venerdì 14 dicembre 2018

I migliori film del 2018 inediti in Italia: quelli visti solo ai festival (o in home video non italiano)


I film usciti nelle sale italiane quest'anno sono tanti, tantissimi: forse anche troppi, in relazione alla qualità media.
Poi ci sono tutti quei film che al cinema non ci sono andati, e che però abbiamo potuto vedere in streaming sulle varie piattaforme, senza contare anche l'home video più tradizionale.
Ma, nonostante tutta questa offerta, spesso le cose più belle viste durante l'anno ai grandi festival internazionali, una diffusione in Italia non l'hanno avuta.
Qui a Comingsoon.it ci pareva quindi ancora più importante stilare una classifica delle cose più belle e rilevanti che noi abbiamo visto e che voi, probabilmente, ancora no: film di cui avete sentito parlare e che magari sarebbe il caso di cercare di recuperare in qualche modo, magari sul mercato estero.
E chissà che qualche distributore illuminato, leggendo questa classifica, non si faccia pungere vaghezza di capire bene di cosa si tratta e magari di distribuire qualche titolo. Anche perché molti dei film che sto per andare a elencare sono ancora più belli di alcuni tra i più belli visti al cinema nel 2018.
Dalla classifica, ovviamente, sono esclusi quei film che hanno già ottenuto una distribuzione e che arriveranno in Italia nelle prossime settimane o nei prossimi mesi: di quelli ci occuperemo nella tradizionale lista dei film più attesi del 2019.

