giovedì 21 ottobre 2021

Ron - Un amico fuori programma, i registi: "Manca poco a un robot del genere"

Arriva oggi nelle sale il film di animazione Ron - Un amico fuori programma, distribuito da Disney e targato 20th Century Studios: una fiaba moderna, dove il giovanissimo Barney riceve in regalo un robot / assistente personale B-Bot, proprio come tutti i suoi coetanei, che rimangono connessi grazie a questo prodigio tecnico della "Bubble". Il B-Bot di Barney però è fallato e si chiama Ron: sarà proprio il malfunzionamento del suo compagno digitale ad aprire a Barney un nuovo sguardo sui legami con amici e parenti... Abbiamo parlato del film con i suoi registi, Sarah Smith, Jean-Philippe Vine e Octavio E. Rodriguez, cercando di comprendere i temi che si celano dietro al loro umoristico ma assai intelligente racconto. Leggi anche Ron - Un amico fuori programma, la recensione del cartoon su un robot molto poco "social"

Ron - Un amico fuori programma, conversazione con gli autori del film animato

In conferenza stampa Rodriguez ci ha spiegato che il team ha cercato un "il registro più realistico possibile, mantendosi però semplici e leggibili, la semplicità è la chiave per comprendere la complessità. La plausibilità, che cogli con un adeguata stilizzazione, è la chiave per garantire l'immedesimazione del pubblico." E Sarah Smith ha deciso sin da subito che questa storia su esseri umani e robot non si sarebbe ambientata nel futuro, seguendo le convenzioni più trite: i bambini, ci spiega, tutto sommato usano una tecnologia molto avanzata già adesso. E l'umorimo è il perfetto viatico per far arrivare ai più piccoli (ma non solo a loro) i messaggi più stratificati. Di questo e di altri argomenti abbiamo poi discusso a parte con Rodriguez e Vine. Ecco la nostra intervista.

Mi piace che il film non sia contro la tecnologia, ma che affronti l'uso che se ne fa. Ho ragione?

Sì, siamo stati molto attenti a non dire cose negative sui social media, perché di fatto hanno reso possibile questo stesso film durante la pandemia, oltre che parlare con te adesso! Si trattava di capire cosa significasse filtrare tutti i nostri rapporti attraverso la tecnologia, o filtrare la nostra stessa identità. Era importante per noi, volevamo presentare un'alternativa a questo tipo di rapporti attraverso Barney e Ron.

Pensate che il messaggio del film oggi sia più forte, perché stiamo riscoprendo i legami fisici dopo i vari lockdown?

È molto in tema, specialmente parlando della pandemia, domandarsi: come ritroveremo questa connessione tra gli esseri umani? È una cosa importantissima. Dobbiamo abbracciare tutto questo, perché è ormai parte della nostra vita, con la tecnologia che lo rende possibile. Quindi la domanda più grande per noi è: come crei i momenti giusti per assicurare questo legame? È diventato un film molto sul pezzo, anche se non l'avevamo progettato perché lo fosse.

Mi incuriosisce una cosa: i ragazzini del film erano amici all'asilo, ma poi si sono persi di vista. Sembrate suggerire che i social media possano aver avuto un ruolo in questa separazione...

JPV: Abbiamo progettato il B-Bot per essere una specie di avatar, perciò rappresenta le cose che ti piacciono ed è una specie di personificazione della tua vita online (nel modo più buffo possibile). Il risultato di questo tuttavia è una certa banalizzazione, ed era a questo che miravamo. A mano a mano che le persone sviluppano interessi, l'algoritmo li connette con persone con gli stessi interessi, diventa tutto più tangibile. La gente crescendo si polarizza, abita all'interno dei suoi gruppi, e questo pesa soprattutto per Barney, perché lui non sa a quale gruppo appartenga.
OR: I ragazzini crescono e cambiano di personalità, magari sono amici quando sono più giovani poi crescendo sviluppano idee proprie, ma qui c'è un'amplificazione di tutto questo e sei costretto a rifletterci. È una cosa molto naturale, ti domandi sempre come ti inserirai in specifiche tribù precostituite, ma ora tutto questo è ingigantito dalla tecnologia.

