giovedì 28 maggio 2020

Bar Giuseppe: il nuovo film di Giulio Base in esclusiva su RaiPlay dal 28 maggio


Si chiama Bar Giuseppe, il nuovo film di Giulio Base dal 28 maggio è disponibile in esclusiva su RaiPlay; il secondo dopo Magari di Ginevra Elkann di una serie di film italiani che, per volontà di Rai Cinema e RaiPlay, saranno offerti al pubblico italiano sulla piattaforma streaming gratuita della Rai.
Si chiama così perché le vicende ruotano tutte attorno a un bar di una stazione di servizio nei pressi di Bitonto, in Puglia che ha lo stesso nome, che poi è anche quello del personaggio interpretato da Ivano Marescotti che lo possiede e gestisce. Ma basta fare un facile esercizio di immaginazione e sostituire le due consonanti della parola "bar" con altre per capire che il motivo è anche un altro.

Il Giuseppe del film è un uomo silenzioso e dedito al lavoro. È rimasto vedovo da poco, e i due figli (uno il fornaio del paese, l'altro uno scapestrato che frequenta brutti giri) vorrebbero che andasse in pensione. Ma Giuseppe, testardo, continua a lavorare, in quel bar dove si ritrovano, in pace, sia la gente del paese che i tanti immigrati che lavorano nella zona. Tutto da solo Giuseppe non può fare, e allora prende con sé Bikira (interpretata dall'esordiente Virginia Diop), il cui nome significa "vergine", una ragazza di 18 anni buona e gentile, che si prenderà cura di lui: tanto che tra loro nasce un casto amore, e decidono di sposarsi nonostante lo scandalo che suscita il loro matrimonio. Ma il loro legame diverrà ancora più sconvolgente anche per un altro motivo: una gravidanza apparentemente inspiegabile.
"Questo film nasce dal mio incontro casuale con un libro, trovato mentre gironzolavo in libreria: "Giuseppe", scritto dal cardinale Gianfranco Ravasi," racconta Giulio Base, che del film è anche sceneggiatore. "Un libro di poche pagine, ma potenti, che mi hanno colpito e fatto rendere conto che, pur avendo studiato le scritture, alla fine di San Giuseppe io non sapevo nulla, solo quello che basta per piazzarlo nel presepio. Se ci pensate, Giuseppe nei Vangeli non parla mai. E allora è nata in me la voglia di elaborare e portare nel presente questa figura di uomo silenzioso, giusto, lavoratore, così diverso da da quelli del nostro mondo in cui la logica è, al contrario, sempre quella del passo avanti, della dichiarazione svolgorante e ad alto volume, in cui si parla di continuo di crisi della paternità."

Il Giuseppe di Bar Giuseppe come il San Giuseppe della Sacra Famiglia, quindi. Ma Bar Giuseppe non è un film rivolto soltanto a un pubblico cattolico. "Non volevamo fare il presepino, il racconto del catechismo: volevamo raccontare una storia d'amore," spiega Base. "Anche per questo abbiamo costruito il film cercando di regalare a personaggi e spettatori la possibilità di dubitare, di inserire elementi che potrebbero giustificare il racconto anche in funzione di una gravidanza non miracolistica. Seminare il dubbio affinché riesca la storia del nostro film ad essere un enigma in cui ogni spettatore trova risposte personali, ma mai moralistiche."
Per Base era poi anche importante dare al suo film anche una dimensione politica (anzi, "filosofica", specifica il regista, "nel senso di raccontare il mondo come mi piacerebbe vederlo") raccontando in un certo modo la convivenza tra italiani e immigrati nel bar di Giuseppe. "Per quello però non mi prendo alcun merito, perché il bar dove abbiamo girato, trovato dopo un lungo periodo di scouting perché quel luogo io lo volevo proprio fatto in quel modo lì, è realmente un esempio perfetto di meravigliosa umanità, e di rispetto reciproco. Pasquale, il proprietario di quella stazione di servizio, ha messo sul retro del bar una di quelle stazioni di ricarica per i cellulari, così le persone, alla fine di una giornata di lavoro, passano da lui per ricaricare il telefono, e nel mentre consumano qualcosa."

Base non nasconde che, come ogni regista, per il suo Bar Giuseppe avrebbe sognato una distribuzione in sala ("Eravamo lì lì per farcela," racconta) ma, al tempo stesso si dice contento che il suo film arrivi su RaiPlay: "La sala è più importante, è innegabile. Non è un caso che la parola "cinema" indichi il lavoro della produzione di un film e anche il luogo dove poi se ne fruisce, ma in una condizione come quella che stiamo vivendo non posso che dire grazie a RaiCinema e RaiPlay, perché ora il io film è nelle mani del pubblico."
Un pubblico che, come spiega Maurizio Imbriale di RaiPlay, sembra gradire l'offerta a sua disposizione: "I dati realtivi a Magari ci parlano di 400mila visualizzazioni in cinque giorni, dati che ci lasciano molto soddisfatti. I blockbuster li lasciamo ai nostri competitor," dice, "su RaiPlay cerchiamo di fare una programmazione ragionata, mettendo sempre il cinema italiano in cima alle nostre preferenze come è giusto per un servizio pubblico, ma dando anche spazio alle produzioni europee. Cerchiamo di fare una programmazione selettiva e di qualità, con questa serie di quattro titoli italiani prime visioni assolute e altri 4 mai visti in tv, che per noi è un'occasione molto importante, con i film di Fuori Orario, e, da ottobre, con un quello che chiamiamo un cineclub. Non ci vogliamo sostituire alle sale, ma i nostri 15 milioni di abbonati rappresentano una grande platea per film belli e interessanti, che forse in sala avrebbero avuto una vita distributivamente complessa."



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