Il 2 febbraio del 2014, cinque anni fa, Philip Seymour Hoffman veniva trovato senza vita nel bagno del suo appartamento al 35 di Bethune Street, nel West Village newyorkese.
Secondo le dichiarazioni dei poliziotti arrivati nel luogo del decesso, l'attore aveva una siringa conficcata nel braccio. Il coroner, successivamente, stabilì che la causa della morte, accidentale, era stata causata da un'overdose causata dall'assunzione di un mix di sostanze, tra le quali eroina, cocaina, benzodiazepine e anfetamine.
Che Hoffman avesse avuto dei problemi seri con la droga, non era un mistero per nessuno. Ma la sua morte arrivò comunque come un fulmine a ciel sereno, perché a quei tempi tutti pensavano che le sue dipendenze fossero perlomeno tenute sotto controllo, quando non sparite. Tre anni dopo la sua morte, la compagna dell'attore, Mimi O'Donnell, scrisse per Vogue un pezzo bellissimo e commovente sulla sua vita con lui, e del peso tremendo sulla loro vita dei suoi problemi con la droga: il consiglio è quello di recuperarlo e leggerlo con attenzione.
Ora di anni ne sono passati cinque, e sembra quasi impossibile sia già passato tanto tempo, che così tanto cinema sia passato sugli schermi di tutto il mondo senza la presenza di quello che è stato uno dei più grandi attori della sua generazione, forse davvero il più grande di tutti. Un attore, Philip Seymour Hoffman, capace di trasmettere attraverso le sue interpretazioni uno spettro così ampio e una profondità così abissale di sentimenti che ne venivi rapito e turbato, qualunque fosse la parte, di qualsiasi genere fosse il film in cui la interpretava.
Incontrarlo di persona - accadde una sola volta, a Berlino, per il suo film su Truman Capote - fu un'esperienza indimenticabile, senza retorica, perché anche dal vivo, anche in quei pochissimi minuti, Hoffman trasmetteva in tutta la sua scostante timidezza, e forse anche il fastidio per il lato promozionale di un lavoro che ha sempre fatto da attore, e mai da divo, ma anche tutta la sua debordante e tumultuosa umanità.
Quell'umanità dolorosa e vitalissima che infondeva ai suoi personaggi.
Sono passati cinque anni da quando Philip Seymour Hoffman non c'è più, dal giorno di quella che è probabilmente la più grande perdita cinematografica della sua e nostra generazione. Cinque, allora, sono i film da lui interpretati che vi consigliamo di rivedere, partendo proprio da Capote. Cinque, non necessariamente i cinque più belli, ma quelli che sono forse i più opportuni da ricordare in questo anniversario triste, che ci fa sentire ancora di più la sua mancanza.
Truman Capote - A sangue freddo
Scrive Mimi O'Donnell nel suo articolo per Vogue: "Mentre stava lottando con la sua identità come attore, e sul fatto che potesse o meno portare sulle spalle un film intero, arrivò Capote. Phil superò la riluttanza che aveva nel ritratte un uomo che fisicamente non poteva essere meno somigliante a lui. Quel film, in cui si trasformò in maniera così stupefacente, cambiò tutto. Vinse tutti i premi più importanti, compreso l'Oscar [...]."
Non penso di poter, o voler, aggiungere di più.
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Onora il padre e la madre
Due anni dopo il film su Truman Capote, Philip Seymour Hoffman si ritrova al fianco di Ethan Hawke e Marisa Tomei in Onora il padre e la madre, che sarà l'ultimo, bellissimo film di un grande regista come Sidney Lumet. In questo serrato e ansiogeno thriller che parla dei demoni che si nascondono all'interno della famiglia, Hoffman interpreta - beffarda ironia della sorte - il ruolo di un uomo reso disperato, e spinto a compiere gesti estremi, anche dalla sua dipendenza dall'eroina. Per quanto bravi possano essere - e lo sono - gli altri membri del cast, il vero cuore del film è lui.
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Synecdoche, New York
Passa un altro anno, e Hoffman interpreta nuovamente il ruolo di un personaggio tormentato e problematico, un regista teatrale ipocondriaco ma anche realmente malato, in crisi matrimoniale, che viene lasciato dalla moglie che gli porta via anche la figlia piccola (e leggendo il racconto di Mimi O'Donnell sappiamo quanto questa prospettiva potesse essere traumatica per l'attore) e che getta tutte le sue problematiche nella messa in scena labirintica di un'opera-mondo in cui c'è tutto sé stesso e che diventa, letteralmente, la sua stessa realtà. L'unione tra il talento di Hoffman e quello di Charlie Kaufman (qui alla sua prima regia) è imperfetta, ma proprio per questo dolorosa e esplosiva, nella quale il dolore del corpo e dell'anima sono indistinguibili ma ugualmente strazianti.
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The Master
Difficile dire se quella di The Master - che è un film straordinario, maestoso, ma anche inafferabile e impenetrabile - sia la migliore delle interpretazioni di Philip Seymour Hoffman. Di certo solo lui avrebbe potuto ritrarre l'ego e la fragilità, la complessità e il vuoto di Lancaster Dodd nel modo ipnotico in cui è stato fatto. E forse il segreto del film di Paul Thomas Anderson, un genio che che tanto e tanto spesso si è appoggiato al genio di Hoffman, sta proprio nello spazio e nello scambio che esistono tra il volto rubizzo e lo sguardo esaltato e preoccupato di Lancaster, e il viso emaciato e gli occhi tormentati ed estasiati di Freddie, nel confronto tra Hoffman e Joaquin Phoenix.
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La spia - A Most Wanted Man
L'ultima interpretazione di Philip Seymour Hoffman, questa in cui è un agente segreto dell'anti-terrorismo tedesca nel film di Anton Corbijn tratto da un romanzo del re della letteratura di spionaggio John Le Carré. E anche qui, volendo, c'è tutta l'amara ironia del destino: perché l'ultimo personaggio di Hoffman è quello di uno sconfitto senza colpe, di un uomo che sa di essere destinato a perdere, e che ciò nonostante lavora incessantemente - e il suo è un lavoro sporco e faticoso - nel tentativo di fare ciò che è giusto e che è utile, pur sapendo, dentro di sé, che tutto quel lavoro è destinato a essere vanificato e spazzato via dall'arroganza del potere e di un sistema che non ragiona più con gli stessi criteri.
Il suo Bachmann è oscuro, spettinato, addolorato, ferito e sgualcito. Ma quando perde, nonostante tutto, s'incazza. Come noi ci siamo incazzati quando abbiamo perso lui, Philip Seymour Hoffman.
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