Chi ha apprezzato Il grande silenzio di Philip Gröning farà fatica a riconoscere lo stesso regista in questo film dal titolo lungo e stravagante che in italiano suona come Mio fratello si chiama Robert ed è un idiota e dal contenuto altrettanto lungo (quasi tre ore) e stravagante. Nelle prime due ore non succede praticamente nulla: siamo nella campagna tedesca, in un posto imprecisato – un classico “non luogo” – dove due ragazzi se ne stanno in un campo di grano accanto a una stazione di servizio, non lontano da un'autostrada. Sono Robert (Josef Mattes) e Elena (Julia Zange), due gemelli, e stanno studiando per l'esame di maturità: Elena porta filosofia e il fratello l'aiuta. Si capisce subito dal gioco di sguardi e dal contatto che s'instaura tra loro che sono due personalità complesse e fatalmente attratte una dall'altra. Si cercano, si toccano, si scambiano tenerezze; poi all'improvviso si allontanano, si insultano, si picchiano. Vivono un'esistenza simbiotica in un mondo tutto loro, regolato da rituali e giochi che solo loro conoscono. Bevono birra e discutono di filosofia: dell'essere e del tempo, di Platone e Agostino, di Brentano e Heidegger. Elena è gelosa di una sua amica che ha una storia col fratello. Chiede a Robert se ci è andato a letto e lo provoca con una scommessa: prima della maturità è decisa a perdere la verginità facendo sesso con qualcuno a caso. Sanno che quella è l'ultima estate che passeranno insieme in quel modo.
La cinepresa di Gröning segue i gesti dei due ragazzi, ne coglie gli sguardi senza dare nessuna notizia allo spettatore. Non solo non si sa nulla del luogo, ma neppure dei due protagonisti e dei proprietari del distributore di benzina. Ciò che conta sono i dettagli: la formica sul braccio, una moneta per terra, un grillo imprigionato in una scatola di sigarette. Forse lo scopo è di focalizzare lo scarto tra paesaggio e natura umana.
Nella seconda parte, senza che accada nulla che giustifichi il cambiamento, la situazione precipita. La dimensione dell'idillio bucolico lascia posto alla violenza inaudita. Quello che era un tenero affetto tra i fratelli si commuta in incesto vero e proprio. La tranquilla stazione di servizio diventa il palcoscenico di assalti sessuali, finte rapine, sparatorie e omicidi con ampio spargimento di sangue. Il soggettivo senso del tempo dei due gemelli anima il ritmo del racconto come una visione onirica nella quale le barriere spazio-temporali sono abbattute. Conclusa l'orgia di sangue e violenza, Elena fa in tempo a recarsi a scuola e sostenere brillantemente il suo esame di filosofia. Lo spettatore rimane disturbato e impotente, sommerso dalla troppe visioni che hanno scandito un percorso di crescita certamente traumatico.
Philip Gröning è un regista di grande spessore, sceneggiatore e produttore dei propri film. Dopo il successo clamoroso ottenuto con Il grande silenzio (2005) ha girato La moglie del poliziotto (2013), premio della giuria alla Mostra del cinema di Venezia. Mio fratello si chiama Robert ed è un idiota è un film altamente pretenzioso e a tratti irritante. Sostanzialmente non riuscito. Le lunghe disquisizioni esistenziali sul tempo, in realtà frasette banali desunte da qualsiasi manuale di filosofia, ammiccano allo stile di Terrence Malick, ma nel contesto producono un effetto stucchevole. Lo scopo di Gröning era quello di girare un film sul concetto filosofico di tempo, sull'intersecarsi delle dimensioni della temporalità e sull'impossibilità dell'uomo di controllare il tempo. Ma il risultato è del tutto insoddisfacente. Del resto trasportare le teorie di Heidegger sul grande schermo, calarle nella torbida estate di Elena e Robert, è un'impresa che va al di là delle possibilità di chiunque.
(Mein Bruder heißt Robert und ist ein Idiot); Regia: Philip Gröning; sceneggiatura: Philip Gröning; fotografia: Philip Gröning; montaggio: Philip Gröning, Hannes Bruun; musica: Marc Parisotto; costumi: Pia Marais, Carla Kiefer, Petra Kray; interpreti: Josef Mattes, Julia Zange, Urs Jucker, Stefan Konarske, Zita Aretz, Karolina Porcari, Daniel Zillmann, Alicia Seyding, Moritz Leu, Patrizio Wiedermann, Tom Gramez, David Zimmerschied, Vitus Zeplicha; produzione: Philip Gröning Filmproduktion (Düsseldorf, BRD), Bavaria Film (Geiselgasteig, BRD); distribuzione: The Match Factory (Colonia, BRD); origine: Germania, Francia, Svizzera 2018; durata: 147'.
from Close-Up.it - storie della visione http://ift.tt/2sNAMwr
Nessun commento:
Posta un commento