Chi mi conosce o ha letto qualcosa di mio, sa che amo troppo il cinema e nello specifico il cinema horror per sostenere il contrario di quello che penso: non vi dirò dunque che tutti i 10 film che sono riuscita con fatica a sottrarre dal calderone di questo infausto anno bisestile siano dei capolavori o mi abbiano interamente convinto. Diciamo che alcuni dei migliori che ho visto non sono ancora disponibili perché l'uscita è stata rimandata nel nostro Paese e se ne riparlerà, speriamo, l'anno prossimo (citiamo tra questi The Dark and The Wicked, Run, Freaky e Possessor). Abbiamo visto comunque quello che offrono le inevitabili piattaforme streaming su cui trovate i film sottostanti con l'eccezione di uno (che indicheremo, e che potete acquistare online) e questa è grosso modo la nostra top che è, al contrario del solito, piuttosto light. Ci consola comunque in questo momento il fatto che molti di questi film, ben 4 su 10, siano opere prime.
- #Alive
- Vivarium
- The Lighthouse
- His House
- The Call
- Gretel e Hansel
- Cadaver
- I See You
- L'uomo invisibile
- Shadows
#Alive
A sorpresa, visto quanto mi sono venute a noia (“grazie” a The Walking Dead) le storie di zombi post-Romero, il film più fresco, intelligente e ben fatto tra quanti ne abbiamo visti è proprio questo #Alive, bell'opera prima sudcoreana (la provenienza è ormai una garanzia), diretta da Il Cho, che rilegge il genere survival e pandemico per eccellenza con una verve, una tensione e uno spirito che non troviamo altrove. Sarà perché non sono americani, ma le vicende di questi due ragazzi che resistono da soli contro tutto e tutti in un mondo impazzito e vorace di carne umana, ci hanno restituito il sapore di una amara verità e molta ironia. Coreografate benissimo le scene di massa, ben gestiti i momenti di quiete e la tensione, simpaticissimo il protagonista (Soo Ah-in), un adolescente dai capelli ossigenati simile a tanti suoi coetanei, che si trova da solo ad affrontare l'apocalisse e molto brava Park Shin-hye, che ritroveremo in un altro film della nostra top. E ci dà anche un consiglio che può sempre tornare utile: non buttate gli obsoleti auricolari col filo!
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Vivarium
Vivarium non sarà propriamente un horror, ma ha un carico di angoscia che lo fa rientrare propriamente nel genere. A metà tra una storia nera di Ray Bradbury e i più inquietanti episodi de Ai confini della realtà, questo bellissimo apologo dell'irlandese Lorcan Finnegan (di cui ci ripromettiamo di recuperare Without Name) è disponibile per l'acquisto digitale, e ci ha davvero conquistato. Sarà perché non è difficile ritrovarsi nella storia di una giovane coppia senza figli, che dopo la visita ad un'agenzia per vedere una possibile casa in cui vivere insieme, si ritrova intrappolata in un mondo artificiale, con cieli e colori che sono un mix tra i quadri di Magritte e quelli di Edward Hopper, villette a schiera tutte uguali ma senza vicini di casa e un “figlio” mostro (diciamo solo che L'invasione degli ultracorpi è un altro ovvio riferimento). Imogen Poots (anche produttrice) e Jesse Eisenberg sono davvero bravissimi ed è incredibilmente azzeccata la scelta degli altri attori. Se non l'abbiamo messo al primo posto è perché #Alive è un horror più puro, ma sicuramente le immagini e le tematiche di Vivarium resteranno a lungo con noi.
