Se siete abbonati a Sky, il consiglio spassionato è quello di non perdere l'occasione di vedere Quasi Natale, film scritto e diretto da Francesco Lagi a partire da un suo omonimo spettacolo teatrale che sarà disponibile on demand su Sky Primafila a partire dal 26 febbraio (se non siete abbonati Sky, dovete avere la pazienza di aspettare che debutti anche su qualche altra piattaforma).
Realizzato in totale indipendenza, con la produzione di Alfredo Covelli e della sua Meproducodasolo, e in assoluta libertà creativa, il film racconta di tre fratelli, e della fidanzata di uno di loro, che mentre siamo quasi a Natale - appunto - si rirtovano nella grande e vecchia casa di famiglia in riva a un lago, riuniti dalla volontà di una mamma malata e in ospedale, che non vediamo mai, e che deve dire a tutti loro qualcosa di importante.
Quasi Natale è un film dalle atmosfere magiche e rarefatte, capace di essere al tempo stesso (e mai del tutto completamente) dramma e commedia, naturalista e surreale, commovente e misterioso.
A interpretare i protagonisti, ci sono gli stessi attori che li hanno portati in scena a teatro, tutti membri della compagnia teatrale di Lagi, che si chiama Teatrodilina: sono Anna Bellato, Silvia D'Amico, Francesco Colella e Leonardo Maddalena.
Se i risultati di Quasi Natale sono quelli, ottimi, che sono, il merito è sicuramente di Lagi (un autore vero, nel senso più compiuto del termine, e sarebbe ora che qualcuno se ne rendesse conto), ma anche di questi interpreti, e della modalità di lavoro che hanno costruito assieme nel corso di tanti anni di collaborazione. E, forse, mi permetto di aggiungere, anche delle sue peculiarità produttive, caso quasi unico in un sistema cinema in cui le produzioni non sono sempre pronte a lasciare altrettante indipendenza e libertà ai loro autori, nel nome di presunte esigenze commerciali. O algoritmiche.
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Quasi Natale dal teatro al cinema
"La trasmutazione - mi piace usare questa parola - dal teatro al cinema è stata piuttosto naturale," ha spiegato Francesco Colella. "Certo, nella diversità del linguaggio c'erano da gestire delle cose, ma abbiamo potuto farci forza di un linguaggio comune che abbiamo rodato negli anni: la scrittura di Francesco, il nostro modo di stare in scena, ci hanno aiutato tantissimo."
"Penso fossimo consapevoli del mezzo in cui ci stavamo esprimendo," ha aggiunto Anna Bellato. "Nonostante il testo fosse rimasto uguale, sapevamo di andare a immergerci in una nuova forma. Lagi ci ha lasciato la libertà e la serenità per trovare che quella per noi era comunque una zona comoda. Questo film, rispetto a altri, ha la particolarità di avere tante prove alle spalle: i personaggi ce li avevamo appiccicati addosso. Il ghiaccio lo abbiamo rotto rispetto all'ambiente, a una casa che è come noi protagonista del film."
"A gennaio avevamo debuttato con lo spettacolo, e a marzo ci siamo trovati su un set. Nel frattempo eravamo andati in turnè con un altro spettacolo ancora, e quindi in maniera semplice e naturale ci siamo ritrovati in una casa per girare il film. Come continuazione naturale del nostro lavoro," ha aggiunto Leonardo Maddalena. "La casa, in maniera del tutto fortunosa, aveva corrispondenze reali con la storia che andavano a raccontare e questo dato di realtà ci ha costretto ad un rapporto molto concreto con la recitazione e con le emozioni dei nostri personaggi. Altra cosa importante sul set è stato il non procedere frammentando le scene come succede di solito, ma nel rispetto cronologico di come erano state scritte. Questo ci ha costretti ad una concretezza che è difficile trovare su un set. Non potevamo barare, non potevamo nasconderci. Ad ogni ciak c’era una scena da fare dall’inizio alla fine, e andava fatta bene, questo ci agevolava da una parte ma ci costringeva anche a rischiare dall’altra. Fondamentale anche è stato il rapporto con la macchina da presa che è entrata come un ospite all’interno della nostra casa e del nostro racconto. Di solito mi sento io ospite sul set e succede che il mio lavoro deve sempre adattarsi alla macchina da presa; in questo caso invece è successo esattamente il contrario: era la macchina ospite nelle nostre vite e testimone dei nostri sentimenti e doveva lei seguirci."
"Per quanto film, grazie al teatro, sia stato provato tanto, proviamo sempre per sentirci precari in scena," ha sottolineato Colella. "Ogni volta che cominciamo uno spettacolo ci nutriamo grazie a Lagi di uno stato di incertezza che in qualche modo entra nei personaggi. E quello stesso tipo di precarietà l'avevamo anche sul set. Non si tratta di insicurezze ma di una precarietà necessaria per lasciare che emerga la freschezza di quello che accade."
