Il Cineforum Falso Movimento che ha ripreso da poco la propria attività da appuntamento per martedì 6 Ottobre alle ore 20.45 al Cinema San Nicola di Cosenza dove è in programma il film più "cool" della stagione, un titolo destinato ad essere alonato dall'aura del cult e non soltanto tra gli appassionati del genere sci-fi. Per il ciclo "Ugo G. Caruso è il ciudadano ilustre" sarà proposto infatti The vast of the night (L'immensità della notte - USA 2019), folgorante esordio di Andrew Patterson che sotto lo pseudonimo di James Montague è pure autore con Craig W. Sanger della sceneggiatura. A proporlo e a presentarlo sarà per l'appunto il nostro amico e storico del cinema Ugo G. Caruso che incuriositosi subito a questo piccolo film, scovato tra le pieghe dell'ultima edizione della Festa del Cinema di Roma, ne rimase entusiasmato contro le impressioni dominanti dei pochi che lo avevano visto. "Sembra incredibile - fa notare Caruso - che il film sia stato dapprima scartato da ben diciotto festival per prendersi poi molte rivincite". Dapprima allo Slamdance Festival dove ha vinto il premio del pubblico come miglior film narrativo. In seguito è stato proiettato al Toronto International Film Festival 2019. Ha vinto inoltre il premio della giuria all'Overlook Film Festival 2019 e un premio speciale all'Hamptons International Film Festival 2019. In seguito è stato nominato come migliore prima sceneggiatura agli Independent Spirit Awards e miglior lungometraggio internazionale al Edinburgh International Film Festival 2019. Proiettato in alcuni drive-in americani, sarebbe dovuto uscire immediatamente prima del lockdown, dal quale invece è rimasto bloccato.
Ecco in breve la trama New Mexico, fine anni '50. A Cayuga (e qui già si cita la casa di produzione con cui Rod Serling a partire dal 1959 realizzò la celebre serie "The Twilight Zone da lui ideata e trasmessa dalla CBS) sta per giocarsi una partita di basket scolastico e il DJ Everett sarà poco distante a tenere alla radio la propria trasmissione. La sua amica Fay invece ha il turno notturno da centralinista. I due si lasciano dopo aver parlato delle possibili invenzioni del futuro, ma le loro storie si riannodano quando un misterioso segnale arriva sulle linee telefoniche. Fay lo fa ascoltare a Everett, che decide di volerne sapere di più e lo trasmette sperando che qualcuno risponda all'appello. Arriva così la telefonata di Billy, che racconta di aver già sentito quel suono quando era nell'esercito. Un blackout però interrompe le comunicazioni radiofoniche e conferma che sta davvero accadendo qualcosa nella piccola cittadina. I due giovani spinti dalla loro curiosità e dallo spirito d'avventura finiranno per scoprire un episodio accaduto nella loro cittadina molti anni prima e poi rimosso dalla memoria collettiva della piccola comunità. Ma in quella notte d'una estate ancora acerba molti segnali convergono nel far credere che qualcosa di inesplicabile e forse di ineluttabile sta per ripetersi...
