Gli effetti "speciali" non sono tutti uguali: dai più visibili ai più nascosti, ecco la nostra analisi e il nostro favorito per gli Oscar 2020 in questa categoria.
Sono ormai anni che la categoria "effetti visivi" nelle nomination agli Oscar riserva sorprese e riflessioni preziose sulla direzione tecnica della settima arte. Gli Oscar 2020 non fanno eccezione, proponendo una cinquina che contiene diversi approcci all'uso del ritocco e dell'animazione digitale, dal più scoperto e visionario, al più sottile e funzionale. Ecco le nostre riflessioni sui cinque lungometraggi: sulla strada, vi segnaliamo il nostro favorito.
Avengers Endgame
Cinecomic ed effetti visivi (nonché effetti speciali, quelli realizzati sul set) sono praticamente sinonimi. Una nomination per il film che ha quasi chiuso la Fase 3 del Marvel Cinematic Universe, appendice di Spider-Man Far from Home permettendo, era un obbligo. La saga finora non ha mai vinto questa statuetta, pur essendo stata nominata in questa categoria nel caso di Avengers (2012) e Avengers Infinity War (2018). A onore della Marvel, va detto che alla maggior parte del pubblico in Avengers Endgame interessava conoscere i destini e i sentimenti dei loro beniamini, più che rimanere stupiti dai virtuosismi digitali. Sono pur presenti, ma ormai non li nota più nessuno, forse perché fanno parte del linguaggio visivo di questo genere di film, in modo naturale.
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The Irishman
Uno dei motivi per cui pare The Irishman sia costato sui 150 milioni di dollari è proprio negli effetti: Martin Scorsese voleva raccontare un'epica criminale nel corso di diversi decenni, ma voleva farlo "con i suoi amici", fino in fondo. E' stato perciò necessario ringiovanire Robert De Niro, Joe Pesci e Al Pacino in una buona parte delle tre ore e mezza del lungometraggio. Se vogliamo abbracciare l'interpretazione "metacinematografica", accettando il ringiovanimento digitale per principio, infischiandocene se si nota e apprezzandone un suo significato poetico, potremmo anche accettare l'Oscar. Se dovessimo però giudicare freddamente il risultato finale, dal punto di vista solo tecnico, c'è qualcosa di straniante e impreciso: gli attori peraltro, ringiovaniti nel viso, non sempre riescono a simulare la corrispondente leggerezza dei movimenti.
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Il re leone
Abbiamo già espresso il nostro apprezzamento all'idea che il remake di Il re leone non sia più candidato agli Oscar per il miglior film d'animazione. Non ci ripeteremo. In questa categoria il suo inserimento ha perfettamente senso: la Disney ha riproposto il fotorealismo della Moving Picture Company che già si era occupata del remake del Libro della Giungla, sempre di Jon Favreau. Qui ci si è spinti oltre, perché manca una presenza umana e il 99,99% di quel che si vede in Il re leone, pur venduto come "versione dal vero" del Re leone originale, è interamente digitale, con l'eccezione del singolo tramonto iniziale, ripreso on location. C'è qualcosa di molto disneyano nel fondere la narrazione con una natura plausibile sullo schermo. L'operazione intera puà lasciare perplessi, come ha lasciato perplessi noi, però è giusto che concorra alla statuetta: fino a non troppi anni fa, ricreare in CGI animali credibili nei movimenti e nel peso era una chimera.
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1917
Raccontando l'impresa di due poveri soldati durante la I Guerra Mondiale, il regista Sam Mendes e il direttore della forografia veterano Roger Deakins hanno deciso di costruire un unico, immenso piano sequenza di due ore (anche se, dovendo essere precisi, linguisticamente il film sarebbe composto da due: chi ha visto capirà). Non è possibile girare davvero una cosa del genere in quel modo, quindi ancora la Moving Picture Company è venuta in aiuto di Mendes e Deakins per trovare il modo di connettere digitalmente tutti i vari ciak, nel modo più impercettibile possibile. 1917 è un trionfo di effetti visivi che cercano di nascondersi agli occhi dello spettatore meno attento alla tecnica. Dai tempi di Nodo alla gola (1949) di Alfred Hitchcock, la chimera del film senza stacchi è più che mai a portata di mano, e ne avevamo avuto un assaggio nello "scontro del condominio" di Atomica Bionda. 1917, fosse solo per l'incredibile scena dell'aereo, è il film per cui facciamo il tifo in questa categoria.
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Star Wars: L'ascesa di Skywalker
Come abbiamo spiegato nel nostro video commento sulla nuova trilogia di Star Wars, l'aspetto tecnico / estetico è l'unico di cui davvero non ci si può lamentare: in una sinergia perfetta tra set fisici dettagliati e tecnica digitale adeguatamente "sporca", nei tre film tutti finora nominati in questa categoria senza aver mai vinto nulla, l'Industrial Light & Magic ha compiuto un miracolo. Ha rispettato la concretezza della trilogia storica, evitando la deriva ipersintetica dei prequel: un giusto mezzo elegantissimo, riproposto in questo caso. Da Oscar? Ci sono contendenti più interessanti, ma una nomination per Star Wars L'ascesa di Skywalker era doverosa. Probabilmente, se questa professionalità si fosse associata a storie e contenuti meno divisivi, il lato tecnico di questi lavori non sarebbe stato dato per scontato.
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