The Lighthouse
E veniamo al più controverso dei film in lista, The Lighthouse, opera seconda del regista dell'acclamato The Witch, Robert Eggers, che ha nettamente diviso il pubblico, tra chi l'ha odiato (come il nostro Federico Gironi, la cui stroncatura potete leggere qua sotto) e chi lo ha esaltato come un capolavoro. Noi siamo un po' a metà, nel senso che è un'opera tanto ambiziosa, densa di riferimenti pittorici e mitologici, ma al tempo stesso così colma di ironia da non prendersi mai – sembra – troppo sul serio, che ci è stato impossibile non restarne affascinati. Forse non è un film che resterà nella storia del cinema, ma sicuramente non è un bluff. Ne abbiamo apprezzato soprattutto la perizia della regia, la splendida fotografia espressionista in bianco e nero e la performance di due attori qua irriconoscibili. Un film misterioso e lovecraftiano, eccessivo e rigoroso al tempo stesso, che ci ha ricordato molto quelli di Guy Maddin, se vi è mai capitato di vederne uno. O si riesce ad entrarci dentro o se ne resta, irritati, irrimediabilmente fuori. Ma è coinvolgente il suo spessore culturale e la qualità dei suoi riferimenti, che la critica italiana, con pochissime eccezioni (ma ce ne sono) ha solo superficialmente scalfito. Se non vi piace il cinema “intellettuale”, però, farete bene a starne alla larga.
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His House
Un'altra sorpresa di questa top è un film che avrebbe meritato una più ampia distribuzione cinematografica in un altro momento, His House, opera prima di Remi Weekes, inglese, che affronta in chiave horror il tema dell'immigrazione nel Regno Unito, delle stragi in mare, del retaggio culturale che i nuovi cittadini portano con sé mentre provano a integrarsi in un mondo che, quando li accoglie, li mette in molti casi ai margini, in una desolata periferia, dove vengono abbandonati coi loro demoni. La storia di questa coppia fuggita dalla guerra nel Sudan, unita e divisa dal dolore e dal rimorso, presenta molte sorprese e fa in alcuni momenti genuinamente paura. La protagonista femminile è Wunmi Mosaku, la splendida Ruby della serie Lovecraft Country, e lui è Sope Dirisu, che ricorderete per i suoi molti lavori televisivi. Quest'anno in cui – con l'eccezione del deludente Antebellum – è mancato il black horror americano, per fortuna c'è stato quello britannico.
The Call
Al quinto posto di nuovo un film sudcoreano, The Call di Chung-Hyun Lee, altro regista al suo debutto, con due bravissime protagoniste, una delle quali (la buona) è la Park Shin-Hye di #Alive, mentre la cattiva è Jong-seo Jun, già vista in Burning. E per fortuna, ribadiamo, se il J-horror sembra scomparso dagli schermi, dall'Oriente con furore c'è chi produce incubi adatti al nostro famelico palato. Ora, The Call è un po' troppo lungo e a volte si rischia di perdersi nei passaggi continui tra passato e presente e con le azioni che – come in un film sui viaggi nel tempo – cambiando quello che è stato, immediatamente trasformano la realtà contemporanea. Ma questo è anche il suo fascino. Due ragazze, che hanno la stessa età e a distanza di oltre 20 anni vivono nella stessa casa, entrano in contatto, sorpassando le barriere del tempo, con un vecchio cordless. La seconda ha una matrigna che la tormenta e chiede aiuto alla prima e da lì parte un vero e proprio gioco al massacro. Un film cattivo, un vero horror, che merita di stare nella nostra classifica.
Gretel e Hansel
Abbiamo pensato a lungo se inserire o meno in questa top Gretel e Hansel, il nuovo film di Osgood Perkins che, come ormai sanno anche i sassi, è figlio dell'Anthony Perkins di Psycho e ormai da 5 anni, persegue da regista una sua strada nel genere. La perplessità sta solo nel fatto che Perkins mantiene il tono della fiaba nera, dove, anche se non mancano i momenti horror, tutto è coerente col classico crudele dei fratelli Grimm, riletto al femminile. Ma il film è visivamente molto bello e inquietante, conferma il talento di Sophia Lillis e offre una bellissima performance di Alice Krige. Sparita la casetta di pan di zenzero, la forma triangolare e le sagome che si aggirano nei boschi di notte riportano la fiaba nel regno del terrore, sottraendola alla banalità di opere demistificatrici per famiglie come i film di Maleficent. Per cui sì, non poteva mancare nella nostra classifica e vi consigliamo di recuperarlo se ancora non l'avete visto.
