Sono state due le candidature ai David di Donatello 2021 ricevute da Gli anni più belli, il film diretto da Gabriele Muccino che era uscito nelle nostre sale il 13 febbraio dello scorso anno per poi tornarci in luglio, in quel breve periodo di riapertura delle sale prima della nuova serrata autunnale dovuta alla pandemia, con un incasso totale che ha superato i 5 milioni e 600mila euro.
Vicenda generazionale contemporanea, chiaramente e dichiaratamente ispirata a quel monumento del cinema nazionale che è il C'eravamo tanto amati di Ettore Scola, Gli anni più belli è stato candidato per la miglior attrice protagonista (Micaela Ramazzotti) e per la miglior canzone originale, un brano omonimo composto ed eseguito da Claudio Baglioni.
Solo due nomination, però, sono sembrare un'ingiustizia al suo autore, che si Twitter ha animato nel corso delle ultime ore una polemica piuttosto accesa contro il David e, ancor di più, contro certi film che hanno ottenuto un numero assai più elevato di candidature.
Questo è il primo tweet di Muccino:
In realtà la polemica era inziata ancora prima, quando Muccino - che nel 2019 ha ricevuto il neonato David dello Spettatore, il premio destinato al più alto incasso italiano dell'anno, con il suo precedente A casa tutti bene - aveva commentato un articolo pubblicato sul sito della rivista Rolling Stone in cui si definiva Gli anni più belli il film più snobbato dai David, dichiarandosi d'accordo ("Non dovrei dirlo, ma sono d’accordo. Non dovrei dirlo, lo so.", recitava il suo tweet).
Poi, evidentemente, il regista - che non è nuovo a esternazioni polemiche riguardo il trattamento a suo parere ingiusto che la critica in generale riserva ai suoi film - ha deciso di dirla tutta, rivolgendosi direttamente ai giurati dei David.
E, da quel momento, gli argini si sono rotti, perché il tweet successivo di Muccino è stato questo:
L'uscita, in questo caso, non è stata esattamente elegante. Non solo perché Muccino esprime nel tweet un parere sottilmente (ma nemmeno tanto) sprezzante nei confronti di un film, Favolacce, diretto da due giovani colleghi, ma anche perché arriva appunto successivamente all'ammissione del suo disappunto nei confronti delle scelte dei giurati dei David.
Questo tweet di Muccino è stato oggetto di numerose critiche e altrettante ironie, il cui tenore penso sia facile per tutti immaginare, ma non per questo il regista ha ritenuto di scusarsi o giustificarsi, proseguendo anzi con coerenza un suo personale ragionamento:
Le risposte a chi lo criticava online sono state anche di questo tenore:
Ognuno di voi è libero di avere il suo parere su questi scambi, che possono essere approfonditi visitando l'account Twitter di Muccino.
Vorrei anche esprimere il mio, in qualità di critico, utente dei social nonché giurato dei David: non mi indigna né mi fa sentire particolarmente chiamato in causa se Muccino sostiene pubblicamente che "questa volta l'avete fatta grossa", riferendosi appunto a chi vota i premi. È la sua opinione, e io la rispetto, come credo e spero rispetti lui me se dico di non aver votato per il suo film in nessuna categoria per la quale sono stato chiamato a farlo nel primo turno delle votazioni dei David.
È mia opinione, anche, che l'aver tirato in ballo Favolacce e i suoi autori è stato un gesto che Muccino si sarebbe potuto evitare, specialmente in questo contesto. Così come è mia opinione che Favolacce abbia meritato tutte e 13 le nomination ai David che ha ottenuto.
E però, a dispetto di tutto questo, non posso non provare una qual certa simpatia per un regista che, nel panorama attuale, dove nessuno critica più nessuno e tutti sono spesso ipocritamente gentili gli uni con gli altri, non sia capace di trattenersi e dica cose magari scoordinate, magari inopportune, ma anche sincere.
Certo, forse Muccino dovrebbe ricordare che i contesti dai quali partivano le sublimi scaramucce tra Bene e Gassman, o tra Moretti e Monicelli, partivano da basi più ampie e più nobili della disputa attorno a un pur importantissimo premio cinematografico: riguardavano idee che e visioni delle cose che non si esaurivano in un premio, e che venivano discusse in contesti migliori di quelli di un social, e soprattutto attraverso un confronto diretto e paritario.
Resta da sperare che, esaurita la polemica su Twitter, e magari superati anche i David, eventuali discussioni sul cinema e suo film che volessero vedere autori e registi darsela di santa ragione (dialetticamente parlando, s'intende) possano esseri e venire condotte secondo modalità più interessanti anche per il pubblico e per gli addetti ai lavori. Forse ce ne sarebbe anche bisogno.
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