Quando già ero grande, ma ancora troppo stupido e troppo pigro per farlo da solo, mio padre mi regalò i biglietti per andare con lui al Teatro Sistina a vedere "L'addio del Mattatore", lo spettacolo di addio alle scene di Vittorio Gassman.
Gassman morì l'anno successivo, e oggi sono passati vent'anni. Non sarò mai abbastanza grato a mio padre per avermi regalato quei biglietti, e per avermi portato a teatro assieme a lui.
Vittorio Gassman, a casa mia, è sempre stato un mito. Ma non è solo per questo che è stato il mio attore italiano preferito, da giovane e fino a quando ho capito che non c'era mica bisogno di scegliere tra i tanti geni che hanno attraversato il nostro cinema.
D'altronde Gassman, alto, bello, elegante, con quel suo carisma, il suo tono di voce imperioso e prorompente, la sua cultura prodigiosa e un'ironia capace di essere dolce e feroce, era una figura che era impossibile ignorare, e che colpiva l'immaginazione di un bambino assai più della follia di un Sordi, dell'acidità di un Tognazzi, o della mollezza di un Mastroianni.
Gassman era Brancaleone da Norcia, con quel suo parlare ampolloso e ridicolo. Gassman era quello che rideva e gridava e guidava come un pazzo la macchina decappottabile del Sorpasso. Gassman era quello che, quando leggeva Dante in tv, t'intimoriva e ti ipnotizzava con la voce, e il pathos, e l'interpretazione.
Gassman era tantissime cose, ed era Vittorio Gassman, e non potevo non amarlo e ammirarlo.
Non ho mai smesso di farlo. E anche oggi che, non più bambino, apprezzo appieno la follia di Sordi, l'acidità di Tognazzi e (soprattutto) la mollezza di Mastroianni, il riflesso è pavloviano:
- Qual è il tuo attore italiano preferito?
- Vittorio Gassman.
D'altronde faccio parte di quella generazione che venerava trasmissioni come "Tunnel", e che impazziva di fronte a Vittorio Gassman che leggeva menù del ristorante, bollette della luce, le analisi del sangue o gli ingredienti dei biscotti allo stesso modo in cui aveva letto "La Divina Commedia".
Che tra un programma e l'altro, alla tv, lo vedeva nei panni di Nostradamus terminare con le parole "Questo lo ignoro" e una smorfia inconfondibile lo spot di una grande banca.
Questi piccoli tesori li ritrovate facilmente su YouTube.
E sempre su YouTube trovate due cose bellissime, che mostrano - in modi e motivi diversi - tutta la grandezza di Vittorio Gassman, attore e uomo.
Una è l'incontro-scontro con un altro gigante come Carmelo Bene, avvenuto nel gennaio del 1984 nell'ambito di un seminario sul teatro organizzato all'Università La Sapienza.
L'altra è la prima puntata di "Perdenti", trasmissione firmata da quei grandissimi autori e conduttori tv che sono stati Gloria De Antoni e Oreste De Fornari, tra le cose migliori che ci ha regalato la mai abbastanza rimpianta Rai 3 di Angelo Guglielmi, in cui Gassman - che con tutto era identificato tranne che con la figura del perdente - parla con commovente sincerità della depressione che si era impadronita di lui negli ultimi anni della sua vita.
Poi, certo, c'è il cinema, ma quello lo sapete tutti, o dovreste saperlo, ed è inutile che stia qui a ricordare l'importanza di rivedere I soliti ignoti, La terrazza, o La famiglia, o I mostri, o uno qualsiasi degli innumerevoli capolavori interpretati da Gassman in carriera.
E, se siete fortunati, potrebbe capitarvi quel che è capitato a me pochi mesi fa, quando Figlia Piccola ha visto Il Re Leone per la prima volta, e io mi sono emozionato e commosso quando, seduto a fianco a lei, ho avuto un'epifania, accorgendomi di aver dimenticato che la voce di Mufasa era quella dell'attore italiano che ho amato più di tutti gli altri: Vittorio Gassman.
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