lunedì 7 settembre 2020

Eravamo io, Malcolm X, Cassius Clay, Sam Cooke e Jim Brown: a Venezia presentato One Night in Miami

Eravamo io, Malcolm X, Cassius Clay, Sam Cooke e Jim Brown.
Sembra una storia di quelle di Gianni Minà, e invece è un film di Regina King (l’io osservante di un incontro storico) che si intitola One Night in Miami, presentato Fuori Concorso al Festival di Venezia 2020.
Basato su una sceneggiatura di Kemp Powers, che adatta una sua omonima pièce teatrale, è il racconto immaginario di cosa essere successo la notte del  25 febbraio del 1964 quando, dopo la vittoria del titolo mondiale da parte di Clay, ottenuta battendo Sonny Liston, queste quattro icone della cultura afroamericana (ma non solo), che erano anche quattro amici, si ritrovarono in una stanza d’hotel per un incontro di cui, in realtà, si sa ben poco.
“Avevo letto un paragrafo su questo incontro in un libro di Mike Marqusee intitolato ‘Redemption Song’,” ha raccontato Powers, collegato via Zoom con la regista e con il cast. “Il libro raccontava l’incrocio tra sport e movimento per i diritti civili. Quei quattro personaggi erano i miei modelli, e mi sono appassionato alla storia con l’idea di farne un libro. Ai tempi ero un giornalista, poi la professione ha preso la piega che tutti conosciamo e sono diventato un commediografo e uno sceneggiatore, e quello che doveva essere un libro è diventato lo spettacolo teatrale prima, e questo film poi.”

Quello che Kemp Powers ha immaginato in One Night in Miami, partendo dalla conoscenza di quello che stava accadendo a Malcolm, Clay, Cooke e Brown in quel momento, e di ciò che avrebbero fatto o sarebbe accaduto loro successivamente, è che i quattro fossero stati riuniti dal primo - che stava per lasciare la Nation of Islam, e per essere ucciso - per discutere tra loro del modo in cui utilizzare la loro fama e la loro notorietà per sostenere il movimento dei diritti civili.
Praticamente tutto ambientato in una stanza d’hotel, il film mette quindi questi quattro personaggi a confronto, e attraverso una fitta rete di dialoghi immagina le loro diverse posizioni, i loro punti di contatto, ma anche i loro disaccordi e i loro scontri. “Alla fine tutto si riduce alle conversazioni che facevo con i miei compagni di stanza al college, dibattendo su come migliorare la condizione dei neri negli Stati Uniti: se facendolo cercando di abbattere il sistema, o lavorando dall’interno alla sua trasformazione.

“Credo che uno dei motivi che mi e ci ha spinto a fare questo film sia il fatto che questa storia per i neri americani è purtroppo molto attuale,” ha detto Regina King, al suo esordio in un lungo di finzione. “Quelle discussioni di quasi sessant’anni fa che sono ancora fatte oggi.” E, ovviamente, King ha sottolineato come One Night in Miami sia reso ancora più attuale e urgente da quello che è accaduto e sta accadendo negli Stati Uniti dopo l’uccisione di George Floyd e di altri neri americani per mano della polizia. “Quando abbiamo girato, non potevamo prevedere le morti, e le rivolte in atto, ma dopo è stato chiaro per tutti che il film doveva uscire adesso, in questo momento.”

King ha poi spiegato quanto sia stato importante per lei usare la voce di queste quattro icone per farle rappresentative di un pensiero complesso, in tutte le sue sfumature, “ma anche per raccontarli come semplici uomini, e rompere lo stereotipo di quello che è solitamente considerato il maschio nero. Umanizzare queste icone era un aspetto meraviglioso di questa storia, per me,” ha aggiunto, “ e sono andata alla ricerca di attori che fossero in grado di rispecchiare la loro forza ma anche una grande vulnerabilità. Era necessario raccontare non solo le icone, ma anche quattro amici, quattro uomini neri che, non importa quanto grandi fossero i loro successi, i loro guadagni, o quale fosse il loro background, erano e sarebbero stati sempre giudicati a partire dal colore della loro pelle.”

“Siamo sempre giudicati per quello che facciamo e non facciamo, rispetto alla questione dei diritti civili e della politica” ha aggiunto Powers. “Per questo i punti di vista dei vari personaggi, e gli estremi rappresentati da Malcolm X e Sam Cooke, sono tutti cogenti. Quello che raccontiamo è un conflitto che va avanti ancora oggi tra tutti gli artisti neri: il desiderare non essere considerati neri nel giudizio sul nostro lavoro, ma alla fine essere quello, con tutto quello che la cosa comporta. Non ci libereremo mai di questa cosa. Non tutti vogliono affrontarne il peso, le reponsabilità che comporta, ma quel peso ci sarà sempre. Alcuni se lo caricano sulle loro spalle, altri no. Ci sono le voci pubbliche, che ricoprono un ruolo evidente a tutti. E ci sono quelli che lavorano nell’ombra, facendo però spesso un lavoro altrettanto importante.”

“Uno dei motivi del fascino che ho sentito è che in questo film si fanno discussioni che io faccio quotidianamente coi miei amici,” ha detto Aldis Hodge, che nel film interpreta Jim Brown, grandissimo campione della NFL poi diventato attore, forse il meno noto in Italia del quartetto di protagonisti. “Un film come questo può aiutare il cambiamento, aiutare la nostra gente a capire come affrontare questi temi. E aiutare le persone a capire come parlare con noi, a comprendere il nostro dolore. Le cose non capitano per caso,” ha concluso, “E penso ci sia un motivo se questo film è arrivato ora.”



from ComingSoon.it - Le notizie sui film e le star https://ift.tt/333biKo

via Cinema Studi - Lo studio del cinema è sul web

Nessun commento:

Posta un commento