Faranno inevitabilmente molto discutere le dichiarazioni di Martin Freeman sul celebre Metodo, originato dal regista russo Stanislavskij e adottato dall'Actor's Studio americano. Si tratta come probabilmente saprete di un metodo di recitazione che richiede la totale immedesimazione (spesso anche fuori scena) dell'attore col personaggio e che viene spesso contestato dalla maggior parte degli interpreti europei, soprattutto britannici (sir Anthony Hopkins si farebbe una bella risata, se gli chiedeste un'opinione in merito). Il fatto è che Freeman si è spinto un po' oltre e ha chiamato in causa addirittura Jim Carrey come esempio di un approccio sbagliato alla professione. E per di più per un ruolo per cui è stato (a nostro avviso) giustamente e unanimemente esaltato e per cui ha vinto il Golden Globe, ovvero quello del geniale e stralunato comico Andy Kaufman nel bellissimo film biografico Man of the Moon di Milos Forman, con cui l'attore canadese ha dichiarato di essersi identificato.
In un podcast del Telegraph, Freeman ha definito il Metodo un approccio "egoista e narcisista" alla recitazione, un pretenzioso trucco di Hollywood, "un modo di lavorare molto poco pratico, che io credo appartenga più al lato studentesco e accademico che a quello della capacità pratica". Continuando, l'attore inglese ha aggiunto: "A essere sinceri, è una vera rottura quando qualcuno "perde se stesso" È un'enorme rottura di palle perché non si tratta più di un lavoro e di una'arte".
E qua arriva la disamina dell'attore sulla performance di Jim Carrey, di cui dicevamo sopra. L'atteggiamento aggressivo e di disturbo di Carrey sul set gli provocò anche problemi sul piano dell'identità personale, come ha raccontato lui stesso nel documentario Jim & Andy: The Great Beyond. Freeman commenta in proposito:
Per me - e sono davvero certo che Jim Carrey sia una persona intelligente e adorabile - è stata la stronzata più auto esaltatoria, egoista e narcistica che abbia mai visto. L'idea che qualsiasi cosa nella nostra cultura lo celebri o lo sostenga è folle, letteralmente folle. Bisogna restare ancorati alla realtà, e questo non significa che non ci si possa perdere nel personaggio nel periodo di tempo che intercorre tra "azione" e "Stop", ma credo che tutto il resto siano solo pretenziose e molto dilettantesche scemenze. Non è professionale. Fai quello che devi, fai il tuo lavoro".
Ora, noi stimiamo moltissimo Martin Freeman che è un bravo attore e una persona adorabile, ma stavolta ci sembra che abbia calcato un po' troppo la mano: comprendiamo la critica degli eccessi, ma sta parlando di una delle migliori interpretazioni di un attore che ha sempre cercato, magari in modo discutibile, di mettersi alla prova. Qualcuno potrebbe rispondergli: l'importante è il risultato, non come ci si arriva. Ma molti altri gli daranno ragione. Voi che ne pensate?
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