Anche se ci meraviglia e ci incanta rivederla tutta dall'inizio alla fine, ormai tendiamo a dare per scontata la saga di Harry Potter. E invece trasformare i libri di J.K. Rowling in film con attori in carne ed ossa e soprattutto portare in vita Hogwarts non è stato affatto facile. Chi ha faticato di più, o meglio ha rischiato di soccombere di fronte a una terribile ansia di prestazione, è stato Chris Columbus, che in un'intervista a Collider ha raccontato la sua paura di non farcela e ha parlato del grandissimo senso di responsabilità nei confronti dei fan che avvertiva prima e durante la lavorazione di Harry Potter e la Pietra Filosofale.
Il regista ha cominciato spiegando che, nel lontano 2001, e anche un po’ prima, quando Harry Potter e la Pietra Filosofale stava prendendo forma, gli occhi di tutto il mondo erano puntati su di lui: "La verità è che sentivamo tutti il peso delle aspettative del mondo intero. Soprattutto io le sentivo perché, se avessi sbagliato il primo film, tutto sarebbe finito. Non puoi combinare un casino con quel libro. Per cui dovevo andare ogni giorno sul set fingendo di trovarmi in un tunnel, nel senso che non dovevo pensare al mondo esterno, il che era molto più facile 19 anni fa, prima dell'esplosione di Internet".
Consapevole dell'importanza dell'operazione, Chris Columbus era tutt'altro che tranquillo e rilassato mentre girava, ma gli attori erano piccoli e ancora inesperti, e guai a mostrarsi agitato: "Per me il primo film è stato un carico d'ansia. Nel corso delle prime settimane, ogni giorno pensavo che mi avrebbero licenziato. Tutto sembrava bello e pensavo: se commetto un solo errore, se sbaglio, mi mandano via. E’ stato faticoso. Sul set ho fatto in modo che non si vedesse nulla, non ci sono stati contrasti, non sono uno che urla, vado d'accordo con tutti e voglio che tutti si sentano come parte di una famiglia, quindi ho dovuto nascondere le mie emozioni".
A un certo punto, per fortuna, Chris Columbus ha tirato un sospiro di sollievo. E’ successo dopo un'anteprima in quel di Chicago, quando il film durava 18 minuti in più rispetto alla versione di 2 ore e 32 che tutti conosciamo: "Quando abbiamo finito il film e lo abbiamo proiettato a Chicago, che fortuna per noi poter far vedere i nostri film a Chicago, quindi, quando ancora si poteva andare in una sala cinematografica, volammo a Chicago per mostrare il film al pubblico, e il pubblico lo adorò. Il pubblico divorò letteralmente il film. Il film durava due ore e cinquanta minuti e i bambini pensarono che fosse troppo corto, mentre i loro genitori ebbero l'impressione che fosse troppo lungo".
Poi Chris Columbus spiega che, al contrario di Harry Potter e la Pietra Filosofale, Harry Potter e la Camera dei Segreti fu una passeggiata. La stanchezza tuttavia era tanta e così, per il terzo capitolo del franchise che è anche il nostro preferito, Harry Potter e il Prigioniero di Azkaban, il regista lasciò le redini ad Alfonso Cuarón.
Alla fine dell'intervista il regista rivela che gli sarebbe piaciuto portare al cinema l'ultimo libro della saga, "Harry Potter e i Doni della Morte": "Desideravo da sempre tornare e girare gli ultimi due film, ma David Yates decise di continuare a legare il proprio nome alla serie, e fece benissimo, perché mi è piaciuto particolarmente l'ultimo film. Penso che Harry Potter e i Doni della Morte - Parte 2 sia un film straordinario".
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