giovedì 10 settembre 2020

Non odiare: un film-comandamento con Alessandro Gassmann per superare il vuoto morale e civile dei nostri tempi

Non odiare.
Un titolo, quello del film di Mauro Mancini applaudito al Festival di Venezia, dove era programmato dalla Settimana della Critica, che sembra un comandamento. "L'undicesimo comandamento," l'ha infatti definito Alessandro Gassmann, protagonista con Sara Serraiocco e Luka Zunic. Un comandamento più importante che mai per i tempi che viviamo, in cui il conflitto social e sociale, le contrapposizioni nette, da tifoserie, su ogni argomento possibile e immaginabile, debordano spesso in astio, aggressività, violenza verbale e, purtroppo, non solo.

Il film di Mancini gira attorno alle conseguenze del massimo picco di odio e crudeltà della storia umana, quello rappresentato dal nazismo e dalla Shoa. Gassmann vi interpreta infatti un chirurgo ebreo unico testimone di un grave incidente stradale che, sconvolto dal vedere una svastica tatuata sul petto della vittima, non le presta soccorso ma la lascia morire prima dell'arrivo dell'ambulanza che ha lui stesso chiamato. Ma poi, dilaniato dal senso di colpa, decide di avvicinare la famiglia del defunto, assumendo la figlia come colf, e incrociando la sua strada con un figlio adolescente che è un rabbioso naziskin.
"Abbiamo preso spunto da un fatto di cronaca avvenuto a Paderborn, in Germania," spiega Mancini. "Un medico ebreo si rifiutò di operare un paziente a causa del vistoso tatuaggio nazista che aveva sulla spalla. Il medico, dopo essersi fatto sostituire da un collega, ha dichiarato: 'non posso conciliare l’intervento chirurgico con la mia coscienza'. La stessa coscienza che abbiamo immaginato impedisca al nostro protagonista di soccorrere lo sconosciuto dell’incidente."

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Non odiare, però, parte da questo assunto per raccontare la necessità di spezzare la catena dell'odio. Senza dimenticare mai il passato, ma aprendosi a un futuro nuovo, dove perdonare gli altri, e sé stessi, è il primo indispensabile passo per una ripartenza della società civile. Chiunque segua Alessandro Gassmann su Twitter, sa bene come l'attore - che peraltro viene lui stesso da una famiglia di origine ebraica: ebrea era la madre di suo padre Vittorio - sia molto impegnato sul fronte sociale e civile, e pronto a prendere posizioni importanti per cercare di migliorare il mondo in cui tutti noi viviamo, partendo dal locale romano fino a questioni nazionali e internazionali. Gassmann vede questo Non odiare come il film che segna l'inizio di una nuova fase della sua carriera: una fase che si distacchi dalla commedia che gli ha regalato fama e notorietà, e girare film che ha definito "più vicini alla mia sensibilità e alle mie idee." E, in questo caso, le idee sono proprio quelle che stanno alla base del film.

"In un certo immaginario distortamente razzista, spesso l’aspetto dell’ebreo è associato a quello di un uomo sgraziato, gracile e con il naso adunco," ha detto Mancini. "Proprio per andare contro quel cliché, ho pensato che Alessandro Gassmann con la sua fisicità imponente di uomo aitante e sportivo fosse perfetto per la parte. Queste caratteristiche fisiche e la sua grande capacità attoriale di cesellare i chiaroscuri dei personaggi unite a una padronanza del lavoro sui silenzi e sulla sottrazione costituivano per me le qualità essenziali per interpretare il protagonista Simone Segre."

Il messaggio di Non odiare, comunque, va oltre quello legato allo specifico del nazismo, per quanto importante. Secondo il regista i personaggi del suo film sono "né buoni né cattivi, ma semplicemente esseri umani. "Personaggi ordinari alle prese con situazioni straordinarie." Capaci, ovviamente, di raccontare in maniera rigorosa e mai retorica o banale la loro storia e i tempi che stiamo vivendo.



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