domenica 6 settembre 2020

Spritz all'Aperol o al Campari? Vanessa Kirby bionda o rossa? Nel dubbio: Torò!

È arrivato il weekend.
È arrivata un po' di gente in più (forse anche troppa).
Sono arrivate le prime risate durante i film del Festival di Venezia 2020, e anche i primi titoli che sembrano ambire ai premi più importanti.
Ma andiamo per ordine.

Sul lungomare del Lido come sul red carpet, l'eleganza sembra latitare. Il che è anche comprensibile, se pensiamo che a Cate Blanchett e Tilda Swinton si sono sostitute Giulia De Lellis e Georgina Rodriguez (sbarcata al Lido con ancora il cartellino attaccato all'abito, forse da restituire allo sponsor).
Fortuna che sugli schermi delle sale si sono viste le scarpe di Salvatore Ferragamo raccontate da Luca Guadagnino, e gli abiti e le scenografie (e i titoli di testa) del Miss Marx di Susanna Nicchiarelli, che è anche il film che al momento gode della media più elevata sul pagellino delle stellette dei critici sul Daily di Ciak.

Per ora pare siano Pieces of a Woman di Kornél Mundruczó e The World to Come di Mona Fastvold, i rivali più accreditati di Miss Marx ai premi di Venezia 77: guarda caso altre due storie tutte al femminile, entrambe con protagonista l'inglese Vanessa Kirby, che ha suscitato numerosi apprezzamenti per il suo aspetto da parte degli accreditati maschili.
I quali, in segreto - per non far gridare al patriarcato, o agli assembramenti - si scambiano pareri e si dividono in fazioni: è meglio la Kirby bionda di Mundruczó o quella rossa fiammante di Fastvold?
Rossa, peraltro, è anche la Miss Marx della Nicchiarelli: una Romola Garai più brava (anche della Kirby) che bella che la regista ha voluto spesso con acconciature che ricordano le sue.

Altri dibattiti in corso, oltre a quelli che dividono chi bene lo spritz con l'Aperol e quelli che invece ci van più pesanti col Campari, vertono su quale sia il film più divertente visto finora al Lido: se il britannicissimo The Duke di Roger Michell (basato sulla storia vera di un signore di Newcastle che nel 1961 "prese in prestito" un ritratto del Duca di Wellingon dipinto da Goya appena acquisito dalla National Gallery o il folle Mandibules di Quentin Dupieux, aka Mr. Oizo, storia di due scemi e più scemi (ma francesi) che trovano nel bagagliaio di un'auto rubata una mosca gigante e decidono di addestrarla a portare loro ciò che desiderano.
Io ho riso in entrambi i film, ma una battuta recitata da un gigantesco Jim Broadbent nel film di Michell non si batte: quando, nel corso del processo che lo vede imputato per il furto del quadro, dice «Avevo letto "Cuore di tenebra" e mi era venuta voglia di esplorare Sunderland».

Nei bar che circondano l'area del Festival, però, non è difficile vedere gente che si saluta sbattendo i pugni dai quali sono sollevati indice e mignolo (come nel gesto universale delle corna) al grido di "Torò!", come insegnato loro dai demenziali protagonisti di Dupieux.
Ogni festival ha il suo tormentone, e "Toro!" è sicuramente quello di Venezia 77.



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