lunedì 2 novembre 2020

Gigi Proietti: pura poesia tra risate e musica nell'inarrivabile successo popolare di A me gli occhi

Chi è nato negli anni 70, quando lo ha scoperto, una quindicina d'anni più tardi non ha potuto non consumare la videocassetta dello spettacolo teatrale A me gli occhi. Su quel palco Gigi Proietti smontava il lavoro dell'attore riassemblandone la figura di sketch in sketch, in cui i contenuti erano plastilina nelle sue mani, nella sua voce o nel "bagaglio gestico". L'interpretazione era regina, i testi erano sudditi alla sua corte. Leggi anche Gigi Proietti: il cordoglio del mondo dello spettacolo Leggi anche Gigi Proietti doppiatore: da Sylvester Stallone al Genio

"Essere o non essere, questo è il problema" ripeteva, schierandosi dalla parte del pubblico nel non capire l'arcaico frasario di Shakespeare. Sì, perché A me gli occhi era lo spettacolo che, se c'era un ceto sociale al quale non guardava, era quello alto, quello degli storici teatri di città. Entrava in scena con una cassa sulle spalle cantando Nun me scordo mai di Ettore Petrolini, un omaggio alla tradizione della canzone popolare romana, poi si sedeva sul baule dell'attore recitava le prime battute:

I Signori non mi conoscono
Peggio per loro
Io conosco tutti, do tutto, fo tutt'io
Io sono come il telegiornale
Io so scrivere, cucire, viaggiare, verseggiare
Entrare, uscire, uscire, entrare
Entrare, uscire
E continuare così.
Io col ramo chimica
Ho inventato il gas leguminaceo
Retroilluminante
Che è un gas
Ottenuto con la masticazione dei legumi
E accendendolo da dietro
Dà una luce migliore della lampada al quarzo

Pura poesia in cui la volgarità riprende l'etimologia che gli appartiene rivolgendosi al volgo, ovvero al popolo. Il 1976 fu l'anno del debutto di A me gli occhi, prima a Sulmona in Abruzzo, poi al Teatro Tenda di Roma dove arrivò in sostituzione di un altro spettacolo cancellato. Erano gli anni di piombo e uscire di casa non era un'attività rasserenante, eppure il desiderio di evasione e la connotazione innovativa e sperimentale della messinscena, porterà A me gli occhi (a cui fu in seguito aggiunto Please) a restare in cartellone per ben tre anni. Un successo unico nella storia del palcoscenico del XX secolo. Leggi anche Gigi Proietti: una lezione di comicità nel giorno della sua scomparsa Leggi anche L'ultima mandrakata di Gigi Proietti

Insieme ad alcuni musicisti e a un baule come solo elemento scenografico, Gigi Proietti faceva autoironia sul mestiere di artista che tiene banco, rispettandone al contempo il rapporto simbiotico con il pubblico. "La vita è cara" recitava sul palco nella più memorabile delle telefonate, "mettice l'IVA... l'uva... l'ova", ma "l'arte aiuta a vivere meglio" ha sempre detto con il suo ampio e contagioso sorriso. Proietti se n'è andato lasciandoci in regalo il suo baule artistico, nel quale possiamo tornare a rovistare quando abbiamo bisogno ritrovare il nostro sorriso e provare a vivere meglio.



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