Ci sono compiti che sono tipici della cronaca, quali documentare, esporre asetticamente e descrivere i fatti nella maniera meno personale possibile. Il Cinema, invece, può permettersi di andare oltre, di superare la documentazione sommaria, di focalizzarsi su particolari, dettagli, situazioni intime che possono essere prese come esempio per raccontare un macrocosmo ben più complesso. Stefano Savona, infatti, narra l'operazione israeliana a Gaza denominata “Piombo fuso” attraverso le memorie di una famiglia che, in quell'evento, ha perso quasi tutto.
I Samouni del titolo sono infatti una famiglia di contadini che vivono e lavorano nella città di Gaza, i ricordi dei quali permettono al regista di ricostruire tutto l'accaduto di quella terribile operazione. Le testimonianze sono state reperite circa un anno dopo gli eventi e all'interno di esse sono racchiuse le memorie della strage, le emozioni di disperazione e dolore ma anche di speranza e voglia di ricominciare.
Protagonista principale è Amal, la più giovane sopravvissuta della famiglia che ha rischiato la morte a causa di alcune schegge di bomba infilate nel suo cranio, la quale racconta dell'uccisione di suo padre, degli inaspettati bombardamenti e della paura di quelle ore, attorniate anche dalle voci di tutti gli altri membri della sua famiglia. Savona però non si limita a documentare, vuole cercare l'equilibrio giusto affinché lo spettatore si immedesimi nella situazione, così decide di affiancare alle parole dei sopravvissuti anche delle ricostruzioni dell'operazione israeliana, raccontate attraverso animazioni grafiche ad opera di Simone Massi che racchiudono nel loro stile la paura e l'evanescenza di un orribile momento ormai passato, come se lo spettatore si sforzasse di ricordare un evento vissuto in prima persona riconoscendo però solo alcuni momenti di esso. A questo si aggiungono altre scene realizzate in animazione digitale che raccontano il punto di vista dei soldati israeliani dal mirino delle loro armi, attraverso i quali le persone si trasformano in punti bianchi indistinguibili, mentre il pubblico cerca senza successo di riconoscere tra quelle macchie coloro che, fino ad un secondo prima, stavano raccontando la loro storia.
L'animazione sviluppata con la tecnica dell'incisione si sostituisce soprattutto ai ricordi dei bambini, riuscendo ad entrare nel cuore del pubblico scuotendolo da quel torpore che ormai, a causa di troppe notizie e di una distanza geografica non indifferente, ha desensibilizzato l'animo di molti cittadini occidentali che, ormai, vivono la questione islamica come passivi spettatori di fatti di cronaca ormai all'ordine del giorno. Savona, con il suo occhio e la sua scelta, riesce a penetrare chi guarda trasferendo la sua sensibilità e donando una nuova umanità ad una realtà troppo spesso disumanizzata. La finzione inserita in un contesto reale, infatti, permette paradossalmente di marcare ancora più incisivamente la realtà che circonda quelle scene animate, proiettando sullo schermo una storia che, inevitabilmente, lascerà qualche graffio intenso e profondo che la semplice cronaca non è in grado di lasciare.
Dopo la sua presentazione allo scorso Festival di Cannes, dal quale è tornato con il premio della Giuria Oeil d'or come miglior film documentario, La strada dei Samouni torna in Italia grazie alla Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro che lo ha proiettato il 22 giugno 2018. Il film sarà poi presentato il 24 giugno 2018 al pre-festival di Animavì di Pergola, il quale si terrà dall'11 al 15 luglio 2018.
(Samouni Road); regia: Stefano Savona; sceneggiatura: Stefano Savona, Penelope Bortoluzzi, Léa Mysius; fotografia: Stefano Savona; montaggio: Luc Forveille; musica: Giulia Tagliavia; produzione: Marco Alessi, Penelope Bortoluzzi, Cécile Lestrade, Simone Bachini; animatore: Simone Massi; origine: Italia, Francia, 2018; durata: 128'
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