sabato 25 aprile 2020

Il Gigante: l'ultimo film e gli ultimi giorni di vita di James Dean


Nel 1956 usciva al cinema Il gigante di George Stevans, ma una delle sue star, James Dean, era morto l'anno prima ed era nata la leggenda.

Se vi piacciono i film epici, che raccontano storie famigliari nel corso del tempo, con grandi sentimenti, tragedie, rivalità, razzismo e ambizione, sicuramente avrete visto - o dovreste - il kolossal di George Stevens Il Gigante, tratto dall'omonimo romanzo di Edna Ferber. Uscito nel 1956, dei 10 Oscar a cui era nominato, tra cui tre per gli attori (Rock Hudson, James Dean e Mercedes McCambridge), vinse solo quello per il miglior regista. Parte del successo del film si deve al trio protagonista, che oltre a Dean e Hudson comprendeva Elizabeth Taylor, con Sal Mineo e Dennis Hopper - al loro secondo film dopo Gioventù bruciata, proprio con James Dean - Mercedes McCambridge e Carroll Baker. Ma se Il Gigante con la sua storia che prefigurava quelle delle grandi dinastie del petrolio e la saga famigliare di Dallas, oggi può apparire appesantito dagli anni e non del tutto omogeneo, a mantenerne l'alone di leggenda sono le storie di quella torrida estate sul set di Marfa, in Texas, con le intemperanze di James Dean, morto a soli 24 anni una settimana dopo la fine delle riprese principali e passato alla leggenda con tre sole interpretazioni, in La valle dell'Eden, Gioventù bruciata e, appunto, Il gigante.

James Dean sul set de Il gigante

James Dean inizia le riprese subito dopo la faticosa lavorazione di Gioventù bruciata. Alla conferenza stampa di inizio riprese si presenta scocciato, in ritardo e trasandato, e a un giornalista che gli chiede se può gentilmente gli occhiali risponde attaccando sopra a quelli da vista delle lenti da sole. L'attore è teso e stanco, non si è ancora tolto di dosso il secondo dei suoi tormentati personaggi, Jim Stark, quello che forse più gli assomiglia, nel film di Nicholas Ray. Sul set, non va d'accordo con Rock Hudson per impostazione attoriale e caratteriale (i due, entrambi omosessuali non dichiarati, si contendono addirittura l'amicizia di Liz Taylor), ma soprattutto con George Stevens. Il regista di Un posto al sole e Il cavaliere della valle solitaria è celebre per i chilometri di pellicola che gira, e fa ripetere le scene un numero infinito di volte. Dean, che è cresciuto nel mito di Marlon Brando e dell'Actor's Studio, non capisce il metodo di Stevens, perde concentrazione e si irrita. Stevens riconoscerà solo dopo la sua morte la validità di alcuni suoi suggerimenti. Ma sul set difficilmente li ascolta e per rappresaglia Dean non si presenta alle convocazioni, arriva in ritardo, scorrazza sulla sua nuova Porche Spyder nel deserto a sparare ai conigli, orina davanti a tutta la troupe e manda via a bocca asciutta un reporter arrivato da Los Angeles per intervistarlo. È il suo modo di cercare aiuto e attenzione, che troverà soprattutto da parte delle colleghe. Anche Mercedes McCambridge lo accompagna nelle sue scorribande, e cerca di convincerlo a non correre troppo.

La fine delle riprese de Il gigante e la morte di James Dean

Come racconta Donald Spoto, autore del fondamentale “Rebel” dedicato a James Dean, le riprese principali si concludono nel settembre 1955. Il 23 settembre, per suggellare la pace, l'attore invita a cena George Stevens. Finalmente è libero, può rilassarsi e dedicarsi alla sua passione per le auto. Sul set ha girato controvoglia (in pratica, glielo hanno imposto) uno spot sulla guida sicura, che sembrerà presto una triste premonizione. Una settimana dopo, il 30 settembre, Dean si schianta infatti con l'amata Porsche, un'auto leggerissima praticamente rasoterra, contro una assai più robusta berlina guidata da uno studente, che si trova improvvisamente davanti: l'altra auto resta, col suo guidatore, incolume, mentre la Porsche va in mille pezzi, il passeggero di Dean, Rolf Wuterich, sbalzato fuori, riporta innumerevoli fratture ma si salverà e la giovane star, incastrata dietro il volante, spira mentre lo sollevano per metterlo nell'ambulanza. La notizia della tragedia arriva sul set del Gigante, dove gli attori girano gli ultimi dettagli nei teatri di posa della Warner Bros. Elizabeth Taylor si sente male (non è un bel periodo per lei, che ha problemi di salute e col marito Michael Wilding)  e viene ricoverata e dispensata per qualche giorno dalle riprese. Tutti sono increduli, a cominciare dai fan. Quando il film verrà presentato alla stampa l'anno successivo, ci sarà ancora chi è convinto che si tratti di uno stunt pubblicitario e che Jimmy farà la sua apparizione. Alla Warner continuano ad arrivare lettere indirizzate a lui. È l'inizio di un mito e di un culto che trasforma in icona il piccolo ragazzo dagli occhi cerulei e dal corpo nervoso. Gli si adatta alla perfezione agli occhi dei fan la frase di Menandro “muor giovane chi è caro agli dei”. Anche il cinema gli renderà omaggio: nel film di Robert Altman Jimmy Dean, Jimmy Dean un suo fan club femminile si riunisce per il ventesimo anniversario della sua morte e in Fandango di Kevin Reynolds, film di debutto di Kevin Costner, gli amici on the road si fermano a pernottare proprio sotto i resti del set de Il gigante, a Marfa. Nel 2001 in James Dean - la storia vera di Mark Rydell è il bravissimo James Franco ad impersonarlo.

Una critica dell'epoca

Quando Il Gigante arriva al cinema, il 24 novembre 1956 (in ottobre a New York), è passato pochissimo tempo dalla scomparsa di Dean. Il film viene accolto benissimo dalla critica e dal pubblico. In sala molti giovani piangono quando Dean compare in scena in quello che sanno essere il suo ultimo ruolo. Questo è un estratto di una recensione pubblicata all'epoca da The Hollywood Reporter, la parte dedicata alla sua performance: “Per quanto riguarda James Dean, non c'è dubbio che la sua morte abbia aggiunto intensità emotiva ad ogni sua apparizione. Ma non c'è niente di macabro al riguardo perché lui è troppo vitale; è facile capire perché la sua scomparsa sia così difficile da accettare da così tanta gente. Stevens lo aveva diretto in modo bellissimo, sfruttando benissimo l'insolita capacità di Dean di recitare con l'intero corpo, oltre che con la voce o il volto. Una scena in particolare, quando Dean cammina sulla prima terra che abbia mai posseduto, è indimenticabile. Ripresa dal basso, con soltanto la silhouette espressiva di Dean che si staglia contro il cielo, ha ritmo e bellezza e dice più di quanto potrebbero fare mille parole”. Sia per Il Gigante che per Gioventù bruciata nel 1957 James Dean viene candidato all'Oscar, postumo, ma non vince. Resterà però per sempre nei cuori di tutti gli spettatori che hanno avuto poco tempo per conoscerlo, ma lo hanno amato subito.



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