Anche i boomer, che sono poi i genitori o i nonni dei ragazzi di oggi, sono stati giovani e avventurosi. E lo erano in un mondo molto diverso da quello attuale, dove ogni viaggio era una scoperta (a volte anche rischiosa), le comunicazioni erano lente, l'autostop era il mezzo di locomozione preferito ed esisteva una realtà, oltre la cosiddetta Cortina di ferro, davvero altra ed “esotica”. Antonio Pisu in Est – Dittatura Last Minute cinque anni fa ci ha portato nella Romania dell'epoca, sulla scorta di un vero viaggio fatto da tre ragazzi di Cesena, e adesso, il 13 febbraio, riporta al cinema i protagonisti – interpretati da Lodo Guenzi, Matteo Gatta e Jacopo Costantini – in un sequel ambientato in Bulgaria, Tornando a Est, che racconta un loro nuovo viaggio a Sofia nel 1991, due anni dopo la fatidica caduta del Muro di Berlino, quando le barriere fisiche tra gli Stati vennero abbattute e il cosiddetto “comunismo reale” lasciò per un po' il posto alla speranza di un futuro migliore, più giusto e libero per tutti. Sembra preistoria, eppure, storicamente parlando, è l'altro ieri. Per Rice, Pago e Bibi, partire da Cesena per andare verso est, era un mettere alla prova la loro amicizia e i loro valori, ma soprattutto cercare un'evasione “esotica” in un'altra dimensione. Noi vi raccontiamo perché vale la pena di vedere Tornando a Est, anche con le parole dei protagonisti.
Tornando a Est: cosa succede nel sequel
Dopo il viaggio in Romania, in cui gli sprovveduti Rice, Pago e Bibi si erano trovati nei guai per una valigia “di troppo”, i tre decidono di ripartire. le cose sono un po' cambiate, Rice ha un lavoro stabile, mentre Pago coltiva il sogno di aprire un cinema e Bibi è ancora alle prese con la ricerca dell'amore. Stavolta, infatti il pretesto è sentimentale: accompagnare l'amico pasticcione a Sofia, dove vuole incontrare Yuliya, una bella ragazza bulgara con cui corrisponde da mesi. Arrivati sul posto, però, si trovano al centro di un intrigo internazionale, scoprono che la ragazza ha un piano personale da realizzare e inavvertitamente la mettono in pericolo, facendo saltare uno scambio di documenti segreti tra un malavitoso italiano, Natalino (Cesare Bocci) e un criminale bulgaro (Zachary Baharov) e attirando le attenzioni della polizia italiana, che sta per incastrare il primo. Riusciranno a togliersi dai guai anche stavolta?
Tornando a Est: un cast affiatatissimo in un'ambientazione d'epoca
Anche se è e essenzialmente una commedia, Tornando a Est, pur giocando coi temi del genere spionistico, tratta anche argomenti tragici e ancora attuali, come la tratta delle bianche, ovvero le ragazze attirate in Italia con la promessa di un lavoro e costrette a prostituirsi da feroci sfruttatori. Rice, Pago e Bibi si trovano ancora una volta in una situazione più grande di loro e la affrontano con l'ingenuità e la generosità di persone estranee a questo tipo di dinamiche. Stavolta siamo a Sofia, che rispetto alla Romania di Ceasescu è sempre stata la capitale più particolare dell'Est, e lo è tuttora, come ci ha raccontato Lodo Guenzi che interpreta Rice, ovvero Andrea Riceputi, uno dei veri protagonisti della storia nonché co-produttore del film: “In Romania si sentiva tantissimo l'ex comunismo, anche in Slovacchia dove sono stato da ragazzo. In Bulgaria hai la chiesa ortodossa fronte alla moschea, di fianco la sinagoga, sono tutti mezzi mediterranei, mezzi turchi e mezzi greci. Hanno avuto i sovietici ma anche secoli e secoli e secoli di dominazione ottomana, tanto che ce l'hanno ancora con i turchi più che con i russi. Bucarest è una città che in qualche maniera non si è più ripresa, invece Sofia è una città che è un po' più nel mondo, nel Mediterraneo”.