Mi piacerebbe sapere qualcosa sul processo di design dello stesso Ron e dei B-Bot, quali sono state le vostre ispirazioni per creare il loro aspetto?

Abbiamo provato a immaginare cosa avremmo fatto se fossimo stati la Apple! [ridono] Vi ricordate dei mouse Apple dei primi Duemila? [...] Praticamente il B-Bot è un iPad che parla e cammina! [...] Comunque era importante per noi creare questa compagnia, la Bubble, in modo tale che fosse molto seducente, incentrata sul design. Ci siamo chiesti come sarebbe stata una compagnia che avesse tutte le risorse possibili e anche i migliori designer: che aspetto avrebbe avuto un robot progettato da loro? Volevamo che avesse un design industriale semplice ed elegante, bellissimo ma anche versatile. Doveva avere uno schermo di 360°, per visualizzare le skin, si doveva poter trasformare, dovevi poterlo guidare. C'è stata un'evoluzione del suo aspetto, cercando la semplicità e la pulizia a mano a mano, per trovare la flessibilità necessaria all'animazione.

E ci sono un sacco di texture sui B-Bot, ho apprezzato molto la fantasia che avete dimostrato nel crearle!

L'idea è che li puoi personalizzare. La cosa interessante è che Ron è praticamente la regolazione di default di un B-Bot, solo dopo dovresti cambiargli la skin, ma il bello è che lui è in uno stato embrionale.

Vi piace la robotica? Pensate che qualcosa come Ron potrebbe esistere in un prossimo futuro?

JFV: Beh, direi di sì! [Ride] Direi che ci stiamo muovendo in quella direzione. Abbiamo studiato molto lo stato attuale dei robot, è forte perché c'è una certa fusione in corso tra la tua assistente personale stile Alexa o Siri e la personificazione tipica di un piccolo robot. Nessuno di loro mostra la versatilità e il design che abbiamo messo nei nostri B-Bot, ma forse non manca molto. Abbiamo chiesto l'aiuto della Sphero, che realizza giocattoli tipo quello del BB8 di Star Wars, per progettare Ron come se fosse un robot vero. Se il film incasserà milioni, il robot vero dovrebbe anche vendere un casino!
OR: Se pensate al nuovo pod di Amazon, ci si avvicina molto, ci siamo quasi sul serio...

Potreste dirci qualcosa sugli studi che hanno dato vita al film? La gente potrebbe pensare che sia un film Disney, ma mi pare proprio che sia una produzione inglese in tutto e per tutto...

JFV: La Locksmith Animation è stata fondata da Sarah Smith, Julie Lockhart ed Elisabeth Murdoch, avevo lavorato con loro alla Aardman a Bristol, sono state in grado in pratica di riunire le migliori persone a disposizione. Octavio e io avevamo poi lavorato insieme alla Pixar, avevamo trascorsi di collaborazione nel dipartimento storia. La Locksmith era essenzialmente una start-up, che cercava di fare un film con una narrazione a livello della Pixar. Allo stesso tempo la Double Negative stava anche avviando la sua divisione animazione, quindi erano in gioco due start-up! Sapete che c'è? Secondo me alla fine ce l'abbiamo fatta, siamo stati all'altezza della narrazione che ci eravamo prefissati.
OR: È stato fantastico, siamo stati molto fortunati ad avere le persone con cui ci siamo trovati a lavorare. La DNEG è una corazzata degli effetti visivi, in Inghilterra e nel mondo intero. Il talento che abbiamo avuto a disposizione alla Locksmith per fare il nostro primo lungometraggio animato è stato... incredibile. È una cosa che ti rende umile, puoi solo ringraziare. Non vediamo l'ora che la gente veda il film!


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