, che infatti dice: "Certamente in ciascun personaggio c'è un po’ di me, ma nessuno di loro sono io al 100%. Ognuno rappresenta delle caratteristiche con cui mi posso relazionare. È difficile vedere in noi stessi un'identità materna monolitica, è sempre qualcosa di molto sfaccettato e, quando ho scritto 'La spinta', spesso sorgeva spontanea una domanda: 'Che cosa vuol dire essere una buona madre?'. Non credo che esista il concetto assoluto di buona madre: in certi giorni una donna si sente una buona madre, in altri pensa di avere molti difetti. Nel libro, queste diverse tipologie di madre agiscono ognuna in maniera differente. Ci sono per esempio Whitney e Blair che sono molto diverse fra loro e sono amiche. Abitano  vicine, si osservano, e magari una vede nell'altra ciò che a lei manca, e proprio questo le avvicina sempre di più".

Ashley Audrain è perfettamente consapevole dei cambiamenti a cui sono andate incontro le donne e le madri, che non sono più (solamente) angeli del focolare: "In questo periodo c'è stato un cambiamento perché le donne della nostra generazione hanno investito anche sulla carriera, e questa ovviamente non è una cosa da poco. Anzi, ha avuto un impatto molto forte sulle loro vite, tant'è vero che io ho 41 anni e ho due bambini, uno di 6 e uno di 8 anni, e ciò dimostra che li ho fatti tardi rispetto a mia nonna e a mia madre. Poi bisogna considerare anche il fenomeno dei social media. Come mamme, ci troviamo in un'epoca in cui i social ci mettono in contatto con gli altri, e se da un lato entriamo a far parte di una comunità, dall'altro ci sentiamo osservate, avvertiamo una pressione. Oppure ci capita di voler essere sincere e farci vedere per come siamo veramente, il che significa essere giudicate da questo gruppo virtuale. In più abbiamo vissuto delle crisi importanti: abbiamo attraversato l'11 settembre, il post 11 settembre e la pandemia, e quindi la nostra esperienza è sicuramente diversa da quella della generazione delle nostre madri. Aggiungo che per noi è  più difficile affrontare delle trasformazioni, pensare di separarsi o cambiare qualcosa nel lavoro. Quando mia madre aveva 40 anni, noi figli eravamo già abbastanza grandi, per cui lei aveva sicuramente più libertà di quella che noi abbiamo adesso".

Abbiamo parlato di thriller dei sentimenti. Ebbene, quando si è messa al lavoro, Ashley Audrain non immaginava che la storia che stava scrivendo avrebbe preso la forma di un racconto ad alta tensione: "Ho sempre pensato che avrei scelto di scrivere storie inventate. Penso che nella fiction, in questo caso nel romanzo, si possa dire più verità che in un altro tipo di narrazione, e quando ho cominciato 'La spinta', non pensavo che avrei scritto un thriller: mi ci sono ritrovata. All'epoca, nel 2015, lavoravo nell'editoria, ed erano usciti due libri che mi avevano molto colpito: 'Gone Girl' e 'La ragazza sul treno', e quindi mi è venuta voglia di raccontare la maternità in un modo un po’ dark, un po’ scuro, però sincero e aderente alla realtà, e non mi sono resa conto di aver scritto un thriller finché non ho incontrato un agente che me l'ha fatto notare, e così mi sono ritrovata per caso a 'rientrare' in questo genere letterario. Certo, se un lettore a cui piacciono il poliziesco e il thriller legge i miei libri, magari resterà deluso di non trovare il classico morto ammazzato o la polizia, ma io spero comunque di riuscire a creare suspense dal punto di vista emotivo, psicologico, e quello che davvero mi auguro è che qualcuno vada a dormire tardi o faccia la notte in bianco leggendo il mio libro perché non riesce a posarlo prima di averlo finito".

Isabella Fava non può esimersi dal chiedere alla scrittrice cosa siano i sussurri che danno il titolo al romanzo: "Questa idea dei sussurri, delle cose non dette o non ancora esplicitate" - risponde la Audrain -  "mi è venuta ascoltando un'intervista di Oprah Winfrey a una sua amica di nome Gale, e questa Gale raccontava di essere tornata a casa da un viaggio di lavoro e di aver trovato suo marito a letto con un'altra. A quel punto Oprah le domandava: 'Ma davvero non ne avevi idea? Sul serio non te lo aspettavi? Ma non avevi avuto nessun sospetto?'. Lei aveva risposto di no e, francamente, non so se crederci, perché penso che la vita ci parli in qualche maniera, ci dia dei segnali. Possiamo benissimo avere delle sensazioni, delle intuizioni che spesso sono giuste. Certo, dobbiamo saperle ascoltare, a volte però per alcune donne è difficile, perché non vogliamo arrivare alle conseguenze a cui queste piccole prese di coscienza possono portare, perché queste conseguenze possono essere devastanti e complicate da gestire, quindi spesso le donne, per non attraversare il dolore, fanno finta di non sentire e di non vedere. Lo trovo un modo terribile di vivere, che per esempio caratterizza il personaggio di Blair, che non vuole ascoltare sensazioni ben precise e non vuole andare a guardare, anche se sa che potrebbe avere ragione. Nel libro ci sono molti momenti legati a queste intuizioni, insieme ai sussurri veri e propri, che sono le parole scambiate in maniera confidenziale fra le madri o fra una madre e i suoi figli".

Prima di salutare il pubblico che l'ha ascoltata e dedicarsi al firmacopie, Ashley Audrain parla del suo futuro professionale: "Credo che continuerò a scrivere su questi argomenti. Sto cominciando a esplorare questi temi e, quando ho scritto 'La spinta', ero una giovane mamma, una neomamma che scriveva della maternità, mentre ora,  in questo libro, parlo di donne e di madri che hanno più o meno la mia stessa età, quindi c'è un'evoluzione. Ciò significa che, andando avanti, potrò continuare a scoprire cose perché mi troverò ad essere madre in un'altra fase della vita. Mi auguro insomma di poter scrivere dei libri che crescano con me".



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