giovedì 7 marzo 2024

Ancora un'estate, l'implacabilità del desiderio secondo Catherine Breillat

L’intimità di una casa signorile, con un giardino che ne diventa parte integrante, grazie a un sole brillante, in una stagione estiva che invita alla scoperta e al superamento dell’ordinaria quotidianità. Ancora un’estate, in sala dal 7 marzo distribuito da Teodora Film, è il nuovo malizioso e perturbante film di Catherine Breillat, autrice conosciuta per il suo sguardo sui corpi e la capacità di osare, di spingere spettatori e opinione pubblica a riflettere sui limiti della provocazione. Un’artista, insomma. Anche se in questa nuova indagine sul desiderio femminile risulta più sobria ma non meno intrigante e appassionante. Ha raggiunto una maturità che non prevede però di abbandonare una tematica a lei molto cara come la sessualità. Del resto è stata proprio Breillat a far esordire nel cinema non pornografico Rocco Siffredi, ben venticinque anni fa, in Romance. Tanto che ne parla ancora oggi con ammirazione e affetto.

Una storia sul desiderio

Ma torniamo ad Ancora un’estate, accolto con sincero entusiasmo al Festival di Cannes, dove è stato presentato in concorso, e ha ottenuto quattro candidature ai premi César. Racconta di Anne (Léa Drucker), una brillante avvocata che difende i minori vittime di abusi e gli adolescenti in difficoltà. È abituata a confrontarsi con l’emarginazione, manifestando empatia e umanità. Vive insieme al marito Pierre (Olivier Rabourdin) e le loro due figlie piccole in piena armonia in una bella villa nei dintorni di Parigi. 

Quando però Théo (Samuel Kircher), figlio di Pierre nato da un precedente matrimonio, si trasferisce da loro l’idilliaco equilibrio è sconvolto dall’irruzione di questo adolescente ribelle, allergico alle regole e alle convenzioni, sempre pronto a contestare. Un rapporto complesso si instaura fra Anne e Théo, prima di contrasto nel tentativo di ammorbidirne le asperità, non senza una fase di avvicinamento e scoperta fra due persone molto lontane in tutto, dall’età allo stile di vita

Caterine Breillat, l’ultima ribelle del cinema francese

Ama la provocazione, con il suo stile disincantato da donna matura, il sorriso e la rivendicazione di essere l’ultima ribelle capace di raccontare il desiderio e i corpi, la sessualità indomabile in un contesto sempre più puritano come il cinema contemporaneo. Anche in Europa e anche nella sua Francia. Il suo ritorno con Ancora un’estate è stato salutato dalla critica e dal pubblico con applausi e grandi elogi, dopo dieci anni dal suo lavoro precedente e un periodo non semplice.

Nata 75 anni fa in un paese di provincia, nella Francia occidentale, fin da bambina si entusiasma per il cinema con uno spirito ribelle, ma è con un romanzo che si fa conoscere, proprio quando neanche maggiorenne lascia la sua realtà periferica per trasferirsi a Parigi. Uscito nel fatidico ’68, L’homme facile crea scandalo, seguito da altri romanzi, ritratti per lo più costruiti intorno alla messa in evidenza di una sessualità femminile curiosa e ribelle. 

A proposito di scrittura collabora alla sceneggiatura di lavori di autori come Cavani, Fellini (E la nave va) e Pialat negli anni ’80, impegnandosi come assistente al montaggio de Gli occhi, la bocca di Marco Bellocchio. Insieme alla sorella ha anche all’attivo una partecipazione come attrice in Ultimo Tango a Parigi di Bertolucci, mentre finalmente debutta alla regia nel 1976 con L’adolescente. Sono anni di sperimentazione, di curiosità per quella pornografia che la spingerà poi molti anni dopo a coinvolgere come protagonista di un suo film, Romance, la maggiore star del genere, Rocco Siffredi. A cavallo del millennio allarga gli orizzonti e si fa conoscere a livello internazionale, grazie poi a titoli come A mia sorella, Sex is comedy e Pornocrazia fino a Une vieille maîtresse (2007), accolto con favore in concorso a Cannes, con protagonista Asia Argento. Per arrivare poi a Ancora un’estate, senz’altro il suo film più premiato e apprezzato.

Una doppia interpretazione sorprendente

Sottovalutata lo è da sempre, Léa Drucker. Non certo perché non si fa notare nei suoi ruoli, è impossibile trovarla fuori ruolo o inadeguata. Volubile e sempre “giusta”, viene da una famiglia di celebrità televisive francesi e rappresenta una delle interpreti più interessanti del cinema francese, anche, se non soprattutto, quando ruba l’attenzione con ruoli da caratterista di gran lusso. Qui è protagonista assoluta, dimostra un coraggio straordinario in un ruolo complesso che rende misurato e inquietante, senza che nessuno dei due estremi prevalga.  

Insieme a lei la nuova scoperta Samuel Kircher, figlio della grande Irène Jacob, che colpisce con un esordio che rimane impresso e promette una carriera di gran livello. Proprio contro il fratello maggiore Paul, interprete de Il regno animale di Thomas Calley, è stato candidato ai César per questo ruolo, nella categoria migliore rivelazione maschile. Per la pace in famiglia nessuno dei due ha vinto. 



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