martedì 27 giugno 2023

Emile Hirsh al Filming Italy Sardegna Festival: l'amore per il rischio il mito di Marlon Brando la gaffe con Tarantino

Il penultimo giorno del Filming Italy Sardegna Festival ci siamo concessi di partecipare a una festa in un locale all'aperto pieno di luci e terrazzato. Mentre ci scatenavamo al ritmo di "Mon amour" di Annalisa, abbiamo visto Emile Hirsch che ballava. Un po’ più in là c'era Matteo Garrone che beveva un drink e sorrideva contento, mentre Ricky Memphis, dall'alto, si guardava intorno incuriosito e intimidito. L'indomani, Hirsch si è seduto insieme a noi giornalisti e ha risposto con entusiasmo e dovizia di particolari alle nostre domande. Aveva gli occhiali da sole, e quindi non siamo riusciti a capire se avesse fatto o meno le ore piccole. L'attore ha cominciato i suoi racconti parlandoci di Sean Penn, che lo ha diretto nel bellissimo Into the Wild e lo ha voluto al suo fianco in Milk di Gus Van Sant: "Ho visto Sean qualche mese fa. Sono stato a casa sua e mi ha fatto davvero piacere incontrarlo. Stava lavorando, con un mio carissimo amico produttore, a un documentario. La sua assistente Sato, di cui sono amico da 18 anni, è arrivata con una bistecca gigantesca e l'ha lanciata sulla griglia, dicendo che era per me. È sempre molto bello ritrovare Sean. Ogni volta che ci vediamo, ci divertiamo tanto, come succede con gli amici con i quali hai vissuto un'avventura straordinaria, un viaggio epico. Non abbiamo mai più parlato di Into the Wild, perché è stata un'esperienza forte, toccante, ma ci è rimasta una familiarità che viene sempre fuori quando ci incontriamo".

Into the Wild è stato il film che ha imposto Emile Hirsch all’attenzione internazionale, incantando, con la vera storia di Christopher McCandless detto Alexander Supertramp, milioni di persone: "Credo che una delle ragioni per cui il film è piaciuto tanto e continua a incantare le persone è il fatto che a ispirare Chris McCandless è stato il desiderio di allontanarsi da una serie di pressioni che rischiavano di schiacciarlo. Molti si riconoscono in questo e vorrebbero poter fare la scelta che ha fatto lui. Credo che sia un impulso molto naturale per una persona sensibile  e intelligente, e penso che Chris abbia vissuto una versione alternativa della sua vita e che la sua storia, il libro che la racconta e il film siano la conseguenza diretta di quel cambiamento radicale. Secondo me il successo del film è dovuto proprio a questo desiderio di un'esistenza alternativa. È difficile giudicare il suo percorso e il suo nuovo modo di vivere, perché alla fine ha preso delle decisioni che lo hanno portato alla morte. Eppure le sue intenzioni erano buone, perché desiderava vivere con una maggiore autoconsapevolezza".

Christopher McCandless era un uomo che aveva l’abitudine di testare i propri limiti e, se possibile, di superarli. Emile Hirsch ci racconta che anche lui ha questa abitudine: "Come attore sono più felice quando il rischio che corro è grande. È un bel po’ che lavoro e, a questo punto, ho recitato in parecchi film, e quindi cerco di ascoltare il mio istinto. Se mi propongono un film e non so come interpretare il ruolo che mi offrono, e se il mio istinto mi porta in una direzione folle, assurda, allora mi butto. A volte ti rendi conto che interpretare un personaggio in un certo modo è rischioso, perché non puoi pretendere che il pubblico capisca immediatamente quello che hai cercato di fare, perché anche un'espressione o un gesto che appaiono fuori contesto o troppo in disaccordo con il ritratto iniziale del personaggio possono deludere e confondere lo spettatore, che pensa: 'Ma perché? Ma questi sono matti!'. Quindi non solo devi accettare di correre un rischio, ma devi anche avere la forza interiore per continuare quello che stai facendo. Insomma devi sentire un forte desiderio di andare sulla pista da ballo e metterti a ballare. Magari la gente che ti guarda scoppia a ridere, ma è importante che tu abbia la convinzione che, quando tutto sarà finito, e quindi il film sarà girato e montato, la tua danza avrà un aspetto bellissimo, insomma funzionerà".

