"Sotto le strade che percorriamo ci sono dei demoni. E i tuoi, Sherlock, stanno aspettando da molto tempo."
Mycroft Holmes
Ci sono serie tv così amate che, per una serie incalcolabile di elementi da tenere in considerazione, spesso legati a problemi di produzione, richiedono tempi di lavorazione maggiori rispetto alla media. Serie tv che, fagocitate da un sempre maggiore accanimento da parte dei fan restii ad accompagnare la nuova stagione col dubbio che si riveli anche l'ultima, sembrano immuni da quel decadimento testuale che finirebbe col rovinare gran parte del lavoro svolto. E, proprio per questo e mille altri motivi, rischiano di deludere quegli stessi fan sul più bello. Sherlock è una di queste. Purtroppo.
Dopo ben due anni di progetti e produzione, la quarta stagione della serie ideata da Steven Moffat e Mark Gatiss, che ha riportato in vita l'investigatore più intelligente e arguto del mondo, creato dalla fine penna di Sir Arthur Conan Doyle e magistralmente interpretato da Benedict Cumberbatch, che ha saputo riscrivere il personaggio in una nuova dimensione artistica, ha regalato ai telespettatori in trepidante attesa altri tre episodi: The six Thatchers (Le sei Thatcher), The lying detective (Il detective morente) e The final problem (Il problema finale). Tre episodi che sembrano scrivere una conclusione definitiva alla saga del detective del 221B di Baker Street e del suo collega, il dottor John Watson, interpretato come di consueto da un'eccelso Martin Freeman, in grado di infondere la giusta dose di umanità, fragilità e fierezza al personaggio, senza mai rischiare di sbatterlo in secondo piano, anzi finendo spesso col prendersi parte della scena tutta per sè.
La curiosità di riallacciare i rapporti con Sherlock Holmes, alle prese con il poco plausibile ritorno della nemesi di una vita, Jim Moriarty (un Andrew Scott sempre sopra le righe, isterico e infantile, ma freddo e calcolatore), lasciava aperte numerose porte che conducessero a un confronto non tanto con la presenza sempre ingombrante del cattivo Moriarty, piuttosto con le conseguenze dell'omicidio perpetrato da Sherlock ai danni di Charles Augustus Magnussen (Lars Mikkelsen), editore svedese con un dono intellettivo in concreto addirittura superiore a quello dell'investigatore: Sherlock aveva compreso che l'unico modo per vincere la sfida lanciatagli da Magnussen era ucciderlo. Un accadimento di non poco rilievo, se analizzato in prospettiva: in che modo reagirà Sherlock Holmes a una disfatta di tale portata, essendone uscito per la prima volta in vita sua completamente annientato? Pronti, via con la quarta stagione, dunque, in attesa di risposte. Risposte che, purtroppo e con deludente sorpresa non sono arrivate. Moffat e Gatiss hanno pensato di trascendere l'accaduto, semplicemente proseguendo oltre, sfruttando nel primo episodio un tragico accadimento come grimaldello per scardinare l'ultimo vaso di Pandora dal quale sarebbe fuoriuscita tutta la verità sulla causa delle investigazioni dello Sherlock che tutti hanno conosciuto: un deus-ex machina tanto ingombrante, quanto scollegato con gli eventi narrati nelle precedenti tre stagioni che ha evidenziato molteplici difetti sia di scrittura, che di messa in scena.
La rivelazione di una nuova entità avversaria che giustificasse il comportamento criminale di Jim Moriarty, non solo ha indebolito e scarnificato un personaggio tanto imprevedibile, quanto essenziale per l'esistenza di Sherlock Holmes in vece di campione della giustizia, ma ha compromesso irrimediabilmente il percorso evolutivo di Mycroft Holmes (il fratello di Sherlock, figura di spicco del governo britannico, interpretato dallo stesso Mark Gatiss), pur sempre enigmatico, ma mai costretto a nascondere in maniera inopportuna una verità così grande, senza alcun apparente motivo funzionale allo svolgimento della storyline principale; la cornice narrativa costruita dagli sceneggiatori non ha motivo di esistere se non in funzione di questi tre episodi, e per questo motivo non attecchisce con quanto proposto in tre stagioni, nelle quali si era lavorato con accuratezza per costruire una dimensione consona con i pregi e i difetti dei personaggi al suo interno, mentre in questa quarta stagione si assiste a un repentino cambio di prospettiva ingiustificato e non necessario, evidente reazione a uno stato di preoccupazione e scarsa lucidità, unito al bisogno impellente e quasi liberatorio di affibiare alla serie una fine che fosse in grado di chiudere con decisione ogni spiraglio narrativo.
Con ogni probabilità, il tentativo con effetto a sorpresa (sarebbe più consono dire straniante) operato da Moffat e Gatiss riesce anche parzialmente nel suo intento, ma per quanto si cerchi di trovare una giustificazione soddisfacente all'involuzione-fine della trama verticale, i difetti acquisiscono maggior spessore in considerazione di una messa in scena evidentemente frettolosa e gestita in maniera non omogena: non solo la gravità degli eventi narrati si sgonfia al termine del terzo episodio, riportando il tutto verso una normalità scomoda ed eccessivamente scontata per la potenza narrativa alla quale la serie ci aveva abituati, ma come se non bastasse (e qui si concretizza il peccato imperdonabile commesso da Moffat e Gatiss), Sherlock Holmes assume sempre più una dimensione caricaturale, quasi grottesca, destinato e ostinato a ripercorrere il suo passato, i suoi errori e a confrontarsi con un altro personaggio (dopo Magnussen) in possesso di doti intellettive maggiori delle sue; le deduzioni, l'applicazione ai casi diventa nevrotica, fuori controllo e con esse l'alternarsi degli eventi, indirizzati verso un climax finale esplosivo, nutrito con espedienti più e più volte proposti, che non aggiunge nulla di nuovo (anzi toglie) a quanto ammirato in tre appaganti stagioni. Così Moffat e Gatiss hanno ceduto alla spettacolarità fine a se stessa, rinunciando all'introspezione e al perfezionamento individuale dei protagonisti.
Un immenso peccato. Che il culto di Sherlock sia giunto alla fine?
(Sherlock); genere: giallo, thriller; sceneggiatura: Steven Moffat, Mark Gatiss; stagioni: 4 (in forse); episodi quarta stagione: 3; interpreti: Benedict Cumberbatch, Martin Freeman, Una Stubbs, Rupert Graves, Mark Gatiss, Louise Brealey, Andrew Scott, Amanda Abbington; produzione: BBC Wales; network: BBC One (U.S.A., 1-15 gennaio 2017), Netflix (Italia, 2-16 gennaio 2017); origine: U.S.A., 2016; durata: 90' per episodio; episodio cult quarta stagione: 4x03 – The final problem (4x03 - Il problema finale)
from Close-Up.it - storie della visione http://ift.tt/2jOUYYb
Nessun commento:
Posta un commento