The Vast of Night è un film autoprodotto, costato solo 700.000 dollari, autoprodotto dallo stesso Patterson e girato in soli 17 giorni che con pochissime risorse (al posto dei costosi carrelli sono stati usati dei go-kart per le riprese più funamboliche) è riuscito a tessere l'illusione dell'epoca che racconta e di un'opera in pellicola ricca di suspense. Questo grazie alla complessa fotografia, volutamente polverosa – le cui riprese, dal momento che la storia si svolge nell'arco di poche ore notturne, si sono svolte all'alba e al tramonto girando a 2000 ISO – e, soprattutto, all'uso claustrofobico del suono; quando manca la prima, sostituita più volte da uno schermo nero, il suono continua, costringendo lo spettatore ad ascoltare col fiato sospeso più che a guardare. Dietro l'opera Sci-Fi si può trovare un concetto molto interessante da esplorare: la fantascienza del passato è sempre stata la rappresentazione di un futuro tragico, di alieni come mostri e di guerre tra gli stessi e l'umanità, ripartendo poi con Spielberg e la sua idea di extraterrestre sì misterioso, ma buono e positivo; invece negli anni '90 e 2000 il genere spinge per riportare l'alieno come minaccia attraverso i disaster movie (La guerra dei mondi, Independence Day) o sfrutta il diverso per mostrare quanto può essere oscura l'umanità (A.I Intelligenza artificiale). Questo genere si scontra però con opere più positive, che trovano un epilogo assolutamente non violento in un viaggio proficuo pieno di meraviglia come Contact (e oggi Arrival), cultrici della fantascienza che celebra la comunicazione pacifica con l'ignoto o che vede nell'universo la possibilità di un aiuto. The Vast of Night forse non ne ha la pretesa, ma sembra voglia riportare lo spettatore a liberarsi dalla comfort zone dei concetti filosofici conosciuti e lasciarsi trasportare dall'unico motore che non passa mai di moda: l'immaginazione. Il film di Andrew Patterson potrebbe essere un episodio televisivo di Ai confini della realtà, ma rimanda anche, soprattutto in fatto di trama, a film come Invaders, che pur immersi nella vecchia fantascienza di serie B degli anni '50, riuscivano comunque a porsi dei dubbi sulle figure extraterrestri e sulla loro possibile malignità. Patterson non risponde alla domanda, chiedendo invece al pubblico, attraverso la sua opera, di immaginare la risposta.
Attingendo alla vastissima letteratura fiorita intorno all'avvistamento nel 1947 a Roswell, non a caso nel New Mexico, dei primi UFO e alla mitologica Area 51, il film contiene tutta l'iconografia della provincia americana più profonda negli anni '50, ad un passo dall'era kennedyana ma anche della definitiva perdita dell'innocenza per il conflitto in Vietnam, pervasa dalle angosce tipiche dell'era della Guerra fredda rispettoal pericolo di un'infiltrazione nemica o peggio, di un attacco nucleare, proiettate nel fiorente cinema di fantascienza coevo che visse infatti proprio allora la sua Golden Age. In The vast of night c'è uno di quei tipici micromondi di cui il cinema ha fissato il mito e alimentato la nostalgia: la piccola comunità coesa e riunita intorno ad un evento sportivo o un ballo scolastico, il rock and roll, il juke-box, il bowling, il barbecue domenicale, la minuscola stazione radio locale nello stile del Lonewolf di American Graffiti. Anche qui, come nel film di Lucas, la vicenda si svolge tutta in una notte, sebbene le dimensioni della cittadina e il deserto tutto intorno facciano pensare più a L'ultimo spettacolo di Peter Bogdanovich. Ma non c'è adulterazione nostalgica nel film, anzi affiorano sottili elementi di critica sociale laddove a svelare gli elementi più inquietanti di quanto accade sono due figure che in quella società non hanno voce: il nero, storicamente vessato ed emerginato e la donna, subalterna e conformata ad una società a guida maschile. Ricostruzione preziosa dell'America degli anni '50, The Vast of Night stupisce per la sua estetica seducente: i lunghissimi piani sequenza che ci inoltrano nell'alternarsi di luci e ombre della cittadina, la qualità leggermente sgranata dell'immagine e le inquadrature dei locali abbandonati che si stagliano nella notte, che ci ricordano le solitudini dei sobborghi nei quadri di Hopper. Patterson riesce a traslare l'animo profondo dell'America della guerra fredda e della segregazione razziale, ma anche delle gonne sotto al ginocchio, delle buone maniere e del conformismo dilagante, tramite un gioco di sottrazione di immagini spettacolari e attraverso una sovrabbondanza di testimonianze orali, che contribuiscono a creare un senso di inquietudine strisciante. Un piccolo film "indie" che oltre a candidarsi a diventare, come detto, un cult del genere, come già accaduto in passato con Steven Spielberg, Steven Soderbergh, Paul Thomas Anderson ed altri cineasti americani contemporanei, può essere la rivelazione di un grande talento.
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