In questi anni destabilizzanti e confusi le famiglie non sono più solo quelle di sangue, ma delle accozzaglie anomale di scelte preferenziali per vicinanza di gusto, di genere, di sguardo.
Ema (Mariana Di Girolamo) è una bella ragazza con i capelli decolorati bianchi, indossa tutte sportive rosse con le righe bianche ai lati delle gambe e giubbotti oversize che le nascondono la figura.
È magra, slanciata, la pelle del viso diafana, lo sguardo penetrante come un diamante. È sopra i vent'anni ma sotto i trenta.
Nelle prime scene si presenta in un ufficio da dove viene subito scacciata da una funzionaria che non le vuole fornire notizie di Polo, il suo bambino adottivo di cui ha perso le tracce.
Attraverso un dialogo allusivo, affatto esplicativo, lo spettatore desume che deve essere accaduto qualcosa di grave, un incidente in cui qualcuno si è ustionato, di cui il bambino risulterebbe essere il colpevole.
Ema va alle prove dello spettacolo, balla davanti a un sole infuocato sullo sfondo, un gruppo di ballerini eseguono una danza circolare dalla perfetta sincronia, sotto gli occhi del regista.
È Gaston (Gael García Bernal), il coreografo con cui Ema è sposata che ha dodici anni più di lei.
Una crisi è in atto tra loro, ne sono consapevoli tutti coloro che sono loro intorno, cominciano a diventarne consapevoli anche i due diretti interessati.
Ema va via di casa, pronuncia parole dure nei confronti dell'uomo, ha una carica distruttrice negli occhi, una caparbia ai limiti dell'ossessione, la stessa che mette nella sequenza di movimenti ritmati e selvaggi del reggaeton.
Per le strade della città di Valparaíso, Ema si muove di giorno e di notte, selvatica come un animale in gabbia, vendicativa come un'eroina da tragedia greca, alla ricerca di qualcosa e di qualcuno che la accolga, da accogliere, da baciare, da cui essere toccata.
Come in un labirinto pieno di trappole nascoste il film si dipana tra scene di sesso allucinato, spettacolari incendi di macchine e semafori, la baia del porto come una quinta per coreografie di gruppo e di assoli da videoclip, in una quadriglia da girotondo davanti ad uno specchio con la attuale coppia adottiva dello stesso bambino che Gaston e Ema hanno mandato indentro come un pacco postale.
Una storia senza moralismi, libero nella forma e nel contenuto, onesto nel disorientare attraverso il disorientamento dei personaggi, senza possibilità di essere etichettato in un genere. Contemporaneo nel descrivere la libertà sessuale tra i giovani, lo spregio delle convenzioni, la speranza di potersi ancora inventare una modalità di vita diversa, nuova, senza confini né regole imposte.
(Ema); Regia: Pablo Larrain; sceneggiatura: Guillermo Calderón, Pablo Larraín, Alejandro Moreno; fotografia: Sergio Armstrong; montaggio: Sebastián Sepúlveda; musica: Nicolás Jaar; interpreti: Mariana Di Girolamo, Gael García Bernal; produzione: Fabula (Juan de Dios Larraín); origine: Cile, 2019; durata: 102'
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