domenica 27 ottobre 2019

Rende, 28 ottobre: con 'Notte senza fine' per la rassegna "L'ora del lupo"

Si avvia verso la conclusione la rassegna "L'ora del lupo", ideata e curata da Ugo G. Caruso e Orazio Garofalo ma non prima di avere offerto ancora qualche serata all'insegna dell'inquietudine, dell'oscuro, del turbamento, dell'incubo. La linea, ormai è noto, non è quella del brivido da effettaccio e men che meno del trucidume sanguinolento in voga da decenni, bensì quello del trasalimento e della paura più sottile, la stessa che alimentava i titoli fin qui presentati. Ed infatti lunedì 28 Ottobre alle ore 20.45 al Cinema Santa Chiara di Rende è in programma un celebre titolo che forse però è stato dimenticato dal grande pubblico ed è pure poco noto alle nuove generazioni di cinephiles, ragioni che hanno indotto Ugo G. Caruso a riproporlo. "Notte senza fine" (Pursued), firmato nel 1947, ovvero nel suo periodo alla Warner, da Raul Walsh, uno dei più importanti registi del cinema americano sin dai tempi del muto (un titolo per tutti, "Il ladro di Bagdad"), rappresenta un originale e riuscito esperimento di trasferire le atmosfere tipiche del noir negli scenari di un genere hollywoodiano ancora più classico, il western.

La trama

Jeb Rand (Robert Mitchum) è tormentato da un incubo ricorrente che evidentemente riguarda il suo passato: un paio di speroni che luccicano, un uomo che imbraccia un fucile e che dopo essere stato colpito da una raffica di proiettili, cade a terra stecchito. Deciso a capirne la causa, scopre che all'origine c'è una faida tra due famiglie nel New Mexico. Per liberarsi dei vecchi traumi, la vendetta appare l'unica soluzione possibile. Sono gli anni in cui la psicoanalisi va sempre più di moda, anche sul grande schermo (basti pensare a "Io ti salverò" di Alfred Hitchcock del 1945 o "La scala a chiocciola" pure del 1945 e "Lo specchio scuro" del 1946, entrambi di Robert Siodmak o "Dietro la porta chiusa di Fritz Lang, sempre del 1947) e persino un regista rigoroso ed essenziale come Raoul Walsh ne subisce il fascino. Quella di Jeb Rand (interpretato da un efficace Robert Mitchum) è un'appassionante ricerca tra i propri demoni interiori, ombre di un passato che non è stato ancora portato completamente alla luce. Il grande regista francese Bertrand Tavernier quando ancora scriveva di critica lo definì un "western freudiano ed onirico", molto influenzato dalle atmosfere del noir e dalla suspence tipica del giallo, la cui trama si dipana come in un lungo flashback. Walsh sa come dare perfetto equilibrio al tutto (anche negli spostamenti tra passato e presente del personaggio) e confeziona una pellicola fortemente coinvolgente, dall'ottima resa audiovisiva, grazie alle musiche di Max Steiner e alla fotografia di James Wong Howe. Quest'ultimo aveva già collaborato con Walsh per Bionda fragola (1941) e, soprattutto, per Obiettivo Burma! (1945), un altro degli esiti più interessanti della carriera del regista americano. Accanto a Mitchum una Teresa Wright intensa come sempre affiancata da Judith Anderson, Dean Jagger, Alan Hale e Harry Carey Jr. Un film che forse rappresenta un unicum nel panorama del cinema classico americano e che non poteva non figurare in questa rassegna.



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