Non solamente intrattenere ma anche educare, stimolare il confronto e aiutare il percorso di reinserimento sociale dopo un periodo più o meno lungo di straniamento, esclusione, interruzione della vita così come la si vive normalmente. E’ questo il nobile scopo di Altri Sguardi, che porta il cinema nel carcere romano di Rebibbia e che in questo 2018 festeggia la sua seconda edizione. A inventarsi la rassegna è stata l'associazione di donne Mètide, fondata, insieme a Raffaella Mangini, dall'attrice Ilaria Spada, che ne è Presidente e che è anche ideatrice del progetto Tra le righe, un laboratorio di scrittura cinematografica animato da sceneggiatori professionisti esclusivamente dedicato alle detenute della sezione femminile del carcere di Rebibbia.
Con la giornalista Laura Delli Colli, il gruppo ha selezionato 6 titoli dell'ultima stagione cinematografica da proporre a una platea di 100 detenuti della sezione maschile di cui 80 a rotazione e 20 (i giurati) fissi. Dal 10 ottobre fino al pomeriggio di ieri, 13 dicembre, sono stati presentati Come un gatto in Tangenziale, Quanto basta, Metti la nonna in freezer, A casa tutti bene, Io sono Tempesta e, fuori concorso, Made in Italy. Chi ha partecipato a ogni proiezione e ai successivi dibattiti che hanno portato a Rebibbia autori, interpreti e produttori, ha capito immediatamente l'importanza e il carattere particolarissimo dell'esperienza.
Pur trovandosi di fronte a film spesso appartenenti al genere della commedia, i detenuti hanno trovato spunti di riflessione nelle storie raccontate, riconoscendosi, ad esempio, nelle dinamiche di periferia descritte dal film di Riccardo Milani, o protestando contro l'Italia delle raccomandazioni dopo la presentazione di Metti la nonna in freezer. Si sono commossi, infine, tanto da non trovare le parole per commentare, dinanzi alla storia di Rico e di Sara di Made in Italy, un'opera che, fra le altre cose, parla di seconde possibilità: "Questo film ci ha fatto pensare" - dice in proposito un detenuto a Kasia Smutniak e Domenico Procacci, che hanno volentieri accompagnato in un piccolo auditorium del penitenziario romano la terza regia di Luciano Ligabue. "Ci ha dato speranza, ci ha fatto riflettere sulle seconde opportunità, un po’ mi ha fatto sognare e un po’ mi ha messo tristezza, perché noi non sappiamo cosa ci succederà quando saremo fuori da qui".
Un altro osserva che la Smutniak e Stefano Accorsi sono una coppia perfetta e commenta: "E’ bello che al centro di un film ci sia una coppia che si ritrova, è una situazione che conosco, che ho vissuto". Procacci "incassa il colpo", da compagno di vita di Kasia, mentre lei ammette: "Anche se ci vogliamo bene, lavoriamo male insieme. Quando ho fatto il provino per Made in Italy, non volevo che Domenico lo vedesse". Poi, tornando al messaggio del film, dice: "A 20 abbiamo determinate aspettative e il futuro davanti a noi. A 30 dovremmo già aver realizzato qualcosa, e se non succede cominciamo a preoccuparci. A 40 e a 50 anni ci sembra che sia tutto finito, soprattutto se il bilancio è negativo. Invece no, la vita è ancora straordinaria. Ecco, Luciano ci fa capire che la vita è sempre meravigliosa e con le sue parole arriva al cuore delle persone".
A colpire i presenti è stata soprattutto la scena di Made in Italy in cui Accorsi scrive una lettera a un amico da Francoforte, dov'è andato a lavorare. Accade così che un detenuto, conosciuto come l'esperto di cinema, faccia notare: "Rico è uno dei tantissimi Italiani che sono stati costretti ad andare a cercare fortuna all'estero. E’ lontano dal suo paese e si sente sperso, in un certo senso somiglia un po’ a noi, che ci portiamo un'infelicità sulle spalle perché viviamo in una condizione di disinserimento".
Domenico Procacci ascolta con attenzione queste parole e dice che ci vorrebbero più occasioni come quella che sta vivendo, seduto su un palco accanto alla sua dolce metà e al giornalista Rocco Giurato che fa da moderatore. Uno "spettatore" a un certo punto alza la mano e gli fa i complimenti per la scelta di Ligabue, osservando: "Ho visto Radiofreccia, questo ha un altro passo. Possibile che dopo tre film Luciano s'è imparato a fa' il regista?". Il produttore non può che essere d'accordo e racconta di avercela messa tutta a convincere il rocker di Correggio a mettersi dietro alla macchina da presa nel 1998 e che da allora Liga è davvero migliorato.
Dopo il dibattito, arriva il momento della premiazione. Alcuni giurati salgono sul palco e proclamano vincitore Quanto Basta. A ricevere il premio - due mani che formano un inquadratura fatte con il sapone e il gesso da un ex detenuto - sono il regista Francesco Falaschi e l'attore Mirko Frezza, che è diventato un po’ l'eroe di Altri Sguardi 2018, perché durante l'incontro immediatamente successivo alla visione del film con Vinicio Marchioni e Luigi Fedele, è riuscito, con grande umiltà, a entrare in comunicazione con il pubblico del carcere. Seguono gli applausi, qualche foto e poi i detenuti tornano nelle loro celle, mentre i giurati festeggiano con il pandoro, il torrone e la Coca Cola. Sono le 8 di sera e fuori piove, e anche se siamo felici di aver partecipato alla "finalissima", ci sentiamo un po’ strani. Perché noi abbiamo una casa in cui tornare e nessun pregiudizio da combattere. Mentre gli "ospiti" del penitenziario romano sono bloccati in un limbo e forse incontreranno delle difficoltà una volta usciti. Anche per questo è sacrosanto portare loro un po’ di cultura e di umane e libere "cose".
Ringraziamo sentitamente Altri Sguardi, il penitenziario di Rebibbia e chi ci ha reso partecipi dell'esperienza, includendoci fra i pochi fortunati giornalisti invitati.
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