"Ogni volta che riproponiamo uno spettacolo ci rimettiamo in discussione. Quello che accade col Teatrodilina, e in questo film, è che la ricerca della verità è diversa da quella che si fa altrove, è particolare,” ha detto Silvia D’Amico. “Recitare con loro è come essere di fronte alla tua famiglia, che ti conosce benissimo, ma di fronte alla quale hai anche una forma di imbarazzo, perché ti conosce così bene che è pronta a sgamarti subito se nascondi qualcosa, mettendoti così in una situazione di libertà e soggezione assieme. La conoscenza tra noi è talmente profonda che la sensazione che ho è che la qualità della recitazione e dell'ascolto reciproco sia diverso da quello nelle altre esperienze: e riesco in cose che con un altro regista e un altro gruppo non potrei fare."
Teatrodilina è un sistema complesso
Tutto questo, ha spiegato Colella, fa sì che sul palco o sul set esista un equilibrio particolare, un sistema complesso di interdipendenza tra gli attori per cui "qualsiasi cosa tu faccia è sempre legata all'altro. Se ti prende una botta narcisistica, o vuoi mettere un peso specifico maggiore nel tuo personaggio, tutto diventa squilibrato. Questo è già nella scrittura di Lagi, poi il suo sguardo ancora di più te lo rivela, ma te ne accorgi tu stesso: se ti concentri troppo su te stesso si smonta tutto. Quindi siamo sempre legati, nel bene e nel male legati, a una specie di ascolto che è reale, come nella vita. Le piccole variazioni che uno produce, l'altro le deve registrare, e le cose si modificano. Anche impercettibilmente, ma è questo che dà sapore alle nostre cose, in scena come nel film."
"Il senso di quello che arriva è tutto qui,” ha aggiunto Bellato, “in questa forma anche faticosa di essere costantemente vivi mentre recitiamo: così si crea un racconto che va oltre le parole. I testi di Francesco Lagi, il suo teatro e il suo cinema vivono su una linea sottile, e possono diventare niente se noi li trattiamo con troppa veemenza."
Questa linea sottile, questo gioco d’equilibrio, riguarda anche i toni del racconto: “Sono toni che cambiano: magari sono divertenti, ma in maniera sempre molto spostata,” ha spiegato Colella. “Le circostanze o certe reazioni possono far commuovere o innervosire un personaggio, a un altro lo fanno ridere: e credo che questa sia una maniera di approssimarsi quanto più possibile alla vita. I temi di Lagi, del nostro teatro e del nostro cinema, sono questi: sono le cose del quotidiano dove sembra non accada niente, ma che noi viviamo e indaghiamo, riuscendo a scoprire che in questo tempo dilatato, e in questa gente che sta lì a viverlo, nasce un germe di conoscenza, e di sentimenti non definiti. Credo che, con Francesco, si avvii sempre un processo di conoscenza che comprende anche lo spettatore."
Persone, prima di attori e personaggi
L’affiatamento e il metodo di lavoro di Teatrodilina hanno pochi uguali nel panorama italiano, e per i suoi interpreti sono stati un valore aggiunto da utilizzare anche nei loro lavori al di fuori della compagnia.
“Lagi non fa mai cadere gli attori nei cliché, e per me questo è un monito che porto sempre con me quando affronto un altro lavoro, quando affronto un altro personaggio,” ha detto D’Amico. “Sento sempre la voce di Lagi che mi dice ‘questa cosa non è vera, di questa non c'è bisogno’. È un approccio al lavoro che porto sempre con me. Poi è ovvio che creare un gruppo così al di fuori di Teatrodilina è impensabile: e per questo teniamo duro.”
“Il lavoro di Lagi come regista, oltre che sulla scrittura e la messa in scena, è basato sul lavoro con l'attore," ha detto Bellato. "Ci guida in maniera molto presente, ci spinge a raccontare più cose insieme, a mettere un sentimento quando c'è dentro anche l'opposto. Anche nel film ci ha guidati verso strade più complicate, meno semplici, per raccontare le cose in maniera complessa, e scegliere sempre un percorso più vivo. Questi insegnamenti sono una palestra continua, che cerco di portare anche al di fuori: ad esempio cercando di usare sempre molto l’ironia.”
“Se non avessi Teatrodilina, se non avessi questo filo rosso, lavorerei peggio,” ha aggiunto Colella. “La nostra è un'officina creativa. Facciamo spettacoli da tanti anni, siamo invecchiati col teatro off, e spesso ci siamo chiesti se ne valesse la pena, ma abbiamo sempre saputo che questa cosa che facciamo va al di là della professione. Ogni spettacolo è voglia di stare insieme, è un atto d'amore: e questa cifra travalica ogni altro tipo di esperienza, e di irrobustisce. È un bagaglio che mi porto addosso e mi aiuta ad affrontare tante circostanze, perchè mi ha dato un'educazione recitativa ma anche sentimentale. Per me Lagi è un maestro: ho fatto esperienze con Ronconi, ed altri nomi importanti del teatro italiano, ma le persona che mi ha ripulito e tolto croste espressioniste, e mi ha ripulito, è stato Lagi. Mi ha educato a essere persona in scena, prima che attore o personaggio. E questa è una rarità, qualcosa che altri non incontrano per tutta la loro carriera.”
“Lagi vuole raccontare delle persone: e quello fa la differenza,” ha concluso D’Amico.
Per poter avere esperienza di questa differenza, e di tutto questo mondo espressivo che gli interpreti di Teatrodilina hanno raccontato, basta vedere Quasi Natale su Sky Primafila.
Tutto vi sarà magicamente chiaro, e non potrete più farne a meno.