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Cadaver
Al settimo posto mettiamo Cadaver, debutto alla regia di un lungometraggio, dopo qualche video, di Jarand Herdal, giovane norvegese che vive a Los Angeles. L'ambientazione e l'aspetto visivo del suo film, estremamente curati, originali e affascinanti, sono indubbiamente quello che ci ha colpito di più, oltre al finale non lieto ma non per questo scontato. Ambientato in un mondo desolato e post-apocalisse nucleare, dove la gente muore per strada per mancanza di cibo o decide di andare anzi tempo all'altro mondo, ha al centro una famiglia (una ex attrice col marito e la figlia), che come altri disperati accetta l'invito per una serata teatrale unica, con tanto di pasto, in un enorme teatro/museo. Entrati in questa sorta di Paese delle meraviglie o Paese dei Balocchi, a tutti gli intervenuti dopo un lauto e inimmaginabile banchetto vengono consegnate delle maschere metalliche che li distingueranno dagli attori, e invitati a seguire quello che si svolge per le stanze dell'hotel. Alcuni riferimenti e situazioni sono un po' ovvi per l'appassionato del genere, ma la stoffa c'è e aspettiamo Herdal alle prossime prove con molta fiducia.
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I See You
Di I See You non si è parlato molto ma in giro ne ho letto un gran bene, nel cast c'è anche Helen Hunt e dunque l'ho visto (su Amazon Prime Video). Devo dire che mi ha sorpreso in positivo. Intanto perché è girato benissimo, con un gran senso del ritmo, poi perché a metà c'è una svolta che lo fa sembrare un horror del genere home invasion ma poi si scopre che non è nemmeno così. Gli attori sono tutti bravi, la trama è avvincente e non hai tempo di fermarti a pensare se qualcosa non torna. Un horror classico con quel pizzico di novità che lo rende inedito. Il nome di Adam Randall, il regista, è uno di quelli che ci segneremo.
L'uomo invisibile
E veniamo all'horror più grosso tra quelli usciti nel 2020, L'uomo invisibile, nuova versione Blumhouse del film Universal e della classica storia di H.G. Wells, acclamato da molti che lo mettono in testa alla loro top. A dire il vero non mi ha esaltato, nonostante l'indubbia bravura della protagonista Elisabeth Moss (e lo dico con sincerità visto che non è un'attrice che amo). Leigh Whannell se l'è cavata bene nel passaggio alla regia di un film sicuramente più complesso e patinato di quelli della serie di Insidious o di Upgrade, ma non tutto ci ha convinto; la sceneggiatura ha dei buchi, l'aggiornamento non è del tutto riuscito (la storia della tuta toglie fascino alla trasformazione) e la paura latita. In mancanza di meglio, gli riconosciamo qualche merito, soprattutto nella prima parte, per poterlo inserire nella nostra top.
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Shadows
E chiudiamo con un'altra opera prima, Shadows, girata in Inghilterra e in lingua inglese dall'italiano Carlo Lavagna, che conferma, dopo Arianna, di avere un bel talento. Anche in questo caso è riduttivo definirlo un horror, visto che è più un thriller psicologico sul tema del doppio, recitato benissimo dalle tre protagoniste, una delle quali, Mia Threapleton, dimostra di aver ereditato da mamma Kate Winslet bravura e presenza scenica. Anche questo film parte come un classico survival movie con tre soli personaggi rinchiusi in un hotel abbandonato in mezzo ai boschi, ma si rivela ben presto molto di più. Per questo ho deciso di inserirlo tra i 10 film dell'anno, visto che apprezzo i film che provano a raccontare in modo diverso, magari anche con mezzi limitati, temi ricollegabili al mondo in cui viviamo e ai classici che in passato abbiamo amato.
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