Gli anni Ottanta come non li avete mai conosciuti o come non siete stati abituati a concepirli. Potrebbe essere racchiuso in questo breve concetto il testo di Pier Maria Bocchi e dedicato all'universo eighties del cinema statunitense. Come bene sottolinea Mario Maffi nell'introduzione al volume edito da Bietti per la propria collana Heterotopia, Invasion USA rappresenta una sorta di macchina del tempo attraverso la quale, con efficacia e concretezza, l'autore ci spinge nelle sponde inesplorate di un'epoca per conoscerne a fondo le propulsioni ideologiche alla base di un cinema contrastato e in parte contraddittorio. Gli anni Ottanta rappresentano un ponte fondamentale tra un'epoca di contestazione, in cui l'intento rivoluzionario iniziale si dissolve nella disillusione più totale, e l'esplosione pop dei '90 generalmente giocata tra indipendentismo graffiante e risistemazione sistemica dell'industria hollywoodiana. Bocchi traduce bene l'idea di ponte e costruisce la propria opera seguendo un itinerario virtuale con un punto di partenza e uno di arrivo. Nei primi capitoli l'autore si sofferma infatti sull'origine del decennio in questione, ne analizza gli antefatti, ne ricerca le spinte culturali, ne studia le influenze subite sia dal cinema passato che dal contesto sociopolitico del tempo. Ed è così che, tra un titolo e l'altro, si ripercorre anche una porzione di storia d'America affascinando il lettore con un continuo e mirabolante balzo tra l'evoluzione del cinema, con i suoi cavalieri più sfrenati (Spielberg e Lucas solo per citare i due più eighties), e la cronaca degli eventi dominanti di quegli anni. Primo fra tutti l'ascesa di Ronald Reagan e del suo concetto sfrenato di liberismo e neo-conservatorismo fatto di odio e ricerca spasmodica del nemico. E' il periodo della nascita dello show business come siamo stati abituati a pensarlo, con l'espansione dei mercati di fruizione alternativi e la crescita esponenziale del pubblico, dello sviluppo di un cinismo collettivo visibile in ogni strato sociale e culturale, della conseguente nascita dello yuppismo, dell'arrivismo sfrenato, dell'idea dell'uomo come self-made-man. Concetto trasfigurato dai e sui volti di Gordon Gekko e Tony Montana. Ma anche della nuova spinta contestatrice principalmente basata sulla ricerca di nuovi diritti per i più deboli definitivamente emarginati da una politica machista e identitaria (dilagante è il ritorno a film moralisti, conformisti o apertamente razzisti). Sono gli anni della politica estera più “fredda” mai esistita dal dopoguerra con l'impero del male pronto a mettere in discussione la sana e robusta famiglia statunitense (ecco i Rocky, i Rambo, i Commando e i Predator, gli Star Wars e i Delta Force) e la politica interna più chiusa su se stessa che si ricordi con il grande deficit economico, il classismo galoppante, l'elevata spesa economica militare e il taglio delle tasse. E' la reaganomics, quella che, in sostanza, ha fatto del concetto del “me” la sua arma di propaganda e la sua chiave di ingresso nella nuova idea di società capitalistica. Bocchi interagisce bene con questi argomenti mostrandosi capace di correre da un tema all'altro seguendo una linea narrativa agile. Non si lascia imbrigliare dalla cadenza storica ma si fa guidare da una passione per l'argomento che traspare in ogni angolo del testo.
Il ponte da lui costruito gli permette di vedere le ripercussioni del cinema degli anni '70 su quello degli '80, gli consente di controllare, come un padre con la sua creatura, cosa di buono in termini cinematografici sia stato tradotto dal nuovo decennio. Vede con un occhio il cinema mainstream e ce lo racconta con dovizia e meticolosità (la moda delle saghe e dei muscolosi eroi) salvo poi aprire a dismisura l'altro occhio per raccontarci con gioia quelle porzioni di cinema a noi meno conosciute (prova ne è l'elenco finale dei 20+1 film scelti dall'autore). Interessanti sono le analisi accurate dell'evoluzione del mercato, dei suoi cambiamenti (per una volta i numeri e le cifre attirano l'attenzione del lettore perché inseriti in un contesto ben delineato invece di essere freddamente sviscerati). Della prepotenza del già citato duo Spielberg-Lucas e della nuova idea di cinema che da esso ne scaturisce (con tutte le conseguenze del caso), del cambiamento a cui è stata costretta sia l'industria cinematografica che la critica di quegli anni (obbligata a ripensarsi in virtù di un patto mai esistito tra pubblico e qualità di prodotto). Bocchi guarda con interesse alla fine dell'epoca passata e all'inizio di quella ventura con un approccio meticoloso. Ricerca a fondo i punti di contatto e di rottura e, ad esempio, li riporta nelle singole filmografie degli autori affermati, per scoprire come miti del passato abbiano subìto passivamente il trasloco negli eighties (Arthur Penn, Peter Bogdanovich, Robert Altman) mentre altri ne abbiano compreso appieno lo spirito nei loro film (i suoi quattro sono Woody Allen, Martin Scorsese, John Carpenter e, soprattutto, Brian De Palma). Stessa operazione la attua con i generi cinematografici. Li distende sul suo lettino analitico e con eguale concretezza li segmenta per mettere in evidenza come il fenomeno sia stato, in alcuni casi, al centro di un ripensamento, talvolta rimescolamento, come mai accaduto prima e in altri sia stato il veicolo principale di rigenerazione produttiva delle major grazie al ricorso ad alcune rinvigorite e specifiche tipologie di film (fantascienza, fantasy e avventura in special modo). Da questo emergono questioni non poco rilevanti che mettono in crisi la produzione cinematografica e riscrivono i confini dei generi senza i paletti dei cliché abituali. Il neo-conservatorismo velato incastonato nella saga comica e dissacrante della famiglia Griswold è infatti un esempio calzante, secondo Bocchi, del nuovo approccio all'arte cinematografica (corrotta per certi versi ma anche aperta ad ogni evenienza) così come lo è tutto il resto del cinema di Hughes il quale, dietro un approccio all'apparenza rivoluzionario, si cela in realtà un profondo attaccamento all'americanismo più puro e diretto. La bravura dell'autore risiede anche nel saper calibrare la propria visione del periodo cinematografico con la mole di incursioni citazioniste tratte dai saggi, dai testi, dagli articoli e dagli scritti di affermati studiosi americanisti. In un dialogo costante fatto non solo di condivisioni ma anche di contrapposizioni verso ideologie e concetti sino ad oggi radicati, il bravo Bocchi trascina il proprio lettore, appassionato o studioso che sia, verso la fine di un viaggio breve ma intenso senza mai imbrigliare la scrittura nella pachidermica struttura antologica, senza aspirare al giudizio definitivo nei confronti dei fenomeni analizzati ma interagendo con il proprio lettore.
Le sezioni appaiono come detto brevi ma catturano l'essenza del periodo storico e, ad ogni lettura, lasciano in eredità al fruitore una serie di spunti di riflessione, di interrogativi potenzialmente efficaci per nuovi coinvolgenti e ipotetici spin-off sul grande argomento degli '80 statunitensi. Chissà se non ci sia spazio per queste evoluzioni in un futuro prossimo?
Autore: Pier Maria Bocchi
Prefazione: Mario Maffi
Titolo: Invasion USA - Idee e ideologie del cinema americano anni '80
Editore: Bietti
Collana: Heterotopia
Dati: 204 pp.
Anno: 2016
Prezzo: 18,00 €
Isbn: 9788882483494
web info: Scheda libro sul sito Bietti Editore
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