giovedì 22 febbraio 2024

La Zona d'Interesse di Jonathan Glazer in corsa per L'Oscar: uno sguardo nuovo e glaciale sulla banalità del male

Prima ancora di un film, prima che questo film che si chiama La zona d’interesse venisse perfino pensato, c’era un romanzo. Un romanzo omonimo - in Italia lo pubblica Einaudi - scritto da quello che è stato uno dei più grandi autori letterari degli ultimi cinquant’anni: Martin Amis.
Di Amis, “La zona d’interesse” è stato l’ultimo vero e proprio romanzo, prima che l’inglese si dedicasse alla saggistica in un primo momento, con “L'attrito del tempo”, e a quella che oggi si chiama autofiction con il suo ultimo libro, “La storia da dentro”. Un romanzo che andava a toccare, in maniera personale, un tema duro e importante come quello dell’Olocausto.
La notizia che il romanzo di Amis sarebbe diventato un film era di per sé già interessantissima, ma lo è stata ancora di più quando si è saputo che a scrivere e dirigere l’adattamento sarebbe stato Jonathan Glazer.

Jonathan Glazer e il talento dell'immagine: da mago dei videoclip degli anni 90 a candidato all'Oscar per la Zona d'Interesse

Chiunque sia stato appassionato di musica ai temi di quella che è stata la Golden Age del videoclip, gli anni Novanta, sa benissimo che Glazer è stato uno dei massimi esponenti di quella forma di audiovisivo: uno che con gente come Spike Jonze, Chris Cunningham, Michel Gondry e Mark Romanek era una divinità di quel settore; l’autore di video indimenticabili come quelli di “Kamacoma” dei Massive Attack, “Virtual Insanity” di Jamiroquai, “Karma Police” dei Radiohead e soprattutto quel capolavoro assoluto di “Rabbit in Your Headlights” degli U.N.K.L.E., che vedeva protagonista Denis Lavant.
Anche autore di apprezzati e premiati spot pubblicitari, come molti dei suoi colleghi ha compiuto il passaggio verso il cinema, che appare ancora, a dispetto della sua presunta crisi, come l’approdo inevitabile e naturale per chi lavora con le immagini in movimento.
Ed è stato chiaro fin da subito che Glazer non sarebbe facilmente scivolato nel dimenticatoio.
Il suo primo film - un gangster movie decisamente particolare - arriva nel 2000, si intitola Sexy Beast, vede protagonista uno spettacolare Ben Kingsley e ottiene premi e nomination in tutto il mondo. Ed ha ispirato una serie tv che è da poche settimane disponibile in streaming su Paramount+.
Il successo di Sexy Beast spinge Glazer ad andare avanti, ma senza fretta, e gli spalanca le porte dei grandi festival internazionali: nel 2004 in concorso al Festival di Venezia c’è Birth - Io sono Sean, interpretato da una memorabile Nicole Kidman dai capelli corti nei panni di una donna, una giovane vedova che, in procinto di sposarsi di nuovo, si trova a dover fare i conti con un bambino che sostiene di essere la reincarnazione del primo marito morto.
Elegante, algido e tagliente, psicologicamente complesso, Birth conferma il talento di Glazer anche sul grande schermo, e la sua voglia di non scendere mai a facili compromessi, come dimostra anche il successivo Under the Skin, l’insolito e avanguardistico film di fantascienza che arriva nel 2013 (di nuovo in concorso a Venezia) e che vede Scarlett Johansson nei panni di una seducente e letale aliena.
Under the Skin suscitò reazioni forti, dividendo la critica, ma tutti sono dovuti essere d’accordo riguardo il talento per l’immagine di Glazer, e la sua voglia di raccontare storie con modalità narrative personali e mai scontate.
Una voglia confermata in tutto e per tutto, e anzi portata all’estremo, in La zona d’interesse.

La Zona d'interesse, di cosa parla il film: La trama e il trailer ufficiale in italiano

Presentato in concorso al Festival di Cannes 2023 - per amara ironia della sorte a pochi giorni dalla morte di Martin Amis - La zona d’interesse ha vinto sulla Croisette un meritato Grand Prix Speciale della Giuria, e ora si presenta al pubblico italiano - che lo potrà vedere dal 22 febbraio grazie a I Wonder Pictures - con segnate sul suo biglietto da visita anche cinque pesantissime candidature al premio Oscar: quelle come miglior film, miglior film internazionale, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale e miglior sonoro.
Sono candidature che, già da sole fanno capire molto di questo film: del suo valore assoluto, certo, ma anche del lavoro particolarissimo svolto da Jonathan Glazer nel portare sullo schermo il romanzo di Amis, che viene asciugato, essiccato, spogliato da ogni orpello narrativo e ridotto alla glaciale messa in scena della più proverbiale e agghiacciante banalità del male.
Come probabilmente già sapete, La zona d’interesse racconta la quotidianità di una famiglia che vive serena e ordinata in una bella villetta con giardino, con tanto vialetti, serra, una piccola piscina per i bambini e le arnie per il miele, a un passo dall’orrore più indicibile: quello del campo di concentramento di Auschwitz, che incombe opprimente sempre e soltanto come uno sfondo attrice, un sottofondo prima sonoro che visivo, ignorato dal padrone di casa - Rudolf Höss, il nazista che è il responsabile del campo - così come dalla sua famiglia.
Con La zona d’interesse la cifra stilistica di Glazer, la sua astrazione, la sua freddezza, a una raffinazione difficilmente superabile, facendo, attraverso suoi e immagini, lame affilatissime dei suoi noti spigoli psicologici.
Di film come questo, che raccontano l’indifferenza di fronte all’orrore, e le sue conseguenze anche in chi la esercita, in tempi come quelli in cui viviamo c’è sempre più bisogno.



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