sabato 23 ottobre 2021

E noi come stronzi rimanemmo a guardare, il cinema politico di Pif alla Festa di Roma

Pif ha presentato alla Festa del Cinema di Roma il suo terzo film da regista, E noi come stronzi rimanemmo a guardare, uno Sky Original targato Wildside e Vision Distribution, al cinema in uscita limitata il 25-26-27 ottobre. Si tratta di una commedia distopica ma non troppo, ambientata in un futuro poco remoto, dove un manager si ritrova liquidato dallo stesso algoritmo che ha ideato per ottimizzare le risorse: a 48 anni, non trovando lavoro, cerca di sopravvivere come rider per una fantomatica Fuuber. Alla conferenza stampa Pif era accompagnato dal protagonista Fabio De Luigi, da Ilenia Pastorelli (che nel film interpreta un ologramma di cui s'innamora Arturo), dal cosceneggiatore Michele Astori e da Mario Gianani, producer di Wildside.

"Questa è la mia prima storia di fantascienza (e magari anche l'ultima!"), scherza Pif, che con Astori aveva immaginato il film a partire da un'idea del collettivo I Diavoli, come storia ambientata "poco più avanti". Pif ammette tuttavia che la sceneggiatura, nata prima del Covid, si trova adesso a essere più attuale del previsto: "Il Covid ha un po' azzerato quell'avanti, ci siamo trovati tutti soli a usare la tecnologia per connetterci." Alla luce di recenti situazioni come l'attacco alla CGIL, persino la scena del film in cui un gruppo di festaioli di tendenza balla in costume "Faccetta nera" , senza capirne più il senso, è sembrata a lui e al resto degli autori meno distopica del previsto. Ulteriore motivo, ci spiega, per prendere il titolo del film alla lettera, spronandoci a prendere posizioni più nette.

E noi come stronzi rimanemmo a guardare è un film politico, ma va chiarito bene in quale modo: Astori spiega che la sua sintonia con Pif, giunta ormai al terzo lavoro, nasce dalla stessa intenzione, quella cioè di farci riflettere sulla nostra condizione attraverso le risate. Gli fa eco Gianai, che non teme di certo le definizioni: "La tecnologia non è neutrale, dipende dall'uso che ne facciamo. Questo è un film politico nel suo messaggio, perché ciò che appare neutrale entra più facilmente nelle nostre vite."
D'altronde De Luigi, che nel film interpreta quello che lui definisce "un principe azzurro senza cavallo", pensa sia "ottimistico dire che il futuro del film ci aspetta da qui a 30 anni. Parliamo di persone che vivranno solo di bisogni indotti." Tutto questo è molto più vicino di quanto pensiamo: Pif giura che due idee della storia, il lavoro di rider 24 ore su 24 senza turni e i voli "low low cost" con posti in piedi sono idee sulle quali si sta già meditando, in modo inquietante. Ilenia Pastorelli, che ha modellato la sua "Stella" sulle Letterine di Passaparola, ammette di incarnare lei stessa questa passività dalla quale il film vorrebbe scuoterci: "Onestamente non sapevo nemmeno cosa fosse un algoritmo prima di fare questo film. Forse il film può aiutare anche chi è ignorante come me a capirlo. Online poi siamo circondati da truffe, e il mio personaggio in un certo senso è lei stessa una truffa."

Giocando su un territorio a metà strada tra la fiaba, la fantascienza e il visionario, qualche giornalista in sala richiama ispirazioni illustri nel Metropolis di Fritz Lang o in uno degli ultimi cortometraggi di Manoel De Oliveira. Con ilare umiltà Pif anticipa le ironie: "Beh, in fondo io e Fritz Lang abbiamo la stessa partita IVA." Ma seriamente aggiunge ispirazioni concrete per il tono di E noi come stronzi rimanemmo a guardare, cioè Playtime di Jacques Tati e Her di Spike Jonze, anche se qualsiasi premessa poi si trasforma via via - si spera - in qualcosa di più personale.
Perché scegliere la professione del rider? Pif e Astori spiegano che si tratta di un simbolo molto immediato di quella "gig economy" che lui ribattezza, riprendendo le parole di un'intercettazione di una recente inchiesta, "sistema per disperati". È soprattutto un simbolo facile da riconoscere per chi vive nelle città: chi è schiavizzato per raccogliere frutta e verdura nelle campagne sta ancora peggio di un rider, ma è ahinoi al di fuori del campo visivo. Astori, con un tono tra il serio e lo sberleffo che condivide con Pif, rivendica la base di credibilità nella costruzione della "carriera" del rider, raccontata dopo averne discusso con molti interessati. "È lo stesso tema toccato da un altro collega di Pif, Ken Loach [con Sorry We Missed You, ndr], solo che noi abbiamo fatto una commedia, lui un film drammatico."



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