Prove aperte di recitazione antinaturalistica, reperimento di oggetti e indumenti che caratterizzano il personaggio, esercizio fisico ossessivo. Queste le pratiche affrontate quotidianamente, con spirito punitivo, tra il sadico e il masochista, dalle “Alpi”, gruppo di quattro persone composto da un paramedico, un'infermiera, una ginnasta e il suo allenatore che, attribuitisi i nomi delle vette della celebre catena montuosa, montagne sì ma uniche al mondo, si sostituiscono per denaro ai cari estinti al fine di aiutare amici e parenti a lenire il dolore durante i primi momenti dell'elaborazione del lutto.
Come già nelle precedenti opere, fino al film che lo ha consacrato a Cannes, The Lobster, che sviluppa e struttura in una forma più matura i tratti fondamentali della poetica dell'autore già presenti in nuce in questo Alps, l'attenzione di Lanthimos è diretta a mettere sotto osservazione e gradualmente scarnificare, per riproporli in chiave surrealista, meccanismi del vivere sociale, al fine di evidenziarne automaticità, fragilità, ipocrisia, ma anche di rivelarne la componente di, forse, salvifica imprevedibilità che scaturisce dall'elemento umano che li anima.
Cime tempestose. È un gioco di pedissequa imitazione della realtà, un esercizio di tecnica - dal greco tekne, arte, per Aristotele una delle strade che conducono al vero - quello praticato da questi individui che oscillano tra la dimensione adulta e quella infantile agendo, sia nel contesto lavorativo che in quello del “secondo lavoro”, in una sorta di temperie umorale al confine tra abnegazione fantozziana e dipendenza del tossico.
La rappresentazione della realtà che scaturisce da questo Alps - migliore sceneggiatura a Venezia 2011, ora in sala in attesa del prossimo lavoro del regista ateniese che vedremo in primavera a Cannes - è incredibilmente vivida e verosimile e, anche se sappiamo benissimo che le azioni che compiono i personaggi sono frutto dell'immaginazione del regista, l'odore estraniante è quello delle nostre società contemporanee, frustrate nei sogni e nei mezzi dalla crisi economica come dal desiderio di essere ciò che non si è, che si confonde e coincide con un ancestrale bisogno di essere amati.
La messa in scena tragicomica dai tratti grotteschi, che vive di passaggi fortemente drammatici, stemperati dall'ironia e autoironia, talora raggelante, dei personaggi, risulta in Alps ancora poco fluida e in qualche modo bloccata in un suo loop interno. Ma la formula geometrica di Lanthimos, di fondo vigorosa e compatta, allarga il respiro in The Lobster, caricandosi ulteriormente di riferimenti alla mitologia greca, dalla caccia alla cecità, dal sacrificio alla indefinitezza dell'amore, incastonati in un meccanismo narrativo che trova la sua strada in un equilibrio tra reale e surreale che conturba, affascina.
Il single imbolsito e spento che sfugge al destino di trasformarsi in bestia imposto da una società repressiva, spaventata dall'individualità fuori dalla coppia in The Lobster, così come Monte Rosa, l'infermiera depressa, interprete della giovane tennista morta, che non si accontenta più solo di recitare un ruolo, sono elementi eccentrici, schegge impazzite che squarciano il velo di Maya, riaffermando autonomia d'azione e volontà di sopravvivenza dell'essere umano.
Una notazione collaterale: The Lobster ha diversi punti in comune con The Youth di Sorrentino, dall'ambientazione in una sorta di farm sperduta nei boschi a una messa in scena diversamente imponente e voluttuosa, alla presenza non casuale di un'attrice come Rachel Weisz. Proprio nella sua interpretazione, il riflesso della differenza sostanziale tra le due opere: straordinariamente ispirata e precisa nel film del regista greco, intristita nella caricatura di una diva nostrana nel film del regista italiano.
(Alpeis); Regia: Yorgos Lanthimos; sceneggiatura: Yorgos Lanthimos e Efthymis Filippou; fotografia: Christos Voudouris; montaggio: Yorgos Mavropsaridis; interpreti: Angeliki Papoulia, Ariane Labed, Aris Servetalis, Johnny Vekris; produzione: Phoenix International Film; origine: Grecia, 2011; durata: 93'
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