Durante l'undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma (terminata pochi giorni fa), è stato proiettato fuori concorso, ma con l'aspettativa di un piccolo evento da non perdere, il cortometraggio Coco, diretto da Veronica Succi.
Trattandosi di uno spin-off del più ambizioso progetto Parvus, il corto è stato apprezzato come un lavoro accurato e lucido sia nella scrittura, che nella messa in scena. E grandi meriti vanno attribuiti alla regista Veronica Succi e a Federico Rosati, nella duplice veste di attore e produttore. I quali sono stati interpellati per rispondere ad alcuni quesiti.
In che modo nasce l'idea per Coco, questo personaggio così fuori dagli schemi?
Veronica Succi: L'idea di inserire nella storia di Parvus una coprotagonista transessuale, proviene dal racconto del pedofilo che ho incontrato a venticinque anni. Affermava che l'unica persona da cui si sentiva ascoltato e accolto, era una trans. La storia di Coco, rappresentata nel cortometraggio, è tratta da una storia vera. Rappresenta una situazione emblematica del problema dell'abuso e delle ferite che lascia sulla pelle di qualsiasi individuo, ma anche la capacità dell'uomo di divenire persona e di riscattare la propria vita da un vissuto devastante attraverso l'arte. Il nome Coco e il suo temperamento sono ispirati ad una parrucchiera messicana, molto esuberante e stravagante, che ho conosciuto ad Inglewood (Los Angeles).
L''elemento artistico' nel film va interpretato come uno strumento di denuncia e di lotta contro aberrazioni sociali come la pedofilia?
V.S.: Ritengo che nell'elemento artistico risieda la giusta chiave per denunciare in modo efficace gravi problematiche sociali. Quando ho iniziato a pensare di scrivere Parvus, la mia paura più grande era quella di rappresentare la realtà, così com'era. Mi riempivo di tensione al solo pensiero. Poi ho capito che potevo raccontare una storia del genere soltanto attraverso un approccio artistico, per non cadere nello scioccante o nella semplice comunicazione della notizia. Oltre alla necessità di comunicare la presenza di organizzazioni internazionali pro pedofilia, avevo la percezione che la semplice notizia giornalistica non potesse approfondire le sfumature emotive che accompagnano questo problema, sia dalla parte della vittima, che del carnefice. Per far capire a fondo la problematica al pubblico avevo bisogno di emozionare, ed è a questo punto che l'elemento artistico ha assunto un ruolo fondamentale, poiché mi ha permesso di raccontare questa realtà, rendendola colorata, bizzarra, accessibile e ricca di contenuto.
Rivedremo il personaggio di Coco in Parvus?
V.S.: In Parvus, il personaggio di Coco rappresenterà l'ironia, l'umanità e la forza della vita che vince su tutto. Sarà uno dei pilastri della storia, mostrerà l'aspetto umano di ciascuno di noi e la nostra capacità di amare gli altri, oltre il limite della ragione.
Il tuo personaggio sembra uscito fuori da un “poliziottesco” anni Sessanta: hai preso spunto da qualche altro personaggio?
Francesco Rosati: In realtà, il mio personaggio non ha nulla a che vedere con un poliziottesco né con gli anni Sessanta, e non mi sono ispirato ad alcun personaggio in particolare. Qui volevo semplicemente incarnare il male assoluto, apparire biblicamente repellente. Come il serpente tentatore, il diavolo in carne ed ossa. Da qui, la lingua del mio personaggio che vortica tra le labbra ogni qual volta sta per attaccare o si trova dinanzi alla sua preda (in questo caso, il piccolo Flavio).
La “carne” dei bimbi, infatti, lo rende voluttuoso ed affamato. Mostruoso, appunto. Ma nella sua accezione latina, vale a dire “grandioso”. In grado di apparire anche “fascinoso”, quindi, come se la sua repellenza potesse anche attrarre. Personalmente, amo costruire questi personaggi che, agli occhi del pubblico, possono sembrare terribili, ma comunque sempre in grado di esercitare un certo magnetismo, nel bene o nel male (alla Gian Maria Volonté, per intenderci, senza per questo azzardare alcun paragone). E, per farlo, è necessario che io smetta di essere Federico, mutando di continuo, ingrassando e dimagrendo, per esempio, a seconda di ciò che sento. Nel caso di Coco, la regista Veronica Succi mi ha chiesto di ingrassare di cinque chili e mettere e un po' di pancetta. Alle sue indicazioni ho dato al mio personaggio delle movenze particolari, concedendo una certa scompostezza e lentezza nel modo di camminare, quasi come se si trascinasse verso l'inferno dove le sue vittime lo attendono.
Come hai vissuto il doppio ruolo di attore/produttore?