Top 10: I migliori film 2018 inediti in Italia

  1. La flor, di Mariano Llinas (Argentina)
    Senza dubbio alcuno la cosa più bella e trascinante che mi sia capitato di vedere quest'anno, e non solo. Un oggetto filmico non identificato di quasi 14 ore, dal quale non vorresti mai separarti, e dentro il quale vorresti tornare a vivere anche quando è finito. Dal b-movie fino alle astrazioni più rarefatte e poetiche, Llinas mette letteralmente di tutto dentro La flor: lo spionaggio, il sentimento, l'amore, il metacinema, la storia del cinema, la musica, l'umorismo, la commozione, la ricerca e la passione. A colpire più di tutto, comunque è la straordinaria capacità di raccontare e di affabulare, in un film che è fatto di storie che esplodono in altre storie, e così via, fino a formare un unicum paradossalmente compattissimo e strabiliante. Un vero capolavoro. (visto al Torino Film Festival)
  2. Nuestro Tiempo, di Carlos Reygadas (Messico)
    Carlos Reygadas mette in scena sé stesso e la sua famiglia per raccontare dell'eterna lotta dei sessi, ma soprattutto le fragilità e le insicurezze e le arroganze del maschio contemporaneo. Un film bellissimo, capace di entrare sottopelle, di essere sfacciato almeno tanto quanto può essere raffinato (o forse viceversa), costellato di immagini potenti e indimenticabili. Fa coppia, forse, col bellissimo "L'animale che mi porto dentro", il nuovo romanzo di Francesco Piccolo. (visto al Festival di Venezia)
  3. Burning, di Lee Chang-dong (Corea del Sud)
    Da un racconto di Murakami, uno dei più grandi registi del cinema coreano gira thriller anomalo fin dalla durata (siamo sulle due ore e mezza), al calor bianco, tagliente, elegantissimo, torbido e perverso. Un film tutto basato sul mistero (e non parlo della trama), sulle ombre, sulle ambiguità, sui chiaroscuri. Sulla luce a cavallo di quel tramonto davanti al quale la protagonista balla, a seno nudo, sulle note del Miles Davis di Ascensore per il patibolo. Con un finale indimenticabile, sospeso tra il gelo del clima e il caldo bruciante del fuoco. (visto al Festival di Cannes)
  4. First Night Nerves, di Stanley Kwan (Hong Kong)
    Raccontando una vicenda di attrici rivali, Stanley Kwan, uno dei grandi dei cinema di Hong Kong, torna con un film capace di passare da commedia alla George Cukor a melodramma malinconico e struggente, riflessione sul tempo che passa, la vita e il destino dei personaggi e di una citta: Hong Kong, appunto. L'eleganza della forma e della scrittura non è mai manierista né ammiccante o vezzoso. Divertente e commovente. (visto al Torino Film Festival)
  5. Madeline's Madeline, di Josephine Decker (USA)
    Lo dico da tempo, che Josephine Decker è uno dei più grandi talenti emersi dal cinema americano degli ultimi anni. E con questa sua ultima fatica, che poi è anche il suo film più bello, lo dicono adesso in tanti, negli Stati Uniti e non solo. Una ragazza di 16 anni con problemi psichiatrici, divisa tra una madre ansiosa e una insegnante di teatro suadente, che le insegnerà a tirare fuori tutta sé stessa. Un racconto di formazione come non lo si è mai visto prima, venato di thriller psicologico, rivoluzionario nella forma e nello stile. (visto al Festival di Berlino e a quello di Torino)
  6. Utøya 22. juli, di Eric Poppe (Norvegia)
    Forse avrete visto il film di Paul Greengrass che, dopo Venezia, è andato su Netflix, e che racconta anche lui della barbarie terroristica di Anders Breivik: fermo restando che si tratta di due approcci diversi alla stessa materia, questo qui diretto dal norvegese Erik Poppe se lo mangia e se lo beve a occhi chiusi, al film di Greengrass. Un'esperienza immersiva e intensa, capace di restituire lo smarrimento, la confusione, il dolore di quegli eventi; ma anche, in qualche modo, la reazione di una nazione e di un popolo che è stata così nobilmente espressa dall’allora primo ministro Jens Stoltenberg. (visto al Festival di Berlino)
  7. Gongjak - The Spy Gone North, di Yoon Jong-bin Yoon (Corea del Sud)
    C'è poco da fare: quando ci si mettono come si deve, a fare il cinema di genere spettacolare dagli elevati standard tecnici ma intelligente, e ottimamente recitato, i coreani sono i migliori di tutti. Si parte da una storia di spionaggio classica, e con le radici ben ancorate nella storia recente di Corea, e si passa quindi a parlare di politica, impegno e perfino sentimento. Perché alla base di tutto c'è sempre quello, ci sono gli uomini e le donne, gli esseri umani e le loro relazioni. (visto al Festival di Cannes)
  8. An Evening with Beverly Luff Lynn, di Jim Hosking (UK/USA)
    Una cosa è certa: un film come An Evening with Beverly Luff Linn non l'avete mai visto. E se qualcuno di voi ha visto il precedente esordio del regista inglese Jim Hosking, The Greasy Strangler (che non mi aveva convinto), sa di cosa sto parlando. Provate a immaginare un mix scombinato tra lo spirito e lo stile trash di John Waters, e quelli stralunati e deadpan di Jared Hess: ma più quello di Gentlemen Broncos, che di Napoleon Dynamite. Spolverate il tutto con un velo vagamente lynchiano e completate con qualche goccia di Valeriana. A questo punto potreste avere una vaga idea di che film possiate trovarvi di fronte. Folle, ed esilarante. (visto in home video import)
  9. L'ospite, di Duccio Chiarini (Italia)
    Di fronte alla possibilità di una gravidanza, la storia tra Guido e Chiara non regge. Guido allora vaga di divano in divano, mentre attorno a lui si sgretolano anche quelli che considerava punti di riferimento solidissimi. Duccio Chiarini, dopo il già ottimo esordio di Short Skin, racconta con intelligenza, profondità di sguardo e ironia agrodolce la precarietà sentimental-esistenziale dei 30/40enni di oggi. Bravissimi gli attori: Daniele Parisi, Anna Bellato, Silvia D'Amico e Thony. (Visto al Festival di Locarno e a quello di Torino)
  10. La disparition des lucioles, di Sébastien Pilote
    Una teenager di provincia, un padre lontano, un patrigno poco simpatico, un rocchettaro che le deve insegnare a suonare la chitarra. Opera terza del regista Québecois (uno molto bravo, che in Italia praticamente non si conosce), è un racconto di formazione che riesce a essere un classico film di questo tipo senza diventare mai trito o banale, e cogliendo al contrario una leggerezza che si fa agilità, un umorismo che non stona mai e una malinconia capace di riscattarsi. Notevole anche il ritratto degli adulti, e la colonna sonora. (visto al Festival di Torino)

Menzioni speciali vanno anche a: 3 Days in Quiberon di Emly Atef (Germania - Festival di Berlino), In Fabric di Peter Strikland (UK - Festival di Torino), Le Livre d'image di Jean-luc Godard (Francia - Festival di Cannes), Relaxer di Joel Potrykus (USA - Festival di Torino)



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