A Fare Critica, il festival dedicato alla critica teatrale e cinematografica, ideato e diretto da Gianlorenzo Franzì, che si è concluso sabato 23 febbraio, Close-Up ha avuto il piacere di incontrare e dialogare con Sabrina Impacciatore, poliedrica attrice cinematografica, teatrale e televisiva. È stata la prima donna a salire sul palco del concerto del Primo Maggio come presentatrice unica dell'evento. Ha lavorato per i più importanti registi alternando ruoli comici a quelli drammatici.
Nella sua carriera ha interpretato sia ruoli comici, che drammatici: a quale resta più affezionata? Quali trova più difficoltosi da preparare?
Sabrina Impacciatore: «Per me i ruoli sono come figli, quindi é difficile affermare quale ruolo abbia amato di più. Il processo é a monte: quando accetto di recitare in un film, lo faccio perché mi innamoro di un personaggio, o del regista, quindi i ruoli più difficili sono quelli che necessitano di essere costruiti...e io adoro immergermi in questo processo, soprattutto per i personaggi più lontani da me. Questo é ciò che ci hanno insegnato le vere, grandi attrici del nostro cinema...»
In questo periodo scombussolato dai deprecabili abusi sulle donne che lavorano nel mondo dello spettacolo, come giudica l'operato di movimenti di protesta, come #MeToo?
S.I.: «Sono convinta che sono fondamentali: ho vissuto per un brevissimo periodo a Los Angeles e lì é in atto un'autentica rivoluzione culturale. Lì le cose sono già cambiate, mentre in Italia non sta cambiando nulla, tutto é fermo. Viviamo in un Paese, purtroppo, in cui la culturale misogina é profondamente radicata, molto più che negli Stati Uniti. Questo seme che é stato piantato dovrà crescere e noi donne non dobbiamo assolutamente accontentarci.»
Cosa rappresenta per un attore il giudizio della critica?
S.I.: «La critica la seguo con affiatamento e curiosità, perchè amo così tanto il cinema, che mi piace e mi impegno ad avere un mio punto di vista su ciò che vedo. Ho sembra bisogno di confrontarmi. Ciò che della critica non approvo é che, a volte, non si accorge del lavoro degli attori, ed é un aspetto che, soprattutto in Italia, viene ignorato quasi totalmente. E questa é una mancanza che mi rattrista moltissimo. A volte mi viene l'impressione che i critici non sappiano nulla di recitazione e io, a volte, mi sento invisibile, per questo motivo.»
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