F.R.: Ecco, per rispondere a questa domanda ho bisogno di raccontare una fiaba (come a me piace definirla) che ho vissuto giorno dopo giorno e che si è conclusa con un lieto fine. Circa due anni fa, infatti, la mia cara amica Isabella Arnaud Reitano (la distributrice del mio primo film da protagonista Shooting Silvio) mi ha presentato una sua intima amica, Veronica Succi appunto. È stato subito amore a prima vista con questa ragazza semplice, quasi tenera e buffa allo stesso tempo e con un mondo dentro da raccontare. Non abbiamo parlato di cinema o arte in generale, come di solito accade, anche perché lei nel muoversi, nel parlare e nel guardare sembrava fosse una regista nata. Faceva arte anche sollevando un bicchiere di vino. Sono rimasto folgorato. Dopo pochi giorni mi dice che è una sceneggiatrice e che vuole che io sia l'antagonista del suo primo film dal titolo Parvus. In quel periodo, io stavo girando la serie L'onore e il rispetto (per di più con un ruolo di primo piano, interpretata interamente in siciliano) quindi, la mia attenzione per altri progetti era piuttosto bassa. Così, ho tenuto la sceneggiatura da una parte, leggendo solo le prime righe che già mi avevano colpito. Poi la Succi mi ha richiamato per dirmi che serviva la mia lettera d'intenti per presentare il film al Ministero e poi sparisce. Ci rivediamo qualche altra volta e lei è sempre piena di energia. Passano due anni e lei mi richiama dicendomi: “Sto venendo da te con uno spin-off di Parvus dal titolo Coco. Senza di te non lo girerò mai. Ho bisogno della tua recitazione e del tuo aiuto per mettere tutto in piedi. Con te ci sarà anche Antonia San Juan, Agrado di Tutto sua mia madre di Pedro Almodovar. So solo questo”.
Personalmente, mi era già capitato di aiutare nell'organizzazione di un film, come in Shooting Silvio in cui ho dato un supporto nella produzione. Ma questa volta la chiamata alle armi era davvero impegnativa. Credevo in questa ragazza dal sorriso largo e, così, ho preso in mano la situazione e dal nulla, assieme alla Efesto Film (una piccola casa di produzione siciliana) ho prodotto il cortometraggio. Mi sono servito di vere e proprie eccellenze del panorama cinematografico italiano e, pubblicamente, li ringrazio tutti, a partire dal cast: da Claudio Botosso, un caro amico, alla mia “scoperta” Eva Bastiero, una cantante che ha prestato il volto a Lola. In particolare, Gerardo Casiello, l'autore delle straordinarie musiche del film che scandiscono il decorso narrativo del film, esaltando il contrasto fra il bene e il male. Amo molto i cantautori italiani, ma l'incontro con Casiello è stato fondamentale (avevo letto del suo progetto Alcuni piccoli film, con altre eccellenze del mondo del fumetto e non solo, come Zerocalcare, Riccardo Mannelli e Laura Scarpa e ne rimasi folgorato. Dopo aver ascoltato il suo disco, sono stato chiamato sul palco ad aprire un suo bellissimo concerto di presentazione al Teatro India e, dopo quell'occasione, ho deciso di chiedergli di comporre le musiche per il film. E, ancora, il montatore Gianluca Stuard che monta battendo i piedi e seguendo una musica interiore che poi riesce a trasparire nel montato definitivo. Un piccolo miracolo. Per tutto questo, mi appresto a co-produrre anche Parvus, esordio al lungometraggio di Veronica Succi, che sarà una co-produzione internazionale. Per finire e rispondere alla domanda originaria, il doppio ruolo di attore è produttore l'ho vissuto con forti contrasti, bene e male direi, a causa delle numerose responsabilità, ma ne sono felice.
Quanto lavoro di produzione c'è dietro eventi cinematografici così rilevanti socialmente?
F.R.: Il lavoro che c'è dietro ad un evento così importante, tanto socialmente quanto culturalmente, è enorme. Nelle persone che scegli non deve esserci solo il talento, ma anche e soprattutto l'uomo. Per questo, nella squadra che ho scelto per Coco ci sono dietro delle persone splendide, la cui sensibilità non poteva non trasparire nel loro lavoro. Dai costumi di Ginevra Polverelli e Chiara Ravizza al trucco di Pierangela Blasi al parrucco di Giammarco e Massimo Allinoro; passando alla post produzione affidata a Thomas Giorgi che ha curato il sound design ed il missaggio, fino all'ufficio stampa Mimmo Morabito e Francesca Polici, infaticabili e di una gran dolce professionalità. Tutti, nessuno escluso, hanno fatto il lavoro in maniera eccellente.
E ora, restiamo in attesa che Parvus veda la luce. E se il buongiorno si vede dal mattino...
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