Fra i numi tutelari, o gli attori preferiti di Hirsch c'è Marlon Brando. Emile adora infatti sia Fronte del porto che Un tram che si chiama desiderio: "Quando avevo 15 anni, il fidanzato di mia sorella mi fece vedere un film con Marlon Brando. Poi mi invitò a sedermi e mi disse: 'Questo è un attore strepitoso, si chiama Marlon Brando, dovresti vedere i suoi film. Guarda quanta verità ha dentro, guarda come fa bene questa scena'. Non so esattamente perché Brando mi piaccia. Di certo aveva qualcosa di molto vitale, di spontaneo, qualcosa che lo rendeva diverso da tanti altri attori del suo tempo. Ha cambiato il modo di recitare dell'epoca, che era molto piatto, a volte cantilenante. Ho letto un libro su di lui e ho capito che era un uomo molto interessante, schietto, che si è battuto per alcune nobili cause. Mi piace anche per alcune caratteristiche che hanno poco a che vedere con il suo essere attore. Ad esempio aveva una biblioteca enorme, non era uno che aveva fatto a malapena le scuole superiori. Aveva una cultura e ne capiva l'importanza. Io ho fatto a malapena il liceo, ma sono uno di quelli che pensano che nella vita si possa continuare a imparare. Sono sempre stato una persona curiosa e penso che la curiosità sia una caratteristica bellissima".

Emile Hirsch ha lavorato con registi importanti. Fra questi c'è Quentin Tarantino, che, in C’era una volta... a Hollywood, gli ha affidato la parte di Jay Sebring, che fu una delle vittime degli omicidi della famiglia Manson. Per l’attore la collaborazione con il regista di Pulp Fiction resta fra gli episodi professionali indimenticabili della sua carriera: "Adoro Quentin Tarantino. Quando ero ragazzo, impazzivo per i suoi film. È stato uno dei primi registi che ho conosciuto a Hollywood. Avevo 14 anni ed ero stato invitato all’anteprima de Il miglio verde, ed ero seduto al tavolo insieme a una ragazza che frequentava la mia stessa scuola. Credo che Quentin conoscesse la madre, perché si è avvicinato a noi per salutarla, e anche io l'ho salutato e gli ho detto che adoravo Le iene - Cani da rapina. A quel punto mi ha chiesto: 'Qual è il tuo cane da rapina preferito?’, ma lo ha detto a velocità supersonica, e io ho capito soltanto la parola 'cane', così ho risposto: 'Il dalmata'. E lui: 'No, no, no, intendevo cane da rapina'. A quel punto ho balbettato: 'Mr. Blonde', ed è stato un momento davvero buffo perché non avevo capito niente. In ogni modo penso che Tarantino sia uno dei più grandi registi cinematografici di sempre. È stato fantastico poter lavorare con lui, anche se in un ruolo secondario. La cosa più bella dell'esperienza di C'era una volta... a Hollywood è che apparivo in molte scene, e quindi ho avuto l'opportunità di osservare Quentin a lungo. In 6 mesi ho avuto 90 giorni di lavoro, e quindi l’ho studiato, ho trascorso del tempo con lui e ho cercato di imparare qualcosa da lui. Ha un'energia fantastica. Mi ha spronato a fare meglio e mi ha messo sulla strada giusta. Appena ho ottenuto la parte, non l'ho capita bene, ma Tarantino sapeva che era adatta a me. Ho commesso l'errore di guardare le interviste fatte al vero Jay Sebring, che era completamente diverso dal personaggio che Quentin voleva farmi interpretare, ma io non potevo saperlo, quindi l'ho fatto come potevo. Quentin mi ha chiamato e mi ha detto: 'Non va bene. Questo non è un biopic, hai il permesso di renderlo molto più flamboyant'. Tutti volevano bene a Jay Sebring, che davvero era un tipo eccentrico e sopra le righe". 

Emile Hirsch accenna ad alcuni progetti futuri prima di congedarsi da noi: un film sul poker intitolato Degenered, il film di mafia Inside Man e il thriller Walden.



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