Nel giugno del 2004 ci lasciava Nino Manfredi, nato quasi 100 anni or sono, il 22 marzo del 1921: vita e parte della carriera del grande attore sono narrate affettuosamente nel film In arte Nino, dove l'artista scomparso è interpretato da Elio Germano, in compagnia di Miriam Leone, Stefano Fresi, Leo Gullotta e Giorgio Tirabassi. Ma quale periodo esattamente della vita di Nino Manfredi è raccontato in In arte Nino? Scopriamo insieme come si articola il film diretto da Luca Manfredi, figlio di Nino (le sorelle sono, per la cronaca, Roberta e Giovanna Manfredi).
In arte Nino, il periodo raccontato dalla fiction su Nino Manfredi
Quando la II Guerra Mondiale non è ancora finita ma anzi l'Italia entra in una fase ancora più drammatica di lacerazione civile, nel 1943, Nino Manfredi è un giovane di 22 anni, miracolosamente sopravvissuto a tre anni di sanatorio per tubercolosi (l'idea del "miracolo" tornerà poi nel suo miglior lavoro da regista quasi trent'anni dopo, Per grazia ricevuta). Smarcatosi da una laurea in legge che il padre Roberto avrebbe voluto prendesse, deciso forte dell'Accademia d'Arte Drammatica a diventare attore, comincia a recitare con il collega Tino Buazzelli, fino a toccare finalmente la popolarità nel 1959 con Canzonissima. Avviene poco dopo l'incontro con la modella Erminia Ferrari, che diventerà sua moglie e che nel 1958 darà alla luce proprio Luca.
La sceneggiatura di In arte Nino è stata scritta a sei mani da Dido Castelli, dallo stesso Elio Germano e naturalmente da Luca Manfredi, che intendeva omaggiare il padre... e non ha smesso di farlo, visto che nel 2021 arriverà il documentario Uno, nessuno, cento Nino, in occasione del centenario dalla nascita di Manfredi sr.
In arte Nino, un doppio omaggio da un figlio e da un attore
Coautori del biografico In arte Nino sono senz'altro Luca Manfredi ed Elio Germano, l'attore scelto per il difficile compito di reincarnare uno degli artisti simbolo della cosiddetta commedia all'italiana. In un'intervista a TVZap Germano dichiarò:
Gli attori una volta erano un po’ come i calciatori oggi. [...] Erano uno specchio della nostra società. Quello era un cinema che aveva come obiettivo raccontare il nostro paese. [...] Fare l’attore era come tutti gli altri mestieri. [...] Con questo film abbiamo cercato di rendere omaggio a un’epoca, fatta non solo di attori, ma anche di spazzini, idraulici, muratori, di persone che si identificavano di più con il proprio lavoro, perché c’era ancora un’idea di collettività molto forte, che forse derivava dal nostro mondo contadino. Questo garantiva alle persone di trarre soddisfazione dal proprio mestiere più che dallo stipendio che ne derivava. [...] Il pubblico percepiva questi attori quasi come persone di famiglia. Questo li ha resi speciali ed è il motivo per cui li ricordiamo ancora oggi.
Per Luca Manfredi il progetto ha preso vita proprio grazie all'impegno di Elio Germano: "mi ha seguito in questa avventura spericolata, senza di lui non so se sarei riuscito a fare questo film". In conferenza stampa, Luca dichiarò (via TVBlog):
Nino era umanità, studio attento dei personaggi e innata ironia. Questo non è un film celebrativo della sua carriera, ma è la storia di un ragazzo della Ciociaria che ce l’ha fatta con la sua tigna. Non era nemmeno nato col sacro fuoco della recitazione, l'ha scoperto strada facendo all'università.
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