Anche se sono tutti giovanissimi, e in molti casi, come ci ha detto Matteo Gatta, hanno saputo com'era all'epoca parlando con gli adulti della troupe e del cast bulgaro, una delle new entry, Caterina Gabanella, che interpreta la poliziotta italiana, si è fatta in prima persona un'idea di quello che restava di quel mondo: “io nel 2000 pattinavo, avevo un'allenatrice bulgara e mi allenavo a Sofia. Allora sembrava veramente di andare oltre un confine, era un mondo altro, mi ha stupito tantissimo avere avuto adesso questa opportunità di vivere invece una Sofia esattamente uguale a quello che può essere Roma, a parte dei luoghi che abbiamo trovato ma non c'è più un confine. Trovo che ci sia malinconia e una grande magia nell'idea di andare oltre un confine e noi giovani oggi abbiamo poco questa opportunità, mentre il produttore Paganelli l'ha vissuta”. Antonio Pisu, figlio d'arte, attore e regista, è forse quello più vicino, anagraficamente, agli anni raccontati nel film. C'è anche un po' di nostalgia per quell'ingenuità? “Io sono a cavallo tra queste due epoche, ho vissuto il periodo in cui non c'erano i telefonini, ero in tournée a teatro e giravi con la cartina stradale, il Tuttocittà, dovevi tirar giù il finestrino per chiedere informazioni, quindi ho vissuto anche quello. Più che nostalgia, a me oggi dà fastidio la velocità, era tutto più a misura d'uomo al tempo. Adesso se ogni secondo non lo impieghi a fare qualcosa sembra che stai perdendo tempo, non c'è più spazio per se stessi, è molto strano. Inoltre allora non c'era allora nei viaggi una lingua comune, poteva essere un francese arronzato e se vedevi un cartello in cirillico non era semplice capire, mentre oggi sai sempre dove andare”.
Buona parte della riuscita del film si deve all'evidente affiatamento del cast, che è stato immediato e si è ricreato subito, 4 anni dopo, una volta tornati sul set. Matteo Gatta confessa al riguardo un lato insolitamente tenero: “Non posso che fare sviolinate romantiche e banali, però il rapporto che noi tre abbiamo creato è qualcosa che era impensabile all'inizio. Quando ho conosciuto Jacopo (Bibi) per la prima volta ero sicuro che mi sarebbe stato sulle scatole, poi ho conosciuto Lodo che era famoso e mi rendevo conto che avevo dei comportamenti strani perché non avevo mai conosciuto una persona famosa. E invece sono bastati due o tre giorni e ci siamo trovati uniti. Forse il piano della sintonia è vivere un'esperienza così privilegiata, lontani da tutto e dai soliti problemi, e viverla una seconda volta, mi commuovo perfino a dirlo e Antonio lo sa, per me è stato il mese e mezzo più bello della mia vita. Ero davvero sulle ali del divertimento, libero dal pensiero economico. (…) Io sono quello che spingeva sempre per dormire assieme, ce l'ho fatta un paio di volte in Romania, ma in Bulgaria non me l'hanno concesso, perché siamo invecchiati, evidentemente".
Cesare Bocci, un “villain” perfetto
Una spy story non può dirsi pienamente riuscita se non ci sono cattivi degni di questo nome. E se da parte bulgara c'è il feroce criminale interpretato da Zachary Baharov (se vi sembra di averlo già visto, non vi sbagliate: era anche nel Trono di spade), la sua controparte italiana è un bizzarro delinquente marchigiano di nome Natalino, interpretato con verve da uno dei nostri villain preferiti di cinema e tv, Cesare Bocci, che ci ha raccontato come è nata questa caratterizzazione, in sintonia con Pisu, che conosce e stima da tantissimo e i cui perfetti tempi comici a teatro, ci dice, ricordano quelli di Nino Manfredi:
Prima gli ho proposto di caratterizzarlo con un dialetto veneto, abbiamo provato ed è venuto benissimo, poi lui mi ha proposto di farlo marchigiano, visto che io sono di lì. Inizialmente ero scettico perché è un dialetto che è sempre stato usato per far ridere, come una presa in giro, ma poi ci siamo troppo divertiti a farlo, mantenendolo comunque cattivo, un cattivo che mi mancava ancora, perché in genere io con la fisicità e la faccia che ho faccio proprio il cattivo bastardo, mentre in questo caso essendo tragicomico andava caratterizzato in qualche modo. Abbiamo pensato che avesse perso i capelli, visto che Antonio è veramente uno spacciatore di capelli per quanti ce ne ha, lo abbiamo pensato completamente calvo con il riporto. Ci è piaciuto tantissimo e in più abbiamo deciso di non fargli mai vedere gli occhi e infatti non si toglie mai questi Ray-Ban fumé, dietro cui si nasconde ed è venuto fuori questo personaggio un po' sui generis che comunque non scade mai nel comico, è la situazione che deve essere comica. Per quel che riguarda il fatto che parla per proverbi, è venuto fuori un giorno che stavamo cazzeggiando. Io gli ho declamato una poesia d'amore in marchigiano e poi gli ho detto anche un proverbio. Da lì è venuta l'idea di farglieli dire, però storpiandoli, come nella scena verso la fine quando dice” ricordati che la ruota gira” e invece di dire “e ci rincontreremo” dice “e si sgonfia” o qualcosa del genere, insomma ci siamo molto divertiti anche interagendo coi ragazzi. Quello che rende più semplice il lavoro è avere un gruppo affiatato. Se c'è un regista che è nervoso e non sa imporre la propria autorevolezza - non l'autorità – con tranquillità, non ha le idee chiare e non le chiarisce a tutti lì cominciano i problemi. Antonio invece sa benissimo cosa deve fare e lo fa con grande eleganza, gentilezza e rilassatezza e perciò ti trovi a lavorare bene e con piacere.Leggi anche Tornando a Est: il nuovo on the road di Lodo Guenzi e soci in Bulgaria due anni dopo la caduta del muro di Berlino
Tornando a Est: in conclusione
Chi vedrà Tornando a Est si chiederà sicuramente quanto c'è di vero nelle storie raccontate nel film. Lasciamo la parola proprio ad Antonio Pisu, che ci spiega anche cosa gli è piaciuto di questi tre ragazzi degli anni Ottanta: "Di vero ci sono i fatti storici dell'epoca e i viaggi che questi ragazzi facevano insieme e anche qualche episodio che vediamo durante il film (quello che riguarda La Piovra è davvero accaduto, ndr), poi chiaramente il motivo e l'intreccio per cui questi ragazzi in questo caso sono entrati in contatto con altre storie è frutto di invenzione, una forzatura narrativa per portare avanti una storia vissuta da loro tre. Quello che mi è piaciuto nei personaggi è il tipo di sguardo che hanno verso un mondo del genere, ovvero non sono tre storici o tre esperti, sono tre giovani che vogliono semplicemente vivere una vacanza e quindi lo spettatore attraverso la leggerezza di tre ragazzi italiani che vivevano in pieno boom economico vedono un paese - in questo caso la Bulgaria, nel primo film la Romania - che vive una realtà totalmente diversa, con uno sguardo leggero. Quindi questa contrapposizione tra il dramma e la leggerezza è dato dal proprio dal loro sguardo”.
Uno sguardo che vi conquisterà se sceglierete di vedere al cinema dal 13 febbraio Tornando a Est, magari dopo aver prima recuperato online Est – Dittatura Last Minute.
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