Cate Blanchett, premio Oscar come miglior attrice protagonista per Blue Jasmine di Woody Allen, non era finora mai intervenuta sulle accuse mediatiche al regista. Il caso è noto, ma lo riepiloghiamo: 25 anni fa Allen fu accusato da Mia Farrow di aver abusato sessualmente della figlia adottiva Dylan quando aveva sette anni. Dopo indagini e perizie psicologiche, fu convenuto che la violenza non c'era mai stata (suggerendo due possibilità: che Dylan fosse stata plagiata o che la storia fosse nata da un'atmosfera malata che si respirava in famiglia). Sulla scia del movimento #MeToo e una nuova intervista video a Dylan, è di recente partito un ostracismo quasi totale verso Allen da parte di chi ha lavorato con lui (tra le voci fuori dal coro in sua difesa Alec Baldwin e Diane Keaton).
Discutendo dell'argomento nel talk show Amanpour con la giornalista titolare, Cate è stata spinta a rompere il silenzio comprensibilmente imbarazzato, dato che deve ad Allen un ruolo memorabile e un premio di rilievo. L'attrice comincia negando di essere stata a conoscenza delle accuse durante la lavorazione del film (cosa difficile da credere, illo tempore se ne discusse molto sui giornali, quando internet non esisteva). Il prosieguo comunque è tra i più equilibrati su quest'argomento.
"Se queste accuse necessitano di essere riesaminate e, a quanto ne so, sono già passate da un tribunale, io ho piena fiducia nel sistema giuridico e nel definire precedenti legali. Se il caso ha bisogno di essere riaperto, sono totalmente a favore. I social media sono fantastici nell'accendere i riflettori sulle problematiche, ma non sono giudice e giuria. Ritengo che queste cose debbano andare in tribunale: se questi abusi ci sono stati, la persona viene processata, così chi non si trova nel luminoso ambiente in cui mi trovo io può usare quel precedente legale per proteggersi. Come sempre, nel mio ambiente o in altri, si diventa preda perché si è vulnerabili."
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