Se volessimo basarci solo sull'accoglienza della critica e sui premi ricevuti agli Emmy Awards 2017 (ben otto vinti, tra cui quello come miglior serie drammatica) e altri due Golden Globes nel 2018 (sempre miglior serie drammatica, a cui segue il secondo riconoscimento a Elisabeth Moss, già vincitrice dell'Emmy), potremmo affermare senza alcun dubbio che The handmaid's tale sia la miglior serie televisiva da distribuita da due anni a questa parte; gusti a parte (la concorrenza c'é, eccome), la serie distopica ideata da Bruce Miller e ispirata al romanzo del 1985, I racconti dell'ancella, di Margaret Atwood si é rivelato un prodotto dall'indubbia qualità e profondità narrativa e dalla raffinata e sepolcrale messa in scena, ma resta d'obbligo riflettere sull'enorme impatto mediatico prodotto sugli spettatori per le tematiche propinate. Dall'involuzione e l'ermetismo sociale della fascista comunità di Galaad, al deturpamento dello stato sociale della donna, sfruttando l'aberrante e nociva interpretazione dei valori sacri espressi nella Bibbia, la prima stagione di The handmaid's tale é riuscita nell'intento di sprigionare un grigio e pessimistico magnetismo, catturando fin da subito l'interesse di un gran numero di fan con la promessa di una salvifica rivoluzione.
Con questa seconda stagione era d'obbligo continuare a tessere il complesso arazzo della vendetta delle donne (le Ancelle e le Marta), autentiche protagoniste-vittime di un sistema sociale amorale e schifosamente anti-etico, ridotte per un'invasata interpretazione del volere divino a incubatrici e addomesticate serve da compagnia. Così ricomincia l'odissea di June/Offred (una sensazionale e giustamente celebrata Elisabeth Moss), in fuga dalla mortfiera Galaad e dalle grinfie del comandante Fred Waterford (Joseph Fiennes) e da sua moglie Serena (Yvonne Stahovski); una fuga interrotta all'ultimo momento, con June ricondotta all'ovile e destinata a dare alla luce la piccola Holly, figlia sua e della guardia del corpo Nick (Max Minghella), accolta come la nuova componente della famiglia Waterford, figlia acquisita per diritto da Fred e Serena. Ma il fuoco della rivoluzione é solo una fiamma in attesa di divampare...
Mantenendo le cupe e asettiche tonalità di grigio, questa seconda stagione di The handmaid's tale si uniforma alla perfezione con la precedente, dilatando, se possibile, ancor di più i tempi del racconto, con l'obiettivo di produrre e alimentare nello spettatore uno shock ancor più difficile da metabolizzare, a causa del fallimento di fuga di June; con ciò la serie si mantiene in equilibrio, tra il voler imporre un sentimento di inquietudine e assicurarsi un (a volte troppo) lento sviluppo della trama orizzontale, concentrandosi sull'evoluzione, spesso ambigua, di alcuni protagonisti: su tutti spiccano la matriarca Serena, probabilmente la vera protagonista della seconda stagione, lacerata dai primi dubbi sulla reale sacralità dell'amata Galaad e la giovanissima Eden (Sydney Sweeney), rappresentazione vivente del fallimento dell'impostura religiosa e morale della comunità, vittima sacrificale di un sistema destinato a cadere perché malignamente utopistico, spietato e amorale.
Sempre dalle donne riparte The handmaid's tale, perché sono loro gli ingranaggi motrici di una comunità apparentemente placida, ma marcia fin nelle fondamenta, perché da loro dovrà ricominciare la desiderata rivoluzione, anche da coloro che sembrano aver trovato un posto nella spettrale Galaad. In questo scenario muto e apocalittico, la donna sveste i panni di madre (June e Serena si separano dalla piccola Holly/Nichole) perché a Galaad non c'é spazio per la famiglia, non esiste serenità, non esistono le condizioni per diventare madre; Galaad é il mostro a cui mozzare la testa, e The handmaid's tale il manifesto di una liberazione sociale, non stucchevolmente femminista, ma moralmente necessario per riflettere sulla parità dei ruoli nella società moderna.
In questa seconda stagione si sono poste le basi della rivoluzione, costruite sul filo del rasoio e su arguti cliffhanger davvero ben costruiti (su tutti l'esecuzione di Eden e del suo amante), sporcate da un finale lievemente frettoloso nella sua costruzione, che difetta in tensione drammatica, ma che resta pur sempre efficace. Ciò che ci si aspetta dall'attesissima terza stagione é, con ogni probabilità, un cambio di marcia deciso nel ritmo, considerati gli assordanti scricchiolii tra le mura domestiche dell'orrida prigione Galaad.
(The handmaid's tale); genere: drammatico, distopico; sceneggiatura: Bruce Miller, Margaret Atwood (romanzo); stagioni: 2 (rinnovata); episodi seconda stagione: 13; interpreti: Elisabeth Moss, Joseph Fiennes, Yvonne Strahovski, Alexis Bledel, Samira Wiley, Max Minghella, Ann Dowd, Amanda Brugel, Bradley Whitford, O. T. Fagbenle, Sydney Sweeney; network: Hulu (U.S.A., 25 aprile-11 luglio 2018), TIMvision (Italia, 26 aprile-12 luglio 2018); origine: U.S.A., 2018; durata: 60' per episodio; episodio cult seconda stagione: 2x04 - Other women (2x04 - Altre donne
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