mercoledì 2 settembre 2020

Venezia 77 - Conference

Giunto al quarto film in sei anni il moscovita Ivan I. Tverdovskiy (1988), fa il suo esordio, seppur in una sezione minore, in uno dei maggiori festival del mondo. Fin qui aveva partecipato (e anche vinto) a festival di minore importanza. Sia il primo film che il secondo erano anche stati anche distribuiti in Germania e in Francia, il primo in particolare, La classe di Lena del 2014, ha avuto anche un discreto successo.

Il film veneziano è il primo che ci capita di vedere di Tverdovskiy e, a giudicare da questo, siamo certamente in presenza di un regista dotato di uno stile originale e – almeno in questo caso – di un tema forte. Il titolo – Conferenza – è dovuto al fatto che la protagonista nel richiedere il noleggio di un teatro deve compilare anche la causale. La vera ragione non esiste fra le possibilità, e quindi è costretta a riparare sulla voce “conferenza”. La vera ragione è invece commemorazione. E il teatro non è uno qualunque, è il teatro Dubrovka dove nel 2002 quasi duecento persone vennero sequestrate per quattro giorni da attivisti ceceni che per il rilascio chiedevano che le truppe russe lasciassero la Cecenia. Alla fine, in seguito all'intervento delle truppe speciali (con sostanze chimiche velenose fatte circolare attraverso l'impianto di aerazione, all'operazione non sembra sia stato estraneo lo stesso Putin), ci furono più di 150 morti fra ostaggi e terroristi. La commemorazione viene organizzata nel 2019, diciassette anni dopo. Il motore di tutto è una suora, Natasha, una donna fra i cinquanta e i sessanta, lei stessa ostaggio, sopravvissuta all'attentato a differenza del figlio adolescente, la scelta di entrare in convento ne è sicuramente una conseguenza, un tentativo di elaborare il lutto. E si può dire che proprio qui risiede il problema di fondo: Natasha il lutto non riesce ad elaborarlo, è affetta da un disturbo post-traumatico, in particolare dalla classica sindrome del sopravvissuto che ben conosciamo in relazione alla Shoah.
Natasha è fuggita attraverso le toilette del teatro, mettendo a repentaglio la vita degli altri, stando alle condizioni dettate dai sequestratori che per ogni persona che fuggiva ne avrebbero uccise dieci. La commemorazione/conferenza, alla quale partecipano sì e no una quarantina di persone, molte meno di quanto da lei atteso e auspicato- con manichini gonfiabili bianchi, neri e blu a significare rispettivamente sopravvissuti, morti e assenti - diviene il fulcro drammatico del film, durando all'incirca la metà delle due ore del film e ha come scopo di mettere a tacere il proprio senso di colpa, di espiare, di superare la paura che da quel momento l'attanaglia.

Il resto del film, prima e dopo, viene impiegato a illustrare la costellazione anch'essa drammatica e traumatica e anch'essa in qualche misura legata agli eventi del 2002: il rapporto devastato con la figlia (pure lei a suo tempo presente al Dubrovka), le condizioni semi-vegetali del marito di cui si occupa la figlia. E poco altro.
Girata con un rigore a tratti agghiacciante, la scena della commemorazione è fatta di numerose confessioni da parte dei presenti che danno vita a un racconto collettivo. La macchina da presa ora si avvicina ai loro volti, ora, per lo più, mantiene una distanza assoluta, le sequenze in generale sono molto lunghe e la macchina da presa si muove pochissimo. Eppure, a fronte di questa lunga confessione in cui tempo della storia e tempo del racconto quasi coincidono, Natasha non riesce a essere paga, convinta com'è che ci sia ancora molto da dire, raccontare, ricordare; e questa sensazione nevrotica di inesauribile elaborazione finisce per capovolgersi in un atto violento e coercitivo: Natasha di fatto sequestra i presenti, inconsciamente dando vita a un "re-enactement" di quanto accaduto. Il film è notevole anche se certamente troppo lungo, benché la lunghezza, accoppiata allo stile, sia funzionale a restituire la claustrofobia dell'accaduto e l'ossessività del trauma.

(Konferentsiya); Regia: Ivan I. Tverdovskiy sceneggiatura: Ivan I. Tverdovskiy; fotografia: Fedor Glazachev; montaggio: Ivan I. Tverdovskiy; interpreti: Natalya Pavlenkova (Natasha), Natalya Potapova (Vera), Ksenyia Zueva (Galya); produzione: Vega Film, Ark Pictures; origine: Russia, Estonia, Italia, Regno Unito 2020; durata: 129'



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