Chi è il serial killer che semina il panico tra i registi cinematografici di Teheran uccidendoli uno a uno mozzandogli la testa dopo aver inciso loro sulla fronte la parola “maiale”? Nessuno lo sa e nessuno può impedire la catena di assassini. A cadere in paranoia è soprattutto Hasan Majumi (interpretato da Hasan Kasmai), regista in crisi per causa del divieto governativo di dirigere film e costretto a girare spot pubblicitari insulsi come quello per un insetticida, tutto costruito su un singolare balletto di scarafaggi. Non solo Hasan ha paura di essere lui la prossima vittima dell'assassino, ma ci sono molte altre cose che non funzionano più nella sua vita. Per esempio la sua attrice prediletta Shiva (Leila Hatami), che grazie ai suoi film è diventata una star, ora è tentata di lavorare con altri registi. Con la moglie Goli (Leili Rashidi) c'è crisi da un pezzo e la figlia Alma vorrebbe staccarsi dalla famiglia e andare a vivere per conto proprio. Deve anche fare i conti con la madre anziana (Mina Jafarzadeh) che va perdendo la memoria, ma che alla fine risulterà essere di gran lunga la più lucida di tutti. Soprattutto c'è una domanda che il narciso Hasan si pone: perché l'assassino ammazza tanti suoi colleghi registi e non lui, che pure si considera il più bravo del paese? Tra crisi di nervi, scenate isteriche e vari fraintendimenti lo sviluppo della vicenda porta a far sì che la polizia sospetti proprio di Hasan e lo metta in prigione facendo crollare al minimo la sua popolarità. Il vanitoso regista escogita a quel punto un piano diabolico per riabilitare almeno sui social il suo nome e il finale resta sospeso tra il visionario e l'enigmatico.
Mani Haghighi è un importante attore iraniano (tra l'altro è il protagonista di About Elly di Aghar Farhadi) e un celebrato regista. Ed è una vecchia conoscenza della Berlinale: negli anni passati è stato presente con suoi film due volte nella sezione “Forum” e nel 2016 in concorso con Ejhdeha Vared Mishavad! (Arriva un drago!). Quello che ha presentato nella corrente edizione, di nuovo nella sezione del “concorso”, è una commedia che mescola realtà e fantasia, quotidianità e bizzarria, e che punta tutto sull'ossessione dei cellulari e sul ruolo dirompente dei social nella vita quotidiana. Qualche sequenza è ben azzeccata, come per esempio quella iniziale dove si vede una gruppo di ragazzine all'uscita di scuola camminare con il volto coperto dal chador d'ordinanza lungo un trafficato viale di Teheran e fermarsi continuamente per scattare dei selfie. E qualche volta le situazioni sono divertenti, come quella del funerale di Mani Haghighi (il regista s'immagina di essere anche lui tra i registi uccisi dal killer). Ma nell'insieme si tratta di un umorismo stravagante e straniante che non convince affatto. Il cinema iraniano ci ha abituato a pellicole di bel altro spessore ed impegno. Qui si potrebbe immaginare che sottotraccia il sanguigno regista iraniano voglia alludere alla situazione in cui versa il cinema nel suo paese, dove a molti registi (a partire da Jafar Panahi) è effettivamente vietato girare. Ma è lo stesso Mani Haghighi ad escludere questa prospettiva. «Non c'è nessun riferimento alla realtà e alle blacklist dei registi nel mio paese» ha dichiarato l'autore di Pig nella conferenza stampa seguita alla prima proiezione precisando che «si tratta solo una commedia, la parodia di una situazione».
L'aspetto più interessante di Pig è l'immagine che ci trasmette della Teheran contemporanea e della diffusione che si riscontra anche lì dei social, nonostante la censura esercitata dal governo (Facebook e Twitter sono ufficialmente bloccati, ma comunemente usati). E anche se il regista ha escluso una dimensione politica del suo film, è chiaro che dietro l'ironia visionaria e bizzarra si affrontano anche temi caldi e seri come quello della censura, dell'arbitrio delle autorità sui cittadini, del risentimento sociale che si esprime attraverso i social.
(Khokk); Regia: Mani Haghighi; sceneggiatura: Mani Haghighi; fotografia: Mahmoud Kalari; montaggio: Meysam Molaei; musica: Peyman Yazdanian; costumi: Negar Nemati; interpreti: Hasan Majuni, Leila Hatami, Leili Rashidi, Parinaz Izadyar, Mina Jafarzadeh, Aynaz Azarhoosh, Ali Bagheri, Siamak Ansari, Ali Mosaffa; produzione: Dark Precursor Productions (Teheran); distribuzione: Films Boutique (Berlino); origine: Iran 2018; durata: 108'.
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