Lamezia Terme, 21 febbraio.
Continuano le poliedriche attività di Fare Critica, il festival interamente dedicato alla critica teatrale e cinematografica ideato e diretto da Gianlorenzo Franzì.
Ieri, ad introdurre il dibattito sulla critica (e la professione del critico) è stato Roberto De Gaetano, accademico e saggista nonché direttore della nota rivista scientifica Fata Morgana (e della sua neonata “branca” digitale, Fata Morgana Web). Rifacendosi al più grande critico di tutti i tempi, André Bazin, De Gaetano ha incentrato il suo discorso sul “tratto riflessivo”, insito nella critica. Tuttavia, «essendo oggi messa in crisi ogni operazione di mediazione, fare critica diventa sempre più difficile. Riguardo al cinema, sono cambiate poi anche le condizioni fruitive dell'opera: gli spettatori, soprattutto le giovani generazioni, tendono a non guardare film al cinema, essendo più atti a compiere un'esperienza non come rito, ma come visione parcellizzata», ha spiegato lo studioso, facendo riferimento alle nuove piattaforme digitali come Netflix.
Un dibattito che negli ultimi tempi ha assunto quindi una complessità ulteriore, inevitabilmente legata al contesto storico-sociale e all'impiego di dispositivi che hanno cambiato il metodo di fruizione. Ma naturalmente ad influire è anche il pubblico. «In Francia, infatti, la situazione è completamente diversa, soprattutto grazie alla pratica critica dei Cahiers du cinéma che hanno avuto il grande merito di formare il pubblico, portandolo ad apprezzare film che in Italia sono rimasti clandestini.»
Aldilà dello stato di crisi comprovato, però, De Gaetano ha ribadito a più riprese la centralità del ruolo del critico e della sua riflessione teorica sull'opera colta nella sua unicità, poiché obiettivo primario del discorso critico resta quello di riflettere su ciò che l'opera dice al fruitore, rivelando ogni volta verità sul mondo e sui modi di vita. Nonostante la tendenza ad intraprendere un discorso frammentato – dovuto soprattutto all'avvento dei social network – si può e si deve ancora trovare uno spazio per la critica riflessiva, quella che «non ha il compito di accarezzare un'opera, piuttosto deve distruggerla per capire davvero cosa ci voglia consegnare e perché il performativo è iscritto nell'opera stessa», ha concluso De Gaetano.
A fargli eco, Graziano Graziani, critico teatrale e autore del libro presentato ieri a Lamezia Catalogo delle religioni nuovissime – un testo che pone delle profonde riflessioni sul persistere del fenomeno religioso nell'epoca di oggi. «La frammentazione – ha esordito il critico – vale anche per il mondo teatrale ma, mentre il cinema mantiene una sua forte dimensione popolare, il teatro spesso si lega a una certa comunità che riflette su di sé, dunque qui la sfida mediatica viene persa.»
Un dibattito che ha portato anche ad una successiva riflessione «sull'allontanamento forzato del critico dal mondo del giornalismo», che lascia più spazio all'anticipazione della notizia rispetto alla riflessione sui contenuti dell'opera.
Secondo Graziani, invece «la critica deve sempre accompagnarsi a un teatro che faccia politica, intesa come discorso sulla vita della polis, e che sappia distinguersi dal mero spettacolo.»
Il problema della nostra società, non è tanto la tecnologia (e il web stesso), che non devono essere necessariamente uno strumento da guardare a distanza, quanto il fatto che «viviamo in un'epoca in cui non c'è alcuna spinta iconoclasta volta a distruggere qualcosa di precostituito.»
L'auspicio, quindi, è quello di riuscire ad intraprendere un discorso trasversale, in un dibattito ibrido che sappia aprire alla pluralità il campo della critica, senza rimanere ingabbiata all'interno di un solo settore